Coronavirus: c'è il primo farmaco testato clinicamente
Tempo di lettura: 3 minutiSi chiama Favipiravir il primo farmaco effettivo contro il coronavirus. Non che non ve ne siano altri, ché tanti sono stati sperimentati con alterna efficacia. Ma il Favipiravir è il primo farmaco che ha superato tutti i test clinici, con risultati positivi e senza alcuna controindicazione, dato che in Giappone si usa dal 2014 per altro.
A produrlo su scala industriale sarà la Cina, dove ha avuto luogo la sperimentazione e che lo ha inserito nel protocolli ufficiali. A dare la notizia è il China Daily, che dettaglia come la ricerca si è sviluppata all’ospedale di Shenzen, che ha monitorato 80 pazienti.
Di questo gruppo, 35 hanno ricevuto il farmaco. Le “condizioni polmonari del 91,43% del gruppo trattato con tale farmaco sono migliorate come mostrato nell’imaging toracico, rispetto al 62,22 percento del gruppo di controllo”, ha spiegato Zhang Xinmin, capo del Centro nazionale cinese per lo sviluppo delle biotecnologie.
Altri studi sono stati effettuati in un ‘ospedale di Zhongnan dell’Università di Wuhan: “i risultati hanno mostrato che il gruppo trattato aveva un tasso di recupero più elevato a fine del trattamento e impiegava meno tempo per ridurre la febbre e alleviare la tosse”.
La battaglia è ancora lunga, e sarà combattuta su più fronti. Tre sostanzialmente le direttrici di ricerca che si stanno sviluppando in tutto il mondo, tutte importanti.
Anzitutto rendere più facili e veloci i test diagnostici: il che aiuterebbe non poco sia a contenere l’epidemia sia a trattare più velocemente i pazienti e, peraltro, libererebbe personale medico, risorsa primaria in questa crisi.
La seconda direttrice riguarda appunto la ricerca di farmaci più efficaci per contrastare la malattia: da qui l’importanza della ricerca cinese che si affianca a tante altre sperimentazioni, sul campo e non.
Infine, e più importante, la ricerca di un vaccino, l’unica arma di distruzione di massa in grado di chiudere questa orribile parentesi. Una corsa contro il tempo che sta avanzando su più fronti.
I cinesi stanno sviluppando nove diversi vaccini, che dovrebbero entrare nella fase clinica ad aprile, ma il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto di accelerare al massimo i tempi (South China Morning Post).
Si è poi saputo dell’esistenza di un vaccino in realizzazione presso una ditta tedesca grazie alla proposta indecente di Trump, che avrebbe offerto un miliardo di dollari per l’esclusiva mondiale, con offerta respinta al mittente.
Evidentemente c’è qualcosa di reale se si è mosso il presidente degli Stati Uniti, che può avvalersi di un servizio di intelligence alquanto efficace, sicuramente allertato su una questione tanto cruciale.
Dopo il nein di Berlino, gli Usa si sono messi a lavorare in proprio, e ieri, evidentemente saltando qualche passaggio formale, hanno iniziato la sperimentazione sull’uomo, a Seattle.
Altri si stanno muovendo in tal senso, non ultima l’Italia. I tempi son lunghi, un anno dicono gli esperti, ma potrebbero essere abbreviati dal fatto che si tratta di una corsa anomala: per il vaccino anti-coronavirus saranno impiegate risorse economiche, scientifiche e umane come mai successo prima per analoghe ricerche.
I tempi potrebbero essere abbreviati se vi fosse una effettiva collaborazione internazionale, auspicabile dato che il nemico è comune. Ma l’offerta indecente di Trump, o chi per lui, ci ha mostrato che i tedeschi stavano già lavorando nel segreto e che l’America voleva utilizzare quegli studi in maniera alquanto egoistica.
Peraltro tale vicenda non può non far nascere un retro-pensiero cattivello, che cioè a qualcuno sia venuto in mente di usare il vaccino come arma di influenza geopolitica, offrendolo a quanti l’accoglieranno con la giusta deferenza per l’offerente. A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina, diceva Giulio Andreotti, che l’America la conosceva bene.
Già, perché quanto sta avvenendo lascia intuire che chi per primo arriverà al vaccino, con i Paesi al collasso, tale la prospettiva attuale, avrà in mano una vera e propria arma di distruzione di massa, spendibile sul piano geopolitico in vari modi. Si spera che tale follia sia evitata al mondo.