Fine anno: piovono aerei. Catena fatale di incidenti
Il 25 dicembre è precipitato l’Embraer 190 dell’Azerbaijan Airlines, partito da Baku e mai arrivato a destinazione, che era Grozny. Giunto quasi alla meta, infatti, ha dovuto deviare perché sulla capitale della Cecenia imperversava una battaglia aerea tra droni ucraini e contraerea russa, complicata dalla nebbia. L’aereo è poi precipitato in Kazakistan, provocando la morte di 38 persone.
La propaganda ha subito incolpato la Russia, come se avesse di proposito buttato giù l’aereo, nonostante l’incidente fatale sia avvenuto mentre Grozny era sotto attacco ucraino, come riportato anche su RBC Ukraine.
L’aereo azero
Putin ha chiamato il suo omologo azero e ha chiarito le circostanze dell’incidente, in attesa di ulteriori chiarimenti. Resta la grancassa contro Mosca, come se quanto avvenuto fosse voluto o nascondesse circostanze oscure, come evidenzia un articolo sul Washington Post del cantore neocon Max Boot dal titolo “La Russia ha una lunga storia di abbattimenti di aerei passeggeri e di occultamento di tali fatti” (Boot dimentica il volo Iran Air 655, abbattuto nel 1988 da un missile della U.S. Navy, l’incrociatore Vincennes, 290 i morti, e l’attentato che abbatté nel 1976 il CU-455 della Cubana aviacion, 73 morti, ad opera di due terroristi affiliati alla Cia, oltre e qualcos’altro, ma tant’è).
Tale grancassa discende da una spinta volta a creare criticità nei rapporti tra Azerbaijan e Russia, che negli ultimi tempi si sono fatti stretti. Un avvicinamento descritto nel dettaglio da un dossier dell’Istituto analisi relazioni internazionali (IARI) dal titolo: “Azerbaigian e Russia: una riconfigurazione strategica geopolitica?”
Tra le altre cose, nel documento si annota come, nonostante i fortissimi legami tra Ankara e Baku, gli azeri abbiano rifiutato la proposta di installare una base militare turca nel loro Paese per evitare di far innervosire Mosca, che poteva percepire tale mossa come indebita ingerenza nella regione caucasica (la Turchia, benché in buoni rapporti con Mosca, è pur sempre un Paese Nato).
Peraltro, l’incidente dell’aereo di Baku è avvenuto il giorno dopo la telefonata tra Vladimir Putin e Ilham Aliyev nella quale lo zar aveva fatto gli auguri di compleanno al presidente azero, nato appunto il 24 dicembre.
Nella telefonata i due leader avevano “espresso soddisfazione per l’alto livello raggiunto dal partenariato strategico e dall’alleanza russo-azerbaigiana e hanno concordato di continuare i contatti personali”, come si legge su un media dell’Azerbaigian (Abc.az). Alquanto sfortunato Putin, che proprio dopo una telefonata tanto distensiva abbia dovuto incassare una tragedia che potrebbe mettere in crisi tale rapporto (difficile…).
L’aereo sudcoreano
A pochi giorni dalla disgrazia azera, ieri un altro aereo è caduto dal cielo, stavolta sudcoreano. Come annota il New York Times si tratta del “più grave incidente aereo degli ultimi decenni” avvenuto nel Paese: solo due i superstiti delle 181 persone a bordo.
Un’altra tegola si abbatte sulla povera nazione asiatica, che sta attraversando il momento più critico della sua giovane democrazia, iniziata dopo la fine delle dittature dei burattini imposti da Washington. E come se non bastasse, intanto che scriviamo questo articolo, arriva la notizia di un altro incidente. Stessa compagnia coreana, stesso aereo, questa volta, fortunatamente, senza vittime o feriti.
Va ricordato che agli inizi di dicembre il presidente Yoon Suk Yeol aveva tentato un golpe, fallito per l’opposizione del partito democratico che lo ha poi deposto tramite impeachment (per inciso, anche Yoon aveva il suo cuore in America, come spiegava un dolente articolo del New York Times dal titolo “L’impeachment in Corea del Sud è costato a Washington un fedele alleato”).
La storia, però, non è affatto finita e le forze che hanno sventato il golpe stanno lottando per evitare che l‘estromissione di Yoon sia solo temporanea, dal momento che la decisione del Parlamento deve essere confermata dalla Corte Suprema.
E qui le cose si complicano perché la Corte deve validare l’impeachement con i due terzi dei voti dei suoi componenti, che dovrebbero essere nove, ma son rimasti in sei, essendo venuti meno tre magistrati. Così basta un solo voto contrario a rendere nullo il voto del Parlamento e a permettere a Yoon di tornare in sella.
Il partito democratico, che ha la maggioranza in Parlamento ed è stato il motore dell’impeachment, deve aver sentito puzza di bruciato e ha chiesto al presidente del Consiglio Han Duck-soo, dello stesso partito di Yoon, di avviare la procedura per completare i ranghi della Corte, ma questi si è rifiutato.
Per questo, tre giorni fa, anche Han è stato messo sotto accusa dal Parlamento ed è stato estromesso. Grande tensione, quindi, nel Paese, dove la tragedia aerea è deflagrata a bomba.
Gli arei di Canada e Norvegia
Tempi sfortunati, dunque, per i cieli, se si considerano, peraltro, anche gli altri incidenti aerei avvenuti in questi ultimi giorni, come quello in Canada, sempre ieri, con un aereo che si è incendiato nel corso di un atterraggio di emergenza sulla pista di Halifax. Nessuna vittima per fortuna.
Anche in questo caso la tragedia è caduta in un momento di grande tensione politica, con il giovane rampollo liberal Justin Trudeau, icona mediatica del Word Economic Forum, anche lui impegnato a lottare strenuamente per restare attaccato alla poltrona nonostante le spinte interne per cacciarlo e le ironiche frecciatine di Trump che lo hanno ridicolizzato.
Non c’è crisi in Norvegia, ma anche lì un aereo ha avuto problemi in questi giorni: il 28 dicembre, un velivolo della KLM è uscito fuori pista all’aeroporto di Torp Sandefjord, anch’esso a causa di un atterraggio di emergenza. Per fortuna, anche in questo caso senza conseguenze.
Sul Paese nordico deve aleggiare una qualche maledizione aerea dal momento che alcuni giorni fa, il 19 dicembre, un Boeing 737-800 della compagnia Norwegian è uscito fuori pista in fase di partenza presso l’aeroporto di Molde, nel Nord del Paese, riuscendo a fermarsi poco prima di precipitare in mare. Tutti salvi, ma la reiterazione non promette nulla di buono.