Francia: la vittoria del Front National e la politica
Tempo di lettura: 2 minutiL’affermazione del Front National alle elezioni regionali francesi ha causato scompiglio in Europa. Per Cesare Martinetti, in un’analisi pubblicata sulla Stampa del 7 dicembre, non si è trattato dell’affermazione di un voto di protesta. Spiega: «I voti al Front National arrivano in gran parte dalle classi popolari, molti dei nuovi elettori frontisti hanno votato comunista per anni. È il voto dei delusi, dei dimenticati, è il voto di un paese profondo al quale la politica non sa più parlare. È un voto populista, postideologico e in questo senso introduce stabilmente nel paesaggio politico un soggetto “nuovo” ma non per questo anti-politico
».
E ancora: «È un voto contro le élites politiche che giocano una piccola battaglia di apparati. È un voto contro la tecnocrazia gelida di Bruxelles da dove arrivano soltanto diktat cifrati che la gente traduce in perdita secca nella propria quotidianità […] È naturalmente un voto di paura dopo gli attentati. Ma sarebbe un errore pensare che i francesi hanno votato Front dopo Charlie Hebdo e le stragi di venerdì 13 novembre
», dal momento che il suo consenso è in ascesa da anni.
A contribuire all’affermazione del Front, secondo Martinetti, l’inseguimento delle tematiche frontiste da parte di Nicolas Sarkozy, che ha dato vita «a quella “lepenizzazione” degli spiriti che ieri ha sancito la vittoria di Marine Le Pen» (Sono cambiate le regole del gioco: il voto a Marine Le Pen non è di protesta
).
Nota a margine. Tra le tante analisi del voto transalpino apparse sul tema quella di Martinetti ci pare la più intelligente, in contrapposizione alle analisi semplicistiche della narrativa corrente che vedono in questa vittoria l’affermazione dell’anti-politica e, specificatamente, dell’antipolitica fascista. Una lettura che serve solo a riproporre vecchi schemi di un’unione anti-fascista (fatta da socialisti e neogollisti, che poi tanto anti-fascisti non sono) contro il pericolo comune. Uno schema che mira alla perpetuazione dell’esistente, del duopolio interscambiabile destra-sinistra, utile alle élite dominanti, nonostante il Paese cerchi altrove risposte a esigenze che non sono neanche più prese in considerazione dai partiti tradizionali.
Non si tratta di schierarsi con il Front o meno, non è a tema, quanto di comprendere cosa è successo. Capire le ragioni dei fenomeni sociali e politici, dare risposte adeguate è il compito della politica. Il problema vero della politica europea, salvo alcune eccezioni, è che da tempo non si applica a questo fondamentale esercizio. Piuttosto va alla ricerca dello slogan giusto per guadagnare facile consenso, questa sì deriva populista, ma soprattutto di adeguarsi al meglio ai desiderata delle élite dominanti. Ed è questo il vero nodo che la politica dovrebbe sciogliere per ritrovare un rapporto reale con i cittadini del Vecchio continente.