Il G-7 di Hiroshima, la Cina e il summit dei Paesi dell'Asia centrale
Tempo di lettura: 3 minutiI media occidentali sono focalizzati su Hiroshima, sede del vertice dei cosiddetti G-7 (la G sta per grandi e tra questi non ci sono né la Cina né la Russia…). In sordina, invece, il contemporaneo, ma non meno importante, summit dei Paesi dell’Asia centrale che si svolge a Xian, in Cina.
G-7 di Hiroshima: La Nuova Via della Seta e l’Asia centrale
Presenti a questo vertice i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, Paesi nati dal collasso dell’Unione sovietica, contesi dall’influenza russa e dalle manovre occidentali tese a distaccarli da Mosca, spinte alle quali si è aggiunta quella di Pechino, che ora vuole portare a compimento quanto seminato negli ultimi anni.
La scelta della sede del summit è altamente simbolica, infatti, come fa osservare la CGTN, “oltre 2.100 anni fa, Zhang Qian, un inviato della dinastia Han, intraprese un viaggio in Occidente partendo da Chang’an, l’antico nome di questa città cinese, aprendo le porte all’amicizia e agli scambi tra la Cina e l’Asia centrale”.
L’interesse di Pechino è duplice. Anzitutto geopolitico, perché la Cina è interessata a stabilizzare l’Asia centrale, onde evitare pericolose destabilizzazioni ai suoi confini e ai confini della Russia, il suo più importante partner strategico globale.
Ma è anche una questione di soldi, tanti soldi perché, come spiega Axios, si tratta di “una delle regioni con la più rapida crescita economica al mondo”.
Il sito americano rimanda a un documento, del quale citiamo l’inizio: “Un nuovo rapporto dell’Eurasian Development Bank (EDB) si concentra sui cambiamenti strutturali nelle economie dell’Asia centrale. Negli ultimi 20 anni, il PIL dei paesi dell’Asia centrale è cresciuto di oltre sette volte e a un tasso medio del 6,2%, che è più veloce di quello registrato nei paesi in via di sviluppo e più del doppio del mondo nel suo insieme. Il ruolo strategico dell’Asia centrale nella più ampia Eurasia aumenterà”.
Questa la risposta al summit di Hiroshima, che invece ripete stancamente i suoi riti, ai quali ha aggiunto stavolta l’elettrizzante – per gli appassionati – presenza di Zelensky, sempre pronto a propinare all’universo mondo i suoi sermoni (e che doveva mettere una toppa alla recente figuraccia rimediata in eurovisione, essendogli stato negato di apparire al festival canoro di Liverpool).
La trappola di Tucidide
C’è chi ha voluto vedere nel summit di Xian un dispetto alla Russia, alla quale la Cina starebbe contendendo lo spazio ex sovietico. Tale analisi appartiene a un tema caro agli analisti neocon e liberal, che tentano in tutti i modi di evidenziare asserite fratture tra i due antagonisti dell’Occidente.
Ma non è così: senza la Forza della Russia, e le sue reti nello spazio ex sovietico, i cinesi non potrebbero riuscire nell’impresa. I soldi sono parte della geopolitica, ma serve anche la Forza, come evidenzia la politica estera americana, che al dollaro associa intelligence e cannoniere (e negli ultimi anni più i secondi che il primo).
La disfida dei summit fotografa un momento dell’attuale confronto tra potenze, descritto come un ritorno al duello tra Sparta e Atene, cioè tra una potenza emergente e una in declino, confronto destinato a un ineluttabile conflitto.
Ancora dubbio il conflitto, è invece evidente che il G-7 è la vetrina di un pezzo di mondo in declino, mentre il summit di Xian appare dinamico e di prospettiva.
Quanti, potenti, si adagiano sulla cosiddetta trappola di Tucidide, cioè sulla condanna allo scontro, e vi si cullano nell’impossibile sogno di vincere la contesa (atomica) che gli conserverebbe l’attuale potere, impediscono che un rapporto meno conflittuale tra i due mondi possa rivitalizzare l’Occidente e offrire all’Oriente uno sviluppo più variegato e fecondo, a beneficio di tutti. Tant’è.