11 Ottobre 2023

Gaza: evitare la terza guerra mondiale

I soliti neocon gettano benzina sul fuoco, obiettivo Iran. Netanyahu e il governo di unità nazionale. I rischi per tutto il medio oriente
Gaza: per Lindsey Graham e Liz Cheney è, al massimo, un detonatore
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Nella nebbia di guerra gettare benzina sul fuoco è esercizio facile e al quale si adoperano i soliti ambiti internazionali che da tempo stanno tentando di inabissare il mondo nel baratro di una guerra globale. Lo hanno fatto, da ultimo, nella guerra ucraina, tentando in tutti i modi di trascinare gli Stati Uniti in uno scontro diretto con la Russia ed esercitando pressioni indebite per alimentare l’escalation. Lo stanno facendo per il  rinnovato accendersi del conflitto israelo-palestinese.

Colpire l’Iran

Così Liz Cheney commentando su X l’attacco dei miliziani di Hamas in territorio israeliano: “Hamas deve essere distrutto, insieme ai suoi padroni terroristi a Teheran”. Degna figlia del guerrafondaio Dick, vicepresidente USA e getta che ha gestito l’inizio delle guerre infinite nel post 11 settembre.

Da parte sua, intervenendo in una trasmissione di Fox News il senatore Lindsey Graham ha affermato che “gli Stati Uniti dovrebbero avvertire l’Iran che per ogni ostaggio giustiziato da Hamas sarà bombardata una raffineria di petrolio iraniana”

“L’unico modo per evitare che questa guerra si inasprisca – ha aggiunto – è ritenere l’Iran responsabile. Quanta altra morte e distruzione dobbiamo accettare dal regime iraniano? Sono sicuro che tutto ciò sia stato pianificato e finanziato dagli iraniani” (il senatore è famoso per le sue parole sulla guerra ucraina:  “I russi stanno morendo… è il migliore investimento che abbiamo mai fatto”, The News Herald).

“L’Iran ha contribuito a pianificare un attacco contro Israele per diverse settimane”, era il titolo di un articolo del Wall Street Journal che si basava su fonti anonime. Questo il sottotitolo: “Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha dato il via libera definitivo lunedì scorso a Beirut” (si ricordi che il Wall Street Journal sosteneva che un missile russo diretto in Ucraina aveva colpito la Polonia, cosa poi smentita ad ogni livello).

Così la Reuters del 10 ottobre: “Teheran non è coinvolta nell’attacco del fine settimana del gruppo militante Hamas contro Israele, ha detto martedì la più alta autorità iraniana ayatollah Ali Khamenei”.

Ciò non toglie che l’esultanza dell’ayatollah per l’operazione di Hamas sia deprecabile, dati i tanti civili uccisi. Ma un conto è un sostegno politico altro è il coinvolgimento.

Si ricordi, infatti, come gli Stati Uniti abbiano difeso a spada tratta l’enclave dei terroristi di al Nusra, cioè al Qaeda, di Idlib in Siria quando Damasco provò ad espugnarla (Reuters). Il sostegno politico di Washington a tali assassini non fece degli Stati Uniti una nuova Germania nazista da incenerire (su Idlib vedi anche Foreign Policy del febbraio 2022: “La Siria controllata dai ribelli è la nuova capitale del terrorismo globale”).

Dopo Gaza la spinta per una guerra su larga scala

La spinta ad allargare la guerra verso l’Iran è forte e il fatto che a tenere le redini di Israele sia Netanyahu aumenta i rischi, data la sua ossessione per attaccare Teheran (Haaretz).

E se oggi tale pressione è solo latente è solo perché c’è prima da calibrare e avviare la campagna di terra contro Gaza, ormai inevitabile, dati i tanti imprevisti. Ma potrebbe rafforzare e di certo avverrà se hezbollah entrerà nell’agone attaccando dal Libano.

La portaerei americana inviata al largo di Gaza è in realtà in funzione anti-hezbollah, dovrebbe essere cioè un deterrente a tale sviluppo, come da avvertimento di Washington, ma potrebbe paradossalmente diventare un catalizzatore dell’allargamento della guerra.

Da questo punto di vista, al di là degli sviluppi dell’intervento di Gaza, di certo catastrofici, l’attacco di Hamas ha incenerito un’importante direttrice della politica estera americana, che aveva portato a una distensione con Teheran finalizzata poco prima degli attacchi. La distensione aveva i soliti nemici, Netanyahu, i neocon etc, che ora sono tornati al centro della scena.

Peraltro, se Netanyahu riuscirà a creare, come sembra, un governo di unità nazionale, ben sapendo che la fine della guerra di Gaza lo vedrebbe trascinato alla sbarra per la debacle dell’intelligence e della Difesa palesato nel corso dell’attacco – come da minaccia di mezza israele – ha tutto l’interesse a non chiudere, anzi ad allargare il conflitto.

Resta che il mondo non può permettersi una guerra su larga scala in Medio oriente. Semplicemente crollerebbe: al di là dei disastri locali e della devastazione reciproca tra Iran e Israele, collasserebbe il commercio mondiale già provato duramente dalle ristrettezze causate dalla guerra ucraina; ciò perché lo Stretto di “Hormuz è il crocevia mondiale del petrolio”, da cui passa il 40% del petrolio commerciato via mare (Agi).

Sull’impossibile debacle della Difesa di Israele, oggetto latente di questa nota, riportiamo due passaggi di un post su X di Sovereign Brah (per altri versi un po’ aleatorio): “Israele ha scelto di ignorare l’intelligence dei funzionari egiziani su un grave attacco proveniente da Hamas. Diversi ex soldati dell’IDF e personale dell’intelligence israeliana hanno postato online affermando che esiste una probabilità pari allo zero% che Israele non fosse a conoscenza di questo attacco in anticipo o che non poteva prevenirlo […] Abbiamo appena visto dei semplici terroristi volare in deltaplano all’interno di uno dei paesi più difesi e sorvegliati del pianeta”…

Sull’avvertimento dell’intelligence egiziana abbiamo scritto in una nota pregressa, riprendendo il giornale israeliano Yedioth Ahronoth.