Gaza, gli attacchi agli aiuti umanitari
“Funzionari delle forze di sicurezza israeliane stanno informando gli attivisti di estrema destra e i coloni sulla posizione dei camion degli aiuti che trasportano forniture vitali a Gaza, consentendo a tali gruppi di bloccare e vandalizzare i convogli, secondo molteplici fonti”. Così il Guardian.
“[…] L’accusa sulla collusione di esponenti delle forze di sicurezza – prosegue il media britannico – è documentata da messaggi di gruppi di chat interne esaminate dal Guardian, nonché da resoconti di numerosi testimoni e attivisti per i diritti umani”.
Quanto alle accuse sul fatto che gli aiuti sarebbero dirottati da Hamas, motivazione addotta dai criminali che attaccano i camion diretti a Gaza per giustificare il loro operato, sono state smentite dalle agenzie umanitarie e dagli Stati Uniti, prosegue il Guardian.
L’altra faccia della medaglia di tali azioni è che gli aggressori restano impuniti, come se nulla fosse, nonostante il flagrante crimine, che impedisce l’arrivo di beni essenziali a civili già ridotti allo stremo, bambini e bambine compresi.
Per fortuna, non tutti in Israele sono stati contagiati da questa follia collettiva: Standing Together, un movimento per la pace e la giustizia di ebrei e palestinesi, ha annunciato che i suoi volontari proteggeranno i camion di aiuti. Se Israele si salverà dall’abisso in cui sta precipitando, sarà per persone come queste…
Il video del rapimento delle soldatesse
Di ieri il filmato delle cinque donne soldato rapite il 7 ottobre da Hamas. Tanti media lo hanno presentato come un video dell’orrore, uno dei tanti circolanti su quel fatidico giorno, distorcendo, in maniera più o meno voluta, il senso della sua pubblicizzazione.
Tali media, e tanti politici, in tal modo lo hanno usato per dimostrare ancora una volta la disumanità di Hamas e, per estensione, dei palestinesi, e legittimare in tal modo la sanguinaria operazione di Gaza.
All’opposto, il video, certo brutale, è stato pubblicizzato dall’associazione dei familiari degli ostaggi per denunciare il disinteresse di Netanyahu per la sorte dei loro cari, che l’operazione Rafah mette ancora più in pericolo di vita. E per sollecitare la ripresa del dialogo con Hamas affinché siano liberati, negoziato quest’ultimo che potrebbe portare alla fine delle ostilità.
Questo, in estrema sintesi, quanto scrive Allison Kaplan Sommer su Haaretz, in un articolo in cui denuncia la “spudorata arroganza” del governo israeliano, fotografata dalla strumentalizzazione del video in questione da parte del ministro degli Esteri Israel Katz, che l’ha usato per condannare il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Irlanda, Norvegia e Spagna.
Katz, infatti, ha dichiarato che farà vedere il filmato agli ambasciatori presso Israele dei tre Paesi in questione “per sottolineare come sia errata la decisione presa dai loro governi”.
“Katz, proprio come Netanyahu, – conclude la Sommer – vede il video come una sorta di dono generoso da brandire all’esterno come strumento di advocacy o dell’hasbara – e non come la mossa disperata di famiglie che sperano che questo costringa Netanyahu e i suoi ministri a guardare dentro di se stessi, a riflettere sulle loro priorità e sul loro comportamento degli ultimi sette mesi e mezzo”.
Nonostante le strumentalizzazioni del caso, l’iniziativa dei familiari degli ostaggi ha sortito l’effetto desiderato, tanto l’impatto che ha avuto nel Paese, con il governo che ha deciso di inviare una delegazione a riprendere le trattative. Ma è solo un atto dovuto, che Netanyahu cercherà di vanificare come ha fatto nelle precedenti tornate negoziali.
Contro Gaza un delirio di onnipotenza
Resta che la pressione sul premier, dopo giorni in cui appariva trionfante – con gli Usa che hanno rinunciato al secco niet all’attacco contro Rafah – è tornata a salire. Infatti, dopo la richiesta dei magistrati ai giudici del Tribunale penale internazionale di spiccare un mandato di cattura contro Netanyahu, è arrivato l’annuncio che la Corte di Giustizia dell’Aia, che ha competenza sul reato di genocidio, domani si pronuncerà sulla richiesta del Sudafrica di fermare l’attacco a Rafah.
Annuncio che Tel Aviv ha accolto con la consueta arroganza. Così Avi Hyman, portavoce del governo: “Nessun potere sulla Terra impedirà a Israele di proteggere i suoi cittadini e di attaccare Hamas a Gaza”.
Un delirio di onnipotenza che trova il suo fondamento nel supporto più o meno incondizionato del golem americano, dove a salire sugli scudi sono anche i repubblicani, con il presidente della Camera Mike Johnson intenzionato a invitare Netanyahu a parlare al Congresso.
Un annuncio teso a far pressione sul Tribunale penale internazionale perché rigetti la richiesta di arresto avanzata dalla procura e a vanificarlo nel caso sia spiccato, oltre che e a tentare di rilanciare l’immagine del premier israeliano, cosa possibile solo in via formale ché per tanto mondo e per la storia – sempre se ci sarà una storia futura – ormai è bollato col marchio del genocida.