13 Febbraio 2025

Gaza: la tregua tiene. E Trump cambia idea sulla Striscia

Trump, tramite Witkoff e la Russia, salva la tregua e chiede agli arabi un piano alternativo su Gaza. Ora si può procedere con la pace ucraina. A giorni la Conferenza di Monaco, oggi teatro di un attentato
di Davide Malacaria
Gaza: la tregua tiene. E Trump cambia idea sulla Striscia
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Iniziamo dalla stretta attualità: Hamas rilascerà tre ostaggi sabato prossimo come prevedevano gli accordi sulla tregua, che in tal modo proseguirà. Va così a compimento la prima fase del cessate il fuoco, che prevedeva che alla liberazione degli ostaggi israeliani e palestinesi (modo più precipuo per identificare i detenuti nelle carceri israeliane) corresse in parallelo il ritorno dei palestinesi nel Nord di Gaza e il ritiro dell’esercito israeliano da essa.

L’ultimatum di Trump

Come si può notare, l’accordo raggiunto tra Hamas e Tel Aviv trascura, come non fosse mai stato enunciato, l’ultimatum di Trump, che aveva chiesto la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani entro sabato, pena “l’inferno”. Particolare da tenere a mente per comprendere il modus operandi del presidente americano, che abbaia per stornare l’attenzione dalle sue vere intenzioni.

E le sue vere intenzioni erano quelle di salvare l’accordo, messo a repentaglio dalle intenzioni di Netanyahu di riprendere la guerra subito dopo la fine della prima fase della tregua per evitare di affrontare il nodo gordiano proprio della seconda fase, quando si tratterà sul futuro di Gaza.

Nodo che Trump ha reciso con la spada, usando ancora una volta un’assertività estrema e fuori registro, stavolta sullo sfollamento dei palestinesi, per costringere i Paesi arabi a redigere un piano alternativo, che dopo un anno e mezzo di guerra ancora non avevano approntato (sic), limitandosi a vuote dichiarazioni di solidarietà verso i palestinesi. Ieri l’Egitto ha comunicato che lo preparerà e ha stretto un accordo con la Giordania per affrontare insieme la questione.

Trump chiede agli arabi un piano alternativo

A proposito di Amman, ieri tutti i media riportavano la resistenza imbarazzata, ma ferma del re giordano, alle sollecitazioni del presidente Usa che lo ospitava. Pochi riportavano questo: “Un attimo prima di lasciare il podio della conferenza stampa tenuta mercoledì alla Casa Bianca, la portavoce [del presidente] Karoline Leavitt ha dichiarato di avere un’ultima nota da aggiungere: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha affermato, ha incaricato le nazioni arabe di presentargli un piano per la Striscia di Gaza“.

Trump appears to shift on Gaza saying he 'tasked' Arabs to draw up a plan

Come evidenza quanto accaduto, le cose reali spesso passano sottotraccia, soprattutto con un presidente come Trump, la cui prima preoccupazione è sopravvivere ai suoi tanti e pericolosi nemici, da cui lo smantellamento delle articolazioni del potere reale che lo vuole morto (l’Usaid chiuso; licenziati diversi alti dirigenti dell’Fbi, decisioni a cui ha fatto seguito la sospensione dei finanziamenti del National Endowment for Democracy, organismo gemello e più potente dell’Usaid, per finire con una probabile pulizia all’interno dell’intelligence, ora che a capo è stata messa la lodevole Tulsi Gabbard).

Trump Suspends Funding to the National Endowment for Democracy

Ma che dietro il salvataggio della tregua ci sia il presidente Usa lo evidenzia il colloquio del suo inviato Steve Witkoff con Putin, che hanno parlato più di Medio oriente che di altro, e la successiva telefonata Trump-Putin.

Lo evidenzia quanto riporta il Timesofisrael sulla rinnovata intesa Hamas-Israele: “Gli sforzi del Qatar e dell’Egitto, nonché dell’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff, hanno risolto alcune delle questioni in sospeso, ha comunicato Al Araby Al Jadeed”, un’emittente del Qatar.

Come abbiamo accennato in diverse note, gli Usa devono coinvolgere la Russia per evitare di rimanere schiacciati sulle posizioni israeliane, e Trump ha fatto proprio questo. Ora il problema è che i Paesi arabi presentino un piano accettabile, ma soprattutto riuscire a tenere a freno Netanyahu, che cercherà in tutti i modi di sabotare il processo in corso.

Trump lo ha superato a destra con il suo sproloquio sullo sfollamento di Gaza per riuscire a fare tutt’altro: al bellicoso Netanyahu, che certo non prenderà bene lo sviluppo, potrà rispondere di aver provato a realizzare le sue prospettive, ma è stato impossibile.

Israel said to tell Hamas ceasefire can continue if three hostages freed on Saturday

Ucraina: la Conferenza di Monaco

Quanto alla telefonata Trump-Putin, è durata un’ora e mezza ed è stato un dialogo lungo e approfondito, come ha detto Trump. Ovviamente hanno parlato anche della guerra ucraina, arrivando a una svolta reale, come si nota soprattutto da quanto comunicato dal portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov: “la Russia si prepara a formare una delegazione per i negoziati sull’Ucraina” (finora i russi erano rimasti in attesa, nonostante le aperture verbali degli Usa).

Peskov: la Russia si prepara a formare un gruppo negoziale sull'Ucraina

La guerra ucraina, in realtà, in questi giorni era un problema secondario per la geopolitica globale. Se fosse saltata la tregua a Gaza anche il processo di chiusura della guerra ucraina, già complicato, si sarebbe complicato ancora di più.

Che fosse il Medioriente il cuore del problema lo evidenzia anche il Paese che Trump e Putin hanno scelto per il loro futuro incontro: l’Arabia saudita. Probabile che i due sperino che l’incontro vada a sigillare il nuovo corso del Medio oriente che veda stabilizzate le conflittualità di Gaza e Cisgiordania (e poco più di questo, purtroppo: non ci sono le condizioni per una risoluzione durevole del problema palestinese a breve).

Quanto all’Ucraina, sebbene la risoluzione sia destino manifesto, perdurano gli ostacoli. Il 16 febbraio inizieranno a Monaco i lavori della Conferenza per la Sicurezza, dove i leader dei Paesi che sostengono Kiev approcceranno la spinta americana per la risoluzione del conflitto.

Purtroppo la Conferenza inizia sotto un cattivo auspicio. Stamane Monaco ha subito un attentato: un’automobile ha travolto dei passanti, causando un morto e circa 28 feriti. E dire che, a motivo del summit e dei suoi partecipanti, era la città più sorvegliata del mondo. Tant’è.

 

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