Gaza: Netanyahu dichiara la guerra senza fine

“Domenica, nel corso di una riunione di governo, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto chiaramente che anche se si raggiungesse un accordo per liberare tutti gli ostaggi, la fine della guerra non sarebbe all’ordine del giorno”. Così inizia un articolo di Jack Khoury su Haaretz, che sgrana le condizioni indicate da Netanyahu per chiudere il conflitto: il “disarmo di Hamas e dall’esilio dei suoi leader”, ma soprattutto il controllo della Sicurezza di Gaza per avviare il piano di emigrazione dei gazawi.
Eliminare Hamas e i gazawi
Insomma, pur senza trascurare del tutto la questione della liberazione degli ostaggi, ribadita nel corso dell’incontro, Netanyahu ha detto chiaramente che non c’è rapporto tra tale obiettivo e il termine delle ostilità. Tale messaggio era indirizzato soprattutto alle famiglie dei rapiti e ad Hamas che, da sponde opposte, hanno relazionato le due cose.
“Per riportare indietro gli ostaggi, Netanyahu è pronto a scambiare prigionieri e a fornire aiuti umanitari limitati, ma porre fine alla guerra non è all’ordine del giorno”, specifica il cronista di Haaretz.
“Le obiezioni al piano migratorio di Trump non sono più rilevanti. Lo stesso vale per il piano di ricostruzione egiziano-arabo adottato dal vertice della Lega araba al Cairo all’inizio di marzo. I leader arabi e il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas possono sognare di governare Gaza o di istituire un comitato tecnocratico per amministrare Gaza come preludio al ritorno dell’Autorità Nazionale Palestinese, ma rimarrà un sogno. I palestinesi, che sognano da 75 anni, continueranno a farlo: la realtà per Netanyahu e il suo governo si decide sul campo con carri armati, jet e posti di blocco”.
Per i gazawi solo biglietti di sola andata
“Gaza è isolata e chiusa, e Israele la sta polverizzando. I suoi residenti, persino quelli che hanno manifestato contro Hamas, possono solo decidere se morirci o andarsene, con l’incoraggiamento del governo israeliano e il sostegno della superpotenza americana guidata da Trump […] Il ministero per l’emigrazione è già stato istituito per chiunque decida di andarsene e li aiuterà a farlo via mare o via aria. Per i gazawi si sono spalancate le porte del mondo intero, ma in una sola direzione e con un biglietto di sola andata”.
Netanyahu ha offerto ad Hamas una “resa incondizionata e la sconfitta”, ciò non avrà altro effetto che quello di costringerli in un vicolo cieco e “allontanare ulteriormente ogni possibilità di raggiungere un accordo”. Così la guerra, se così può essere chiamata la diuturna strage che vi si consuma, è destinata a durare almeno fino al 2026, conclude Khoury, dal momento che Netanyahu ha detto chiaramente che il suo governo durerà fino alla fine del mandato, che va in scadenza in quell’anno.
La vittoria di Netanyahu
La nota di Khoury conferma l’annuncio del nuovo Capo di Stato Maggiore dell’esercito Eyal Zamir che, appena nominato, ha detto che il 2025 “sarà un anno di guerra” (Jerusalem Post).
Mai, fino a questo momento, Netanyahu aveva osato dire pubblicamente una cosa del genere, dal momento che la liberazione degli ostaggi resta questione essenziale per gli israeliani, tanto che il presidente Isaac Herzog la scorsa settimana si è detto scioccato del fatto che sembrava essere passata in secondo piano (Timesofisrael).
Il fatto è che Netanyahu si sente forte come non mai dall’inizio della guerra, avendo eliminato, in un modo o nell’altro, i più tenaci oppositori di questa linea: il ministro della Difesa Yoav Gallant, il Capo di Stato Maggiore Herzl Helevi, ambedue dimessi, e il capo dello Shin Bet Ronen Bar, licenziato (anche se la sua defenestrazione è stata momentaneamente congelata dalla Corte Suprema). Tutti e tre, infatti, sostenevano che fosse essenziale un accordo con Hamas che chiudesse le ostilità. Tutto è cambiato.