La guerra di Gaza: Netenyahu-Hamas nemici indispensabili
Tempo di lettura: 3 minutiTra sabato e domenica un altro conflitto tra Gaza e Israele: quattro le vittime israeliane e venticinque palestinesi, centinaia i feriti. Lo scontro più duro degli ultimi anni.
Tregua a Gaza: critiche a Netanyahu
Domenica il cessate il fuoco. Dalla Striscia hanno deposto le armi in cambio di aiuti finanziari. Il Qatar, col quale Israele si è accordato alcuni mesi fa perché aiutasse finanziariamente i palestinesi, ha elargito 80 milioni di dollari, prima tranche di altri 400.
Una fragile pace cercata da Benjamin Netanyahu nonostante le critiche di quanti vorrebbero una risposta durissima a causa dell’alto numero di vittime israeliane.
Critiche alle quali il premier ha tentato di rispondere rivendicando i tanti obiettivi distrutti e l’uccisione di Hamad al-Khodori, braccio destro del leader di Hamas Yahya Sinwar.
Un assassinio che segnala il ritorno agli omicidi mirati, che Israele aveva accantonato: “Le regole del gioco” sono cambiate, ha infatti affermato il premier, per dimostrare la sua determinazione.
Ma secondo i critici la tregua sarebbe una capitolazione ad Hamas e, lasciando le cose come stanno, non durerà a lungo.
La fragile pace dell’Eurovision
Ma la fine del conflitto è stata necessitata dall’Eurovision, il festival della canzone europea che conta nulla, ma che quest’anno ha assunto un peso notevole perché si svolge a Tel Aviv, che lo ha fortemente voluto per rilanciare la sua immagine internazionale.
L’Eurovision, che inizia il 12 maggio, non poteva svolgersi sotto i razzi né con una campagna militare in corso: i bambini di Gaza uccisi in eurovisione…
Ma la resa dei conti potrebbe essere solo rimandata, come da sibillina frase di Netanyahu: “La campagna non è finita […]. Ci stiamo preparando a continuare”.
Netanyahu-Hamas: i nemici indispensabili
Da tempo si assiste a sporadiche escalation tra Hamas e Tel Aviv, scrive David Halbfinger sul New York Times: guerre improvvise seguite da subitanee tregue.
Apparentemente un reiterarsi di vana violenza, che invece secondo alcuni analisti “è più che funzionale agli interessi dei due principali antagonisti”.
Il conflitto permanente con Gaza rafforza la narrativa di Netanyahu, secondo il quale “i palestinesi non sono pronti per la pace e una soluzione a due Stati è impossibile”.
Da parte sua Hamas, che ha ottenuto un allentamento della stretta israeliana sulla Striscia, “mostra agli abitanti di Gaza, scettici e impoveriti, che la sua strategia di resistenza armata funziona”.
Inoltre la conflittualità permanente rafforza i falchi israeliani. E per Hamas è meglio un antagonista duro di un governo che cercasse la pace, spiega Celine Touboul, esperta di Gaza per la Fondazione per la cooperazione economica israeliana.
Ciò perché la seconda opzione avvantaggerebbe l’Autorità nazionale palestinese, mandando a vuoto l’Opa di Hamas per ottenere la leadership sul popolo palestinese al posto di al Fatah.
Ne rimarrà solo uno
“Hamas – prosegue il Nyt – assolve anche un’altra funzione per il governo Netanyahu […]. Con l’Autorità palestinese al governo in Cisgiordania e Hamas a Gaza, il cammino per una soluzione a due Stati al conflitto israelo-palestinese è più difficile”.
Semplicemente perché “finché ci sono tre Stati, non si può avere una soluzione a due Stati”, come spiega al Nyt Aaron David Miller, ex mediatore Usa in Medio oriente, che conclude: “Hamas è la polizza assicurativa di Netanyahu” (avverso alla soluzione dei due Stati).
Così, “stranamente”, il premier israeliano “vede Hamas come un partner più affidabile dell’Autorità palestinese”, dettaglia la Touboul.
Un’interpretazione che converge con quella delle fonti interpellate da Debka, che motivano la riluttanza di Netanyahu ad attaccare Gaza spiegando che il premier israeliano “sembra confidare in un’eventuale crescita di uno Stato palestinese indipendente [a Gaza, ndr.] – anche sotto il governo di Hamas – perché alla fine forzerà la disgregazione dell’Autorità palestinese“, facendo cadere Abu Mazen, presidente dell’Autorità medesima.
“Tale obiettivo è in linea con il Piano di pace Usa in Medio Oriente, al quale i consiglieri del presidente Donald Trump […] stanno dando gli ultimi ritocchi prima di renderlo pubblico”. Un piano di pace senza Stato palestinese.