NYT. Gaza: l'Olocausto e il dovere di preservare l'umanità
Era da tempo che attendevamo che qualche esponente autorevole dell’ebraismo alzasse la voce per dire chiaro e forte che un popolo che ha conosciuto la tragedia dell’Olocausto non può e non deve commettere crimini contro l’umanità e ha il dovere morale di frenare la spinta verso il genocidio dei palestinesi.
Così è con certa commozione che riportiamo quanto scrive sul New York Times professore di studi sull’Olocausto e sul genocidio alla Brown University in un articolo dedicato, ovviamente, a quanto sta avvenendo a Gaza, dove il professore, norme alla mano, spiega che si stanno commettendo “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”.
Non solo, “nel giustificare l’attacco, i leader e i generali israeliani hanno fatto dichiarazioni terrificanti che indicano un intento genocida”. Tuttavia, prosegue Bertov, c’è stato spesso “l’impulso di descrivere qualsiasi caso di omicidio di massa e massacro come genocidio”. Eppure il pericolo c’è, anzi incombe sempre più.
Israele e l’abisso del genocidio
Così Bertov: “La mia più grande preoccupazione mentre osservo la guerra tra Israele e Gaza è che ci sia un intento genocida, che può facilmente trasformarsi in un’azione genocida“. E riporta varie dichiarazioni di politici e generali che a suo parere, e non solo suo, esprimono tale intenzione (ne abbiamo riferito anche noi, nel nostro piccolo, in note pregresse).
Non solo, le dichiarazioni di generali e politici nelle quali si parla di sfollare con la forza i palestinesi e talune iniziative dell’esercito israeliano possono configurarsi come dirette a una “pulizia etnica”, crimine diverso dal genocidio, ma che può trasformarsi in quest’ultimo.
“Così, anche se non possiamo dire che l’esercito stia prendendo di mira esplicitamente i civili palestinesi, dal punto di vista funzionale e retorico potremmo assistere a un’operazione di pulizia etnica che potrebbe rapidamente trasformarsi in un genocidio, come è accaduto più di una volta in passato”.
Ciò da cui avevamo messo in guardia – cioè che sarebbe stato impossibile ignorare l’occupazione e l’oppressione di milioni di persone per 56 anni, e l’assedio di Gaza per 16 anni, senza conseguenze – ci è esploso in faccia il 7 ottobre”.
Di seguito, lo stesso gruppo di persone aveva denunciato l’attacco di Hamas del 7 ottobre, anch’esso “un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità”, invitando però al contempo “il governo israeliano a desistere dal perpetrare violenze di massa e uccisioni di civili palestinesi innocenti a Gaza in risposta alla crisi. Abbiamo scritto che l’unico modo per porre fine a questi cicli di violenza è cercare un compromesso politico con i palestinesi e porre fine all’occupazione”.
I custodi della memoria dell’Olocausto facciano sentire la loro voce
Così arriviamo alla parte più alta dell’intervento di Bertov: “È tempo che i leader e gli intellettuali più autorevoli delle istituzioni dedite alla ricerca e alla commemorazione dell’Olocausto mettano pubblicamente in guardia contro la retorica piena di rabbia e vendetta che disumanizza la popolazione di Gaza e ne chiede l’estinzione. È tempo di parlare apertamente contro l’escalation di violenza in Cisgiordania, perpetrata dai coloni israeliani e dalle truppe dell’IDF, che sembra scivolare verso la pulizia etnica sotto la copertura della guerra di Gaza”.
“[…] Esorto istituzioni venerabili come il Museo Memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti di Washington DC e lo Yad Vashem di Gerusalemme a intervenire adesso e a porsi in prima linea nel mettere in guardia contro i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, la pulizia etnica e il crimine di tutti i crimini, il genocidio”.
“Se crediamo veramente che l’Olocausto ci abbia insegnato una lezione sulla necessità – o, in realtà, sul dovere – di preservare la nostra stessa umanità e dignità proteggendo quella degli altri, questo è il momento di sollevarsi e alzare la voce, prima che la leadership di Israele precipiti il Paese e i suoi vicini nell’abisso”.
“C’è ancora tempo per impedire a Israele di lasciare che le sue azioni diventino un genocidio. Non possiamo aspettare un attimo di più”.
Non si tratta solo di salvare le vite dei palestinesi, che resta obiettivo primario e ineludibile di questo appello, ma anche Israele dal marchio di infamia del genocidio. Non uscirebbe più dall’abisso nel quale lo sta precipitando la sua dissennata leadership e le pulsioni irrazionali e violente di parte (tanta o poca che sia) della società israeliana.