Gaza: Trump sblocca le trattative, Blinken tenta di sabotarle
Momento di sospensione mentre il mondo attende un accordo su Gaza, che tutti i media internazionali danno per imminente. Un esito che è stato forzato da Trump, come registrano diversi articoli di Haaretz. Ne, ad esempio, scrive Amos Harel, lo ribadisce Chaim Levinson, che riferisce un retroscena suggestivo.
La missione di Witkoff, inviato di Trump
“Venerdì sera scorso, Steven Witkoff (nella foto di apertura), inviato del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump per il Medio Oriente , ha chiamato dal Qatar per dire agli assistenti del primo ministro Benjamin Netanyahu che sarebbe arrivato in Israele il pomeriggio seguente. Gli assistenti [del premier] hanno risposto educatamente che si era nel bel mezzo dello Shabbat, ma che il primo ministro lo avrebbe incontrato volentieri sabato sera”.
“La reazione brusca di Witkoff li ha colti di sorpresa. Ha spiegato loro in un inglese colorito che non gli interessava affatto lo Shabbat. Il suo messaggio è risuonato forte e chiaro. Così, con un insolito deragliamento dalla prassi ufficiale, il primo ministro si è presentato nel suo ufficio per un incontro ufficiale con Witkoff, che è poi tornato in Qatar per suggellare l’accordo”.
Altri retroscena li racconta Amos Harel, secondo il quale la minaccia di Trump di “scatenare l’inferno” se non si fosse raggiunto un accordo prima del suo insediamento, stanno “esercitando una certa pressione su entrambe le parti” (confermando che l’avvertimento di Trump non ero rivolto solo ad Hamas).
L’incontro tra il premier israeliano e Witkoff è stato “teso”, come riferisce il Timesofisrael, e ha avuto un esito positivo, dal momento che sabato sera Netanyahu ha deciso di inviare a Doha, sede delle trattative, “la delegazione di più alto livello, dal momento che comprendeva i vertici del Mossad e del servizio di sicurezza Shin Bet, nonché il capo dell’organismo per la gestione degli ostaggi e per le persone scomparse delle IDF”. La decisione di inviare una delegazione siffatta, commenta Arel, è un altro indicatore del fatto che “un accordo è vicino”.
Peraltro, annota ancora Arel, “sembra che il primo ministro abbia concesso a questa squadra un margine di manovra nei negoziati più ampio rispetto al passato. Nei round precedenti è stato spesso evidente che Netanyahu aveva creato fin dal principio difficoltà ai negoziatori israeliani, conferendo loro un mandato molto limitato”.
Insomma, tutto è apparecchiato per chiudere un accordo, anche se l’esito non è ancora scontato, sia per l’imprevedibilità di Netanyahu sia perché i leader dei due partiti ultraortodossi che sostengono il suo governo, in particolare Itamar Ben-Gvir, continuano a sbraitare contro un’eventuale intesa (ma le forze di opposizione e i partiti Hareri promettono sostegno, come accenna il Timesofisrael).
Le interferenze di Blinken e le (inutili) pressioni di Biden
L’iniziativa di Trump è stata accompagnata dall’attuale amministrazione Usa, con Biden che ha chiamato Netanyahu al telefono per aumentare la pressione. Mossa, però, del tutto inutile per l’esito dei negoziati, dal momento che il presidente Usa non aveva alcun potere in tal senso prima, tantomeno lo ha ora a fine mandato. Così lo scopo della telefonata si riduce a una trovata propagandistica: Biden vuole finire il suo mandato intestandosi la fine della guerra di Gaza.
Non è il solo a scalpitare. Il Capo del Dipartimento di Stato Tony Blinken ha annunciato una conferenza stampa nella quale si propone di delineare il futuro di Gaza. Mossa non solo inutile, dal momento che la successiva amministrazione potrà derubricare le prospettive di Blinken a boutade, ma anche controproducente.
Diversi funzionari del Dipartimento di Stato, infatti, temono che quel che dirà Blinken possa nuocere alle trattative in corso (Timesofisrael). Infatti, se si tiene presente che Hamas ha accettato una tregua di breve periodo che preluda a una trattativa successiva per dirimere alcune questioni chiave ad oggi ostative all’intesa, è chiaro che, con la sua iniziativa, Blinken rischia di rovinare tutto, prospettando sviluppi ancora da chiarire nell’ambito dei negoziati futuri.
D’altronde che Blinken sia stato l’anima nera di questa amministrazione Usa l’abbiamo scritto più volte, questa è solo una conferma postuma. Insomma, tante le variabili di questo gioco al massacro. Nonostante le fondate speranze, tutto può essere ancora vanificato.