Gli spaventati kamikaze dell'Isis
Tempo di lettura: 2 minuti«Con l’intervento della Russia in Siria “c’è stata la diaspora dei foreign fighter” che stanno tentando di rientrare nei Paesi d’origine. Lo ha detto il capo della polizia Alessandro Pansa nel corso di un incontro con i capi delle polizie dei Paesi Balcanici». Inizia così un breve articolo pubblicato sulla Stampa del 16 dicembre (“Con le bombe russe in atto la diaspora dei foreign figther“).
Nota a margine. Notizia quasi nascosta sul quotidiano torinese e irrintracciabile altrove, ma molto significativa. Il capo della polizia italiana, in un intervento tecnico e quindi alieno da derive propagandistiche, ha rivelato quel che la narrativa comune di fatto sta occultando: l’intervento russo in Siria, nonostante quel che affermano con consapevole doppiezza tanti esponenti delle cancellerie occidentali, è stato un colpo durissimo per l’Isis e le altre organizzazioni terroristiche che operano in Siria. Una constatazione che è anche un giudizio sulla coalizione anti-Isis a guida Usa che ha operato per anni sul terreno senza alcun esito.
La fuga dei foreign figther smentisce anche un’altra narrativa, ormai mito diffuso, che li fa apparire soffusi in un alone di invincibilità: quella che vuole questi agenti votati alla morte.
In realtà gli aspiranti suicidi di Allah aggregati in tali organizzazioni non sono legione, ma solo alcuni matti usati allo scopo in operazioni particolari, come quella al Bataclan di Parigi. Per il resto si tratta di mercenari ben pagati (e si sa bene chi li paga) che hanno paura della morte (eccome) come tutti.