Goldberg e lo scandalo che scuote l'amministrazione Trump

Alcune postille sullo scandalo che sta facendo vacillare l’amministrazione Trump, con media e democratici che la stanno letteralmente bombardando. Il Consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz si è assunto la piena responsabilità dell’indebita intrusione di Jeffrey Goldberg nella riunione online di alto livello convocata per organizzare il riprovevole bombardamento sugli Houti, confermando che è stato lui a invitare il direttore dell’Atlantic, ma non si spiega come.
Goldberg: dalla guerra in Iraq a quella ucraina
La prima postilla riguarda Goldberg, un neocon di alto profilo e della prima ora che, come ricordava Jon Schwarz su The Intercept, quando era ancora “redattore del New Yorker, fu uno dei più influenti sostenitori dell’invasione dell’Iraq al di fuori del governo. Il suo lavoro fu inserito nel verbale del Congresso relativo al dibattito sull’autorizzazione all’uso della forza militare nell’autunno del 2002”.
Come tutti gli alfieri di quella guerra costruita sulla menzogna delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam, Goldberg ha fatto carriera e non ha perso la posa muscolare, così il suo giornale produce in quantità industriale articoli contro la determinazione di Trump sulla pace ucraina.
Questi alcuni titoli recenti: “Il partito di Reagan sta svendendo l’Ucraina”; “La Russia sta perdendo la guerra di logoramento”; “Incompetenza lievitata con malignità”;
“La Russia non sta vincendo”. Insomma, le tematiche usuali di quanti spingono per proseguire a oltranza la guerra per procura contro la Russia.
Anche Waltz è un neocon della prima ora, avendo iniziato la sua carriera con la presidenza di George W. Bush, quella dell’invasione all’Iraq, rivestendo la carica di consigliere di principi neocon del calibro di Dick Cheney, acerrimo avversario di Trump, e Donald Rumsfeld, allora rispettivamente vicepresidente e segretario della Difesa.
Aspramente critico della Russia e sostenitore di Kiev, Waltz ha cambiato idea sulla guerra ucraina, almeno pubblicamente, per imbarcarsi sulla nave di Trump, dichiarando però, che in caso del fallimento dei negoziati, gli Stati Uniti dovrebbero armare ancora più massivamente l’Ucraina, essere più determinati contro le minacce russe riguardo le armi di distruzione di massa (sotteso: anche gli Usa dovrebbero brandire l’atomica) e aggredire le risorse energetiche russe con più forza.
Insomma, se i negoziati falliscono, gli Stati Uniti dovrebbero abbracciare il programma neocon sulla Russia, declinato negli ultimi anni dalla pasionaria di questa guerra che militava nelle fila dei democratici: la neocon Victoria Nuland. Non per nulla Waltz aveva espresso parere favorevole all’invio di missili a lungo raggio a Kiev, la decisione più a rischio terza guerra mondiale presa dall’amministrazione Biden. Tale propensione e il fatto che lo scandalo della riunione violata possa favorire una rinnovata spinta bellica Usa in Ucraina fanno sorgere cupi sospetti.
I sospetti di Trump e le amiche della vedova nera
Dopo lo scandalo della riunione sugli Houti, Trump ha difeso pubblicamente il Consigliere per la Sicurezza nazionale, ma è di grande interesse il retroscena rivelato da Politico, che in base a fonti di ambito trumpiano ha rivelato che Trump era più che altro “furioso — e sospettoso — del fatto che Waltz avesse salvato sul suo telefono il numero del caporedattore dell’Atlantic Jeffrey Goldberg”.
Secondo il media Trump non poteva non difenderlo: defenestrarlo ora sarebbe un segno di debolezza, ma il sospetto su di lui non è stato fugato, così che Waltz potrebbe prendere la via dei giardinetti più avanti (anche se non possiamo non aggiungere la nostra incertezza su tale eventualità: Trump si è appoggiato a parte dell’establishment perché pensa che non riuscirà a governare senza).
Così, al di là delle ipotesi – se cioè Waltz abbia tradito, sia stato a sua volta tradito da Goldberg (che magari gli aveva promesso di rispettare il segreto) o se si sia trattato di un errore – resta che egli appartiene agli stessi circoli di Goldberg, che vogliono che il conflitto ucraino perduri e si intensifichi.
Così, come abbiamo accennato nella nota pregressa, la tempistica della rivelazione di Goldberg non lascia spazi a dubbi sullo scopo: affondare i negoziati di Riad e tenere l’amministrazione Trump sotto tiro (e questo scandalo sta alimentando un vero e proprio incendio) per limitarne la libertà di azione così da impedirgli di progredire nel processo di pace ucraino e influenzarlo su altri dossier (Gaza e Iran in particolare).
Ci sia consentita un’ultima annotazione a latere. Nella nota precedente abbiamo accennato a come la proprietaria de facto dell’Atlantic, la miliardaria Laurene Powell Jobs, vedova del più noto Steve Jobs, sia una grande donatrice del partito democratico nonché amica intima di Kamala Harris, particolare che segnala la contiguità, che abbiamo spesso ribadito, tra neocon come Goldberg, a cui ha affidato il suo giornale, e liberal democratici.
Piccolo tassello aggiuntivo: un’altra amica intima della Jobs era Ghislaine Maxwell, compagna del miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, apparentemente deceduto in carcere dopo l’arresto.
Tanto che, quando la Maxwell fu sottoposta a processo per complicità con Epstein, The Atlantic pubblicò un articolo in sua difesa, nonostante le prove schiaccianti contrarie. C’entra poco, forse, con quanto sta avvenendo, ma anche no (per inciso, l’amministrazione Trump ha intenzione di divulgare le indagini dell’FBI su Epstein finora secretate).