Come la Gran Bretagna diede inizio alla guerra del Vietnam
Riportiamo da al Mayadeen un articolo di Kit Klarenberg sulla genesi della guerra del Vietnam, istruttivo per il passato, essendo una materia poco nota, ma soprattutto per il presente, che vede la Gran Bretagna alimentare la guerra ucraina in una coazione a ripetere sempre gli stessi tragici errori.
Il 2 settembre 1945, poche ore dopo la firma ufficiale di resa dell’imperatore del Giappone Hirohito, che ha posto fine alla seconda guerra mondiale nel Pacifico, Ho Chi Minh, leader del Viet Minh [Lega per l’Indipendenza del Vietnam ndr], proclamò la fondazione della Repubblica Democratica del Vietnam. Citando liberamente passaggi della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti del 1776, Ho giurò che lo Stato appena creato non sarebbe stato mai più soggetto alla dominazione o allo sfruttamento da parte di stranieri e sarebbe rimasto per sempre indipendente, governato esclusivamente dal e per il suo popolo.
L’euforia radicale del Vietnam del dopoguerra fu riferita in maniera plastica dalla fotografa francese Germaine Krull, che visitò il paese pochi giorni dopo. Nel suo diario osservò come a Saigon “tutte le strade erano tappezzate da grandi striscioni e tutti i muri e gli edifici istituzionali” riportavano iscrizioni rivoluzionarie in cui si leggeva: “Abbasso l’imperialismo francese; abbasso i colonialisti; l’era della colonizzazione è finita; abbasso la schiavitù”. Insieme a queste, drappeggiava ogni dove la “grande bandiera rossa con la stella gialla” del Viet Minh.
Tutto ciò strideva con le scene che Krull aveva visto all’aeroporto di Saigon. Lì, “si notava una situazione insolita”, infatti “era gestito in toto dai giapponesi. Facevano tutto loro: guidavano camion e auto, sorvegliavano la struttura, trasportavano bagagli e facevano rifornimento. A comandarli e a mantenere l’ordine erano gli inglesi (…). I giapponesi erano impeccabili e perfettamente disciplinati”.
Krull era arrivata con uno dei tanti “aerei da trasporto sui quali erano imbarcate anche le truppe britanniche”, tra cui spiccava un nutrito distaccamento di “bellissimi e impeccabili” Gurkha, con il “loro comandante scozzese”. Non dichiarata alla fotografa, la loro missione era quella di annientare completamente i sogni di indipendenza del paese e ristabilire il controllo della Francia sui suoi possedimenti coloniali. Come ebbe modo di constatare, la “situazione insolita” degli occupanti giapponesi del Vietnam, recentemente sconfitti, che prendevano ordini e lavoravano al fianco degli inglesi, fino a pochi giorni prima nemici giurati, non era limitata all’aeroporto di Saigon.
A distanza di decenni, l’intervento della Gran Bretagna in Vietnam nell’immediato dopoguerra resta praticamente sconosciuto. Eppure, nonostante sia durato solo sei mesi, il feroce conflitto costò molte vite e diede di fatto il via alla guerra del Vietnam, proseguita per tre decenni, che si concluse con la sconfitta imbarazzante delle potenze occidentali. L’impatto sulla regione e sul mondo in generale perdura ancora oggi su di un numero imprecisato di persone [vedi ad esempio Nyt: “Le vittime dimenticate dell’agente Orange” ndr]. È un capitolo sordido e segreto della storia recente di Londra, che urge una rivalutazione.
Gli eserciti dell’Asse, da nemici a utili alleati
Il fatto che gli inglesi avessero intenzioni serie in Vietnam è ampiamente sottolineato dal fatto che abbiano schierato l’intera 20a Divisione dell’esercito che avevano creato in India. Come riferì il giornalista George Rosie nel 1970, questa forza fu “una colonna del conflitto” contro il Giappone in Birmania e, successivamente, aveva preso sotto il suo controllo dell’intero subcontinente [l’Indocina ndr]. Nelle tante battaglie brutali che ebbero a combattere, le sue unità respinsero attacchi “feroci”, “infliggendo terribili perdite” al nemico.
La 20a Divisione fu centrale in questi scontri. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Rosie annotò, “non c’era un’unità più abile, esperta e temprata alla battaglia” in Birmania. La Divisione era “probabilmente la migliore di quelle che si potevano rinvenire in tutti gli eserciti asiatici”. I suoi soldati furono chiamati a esercitare la loro temprata esperienza nell’arte dell’uccidere contro i vietnamiti. Furono paracadutati a tale scopo a Saigon 26.000 soldati britannici e 2.500 veicoli militari.
A questi si aggiunsero tre reggimenti di artiglieria, mentre la Royal Air Force era a disposizione con 14 Spitfire e 34 cacciabombardieri Mosquito. A sostegno di questo imponente esercito invasore c’erano le truppe francesi di Vichy [prima alleate dei nazisti ndr] e giapponesi, che ricevettero nuove armi dalla Gran Bretagna. L’obiettivo ufficiale era “mantenere la legge e l’ordine e garantire la sicurezza interna” del Vietnam.
Tuttavia, gli inglesi e i loro vinti subordinati ebbero l’ordine esplicito di schiacciare ferocemente ogni resistenza locale, anche a costo di uccidere civili innocenti: “Non esiste nessun fronte in queste operazioni: avremo a che fare con bande di guerriglieri… Potremmo trovare difficile distinguere tra amici e nemici… Inoltre, fate attenzione a non ‘erodere’ l’opposizione. Usate sempre la massima forza disponibile per assicurarvi di annientare qualsiasi nemico con cui avrete a che fare. Se ne usate troppa, non recherà alcun danno. Se ne usate poca […] subiremo perdite e incoraggeremo il nemico”.
Il silenzio britannico
In poco tempo iniziarono a morire una moltitudine di vietnamiti. Tuttavia, questa operazione sanguinaria per mesi passò del tutto inosservata, sia sui media che in seno al parlamento britannico. Di conseguenza, l’opinione pubblica in patria rimase completamente all’oscuro del fatto che il loro esercito fosse impegnato in un’altra grande guerra all’estero, per non parlare del fatto che operava in tandem con i nemici affrontati nella Seconda guerra mondiale.
Questa cospirazione del silenzio proseguì fino a dicembre del 1945, quando una lettera congiunta scritta dai soldati britannici che combattevano in Vietnam, inviata all’allora ministro degli Esteri Ernest Bevin, fu pubblicata dal Guardian: “Sembra che stiamo collaborando con le forze giapponesi e francesi contro i nazionalisti del Viet Minh”, scrivevano. “Perché questa collaborazione? Perché non stiamo disarmando i giapponesi? Vogliamo che il governo definisca la propria politica in merito alla presenza delle truppe britanniche in Indocina”.
Queste rivelazioni bomba suscitarono scarso interesse e presto furono dimenticate. I firmatari ricevettero una dura reprimenda da parte di un alto ufficiale e in seguito non emersero ulteriori rivelazioni sulla guerra segreta della Gran Bretagna in Vietnam. Nel frattempo, il massacro di civili innocenti proseguiva a ritmo serrato.
Molto più tardi, uno dei firmatari della lettera ricordò così i suoi trascorsi nel paese: “Ho visto case bruciate e centinaia di persone rinchiuse in recinti. Ho visto molte ambulanze aperte sul retro che trasportavano soprattutto – anzi, solamente – donne e bambini bendati. Lo ricordo molto vividamente. Tutte le donne e i bambini stavano fuori dalle loro case, vestiti di nero, e ci fissavano con aria cupa, con… odio”.
Dall’Impero britannico a quello statunitense
A metà gennaio dell’anno successivo, il Viet Minh aveva imparato la lezione dopo mesi nei quali aveva condotto attacchi su larga scala contro le forze comandate dagli inglesi, che spesso si concludevano con perdite significative a causa della potenza di fuoco superiore dei loro avversari, che avevano in dotazione molte mitragliatrici. I combattenti per la libertà di Hanoi adottarono quindi tattiche di guerriglia, con imboscate, assassinii e incursioni mordi e fuggi contro le pattuglie nemiche. Fu la prima guerra moderna non convenzionale al mondo. Queste strategie furono impiegate in modo devastante contro gli invasori francesi e statunitensi nei tre decenni successivi.
Il controllo della missione fu formalmente ceduto da Londra ai generali francesi alla fine del marzo 1946 e la maggior parte delle sue forze lasciò Hanoi. La Francia fu incoraggiata dal successo percepito dell’intervento della Gran Bretagna, credendo che le forze di Ho Chi Minh non avrebbero potuto resistere a un altro assalto condotto da un esercito ‘civilizzato’ e professionale. La fine di questa illusione portò Parigi a lanciare una nuova guerra totale contro Hanoi nel dicembre di quell’anno.
[…] Nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna ingaggiò una serie di guerre segrete in ogni angolo del mondo, mentre il suo potere finanziario e militare veniva rapidamente meno. In molti casi, Washington intervenne successivamente, sostituendosi a Londra e assumendo la gestione di crisi ed emergenze in terre lontane dai propri confini mentre, nel frattempo, l’impero britannico declinava. Gli ultimi 80 anni hanno visto l’America impegnarsi a padroneggiare la duplice eredità del colonialismo e del divide et impera ricevuta in dote dal suo ex padrone imperiale.
N.b. Nella foto di copertina soldati giapponesi al comando di ufficiali inglesi. Tratta da “The British in Vietnam” di George Rosie.