Guerra ucraina: «Fanculo Europa»
Tempo di lettura: 4 minutiL’entusiastica dimostrazione di affetto per il Vecchio Continente che abbiamo usato per titolare questa nota non appartiene a Salvini o ad altri veri o asseriti anti-europeisti del nostro continente, ma a un’autorevole e rispettata esponente dell’establishment Usa, la signora Victoria Nuland, moglie del politologo Robert Kagan.
Non infastidite Victoria fanculo
La famiglia Kagan merita un ritratto, ma sul punto rimandiamo all’appendice della nota, per ora ci soffermiamo sulla Nuland, sottosegretario di Stato per gli affari politici dell’amministrazione Biden ed esponente di punta della politica estera Usa, la quale ebbe a pronunciare quelle dolci parole al tempo del colpo di Stato di Maidan (vedi il video del Guardian), del quale essa fu artefice, facendosi filmare anche nell’atto di distribuire pane ai manifestanti.
La donna ebbe a usare quell’espressione perché infastidita da alcuni leader europei che si erano permessi di intromettersi nella sua rivoluzione, che coronò intronizzando come primo ministro il suo pupillo Arseny Yatsenyuk, come documenta un’altra sua conversazione (BBC).
La Nuland appartiene alla ristretta élite neocon grazie soprattutto al marito, rampollo del fondatore dei neocon, un gruppo di intellettuali che hanno predicato la necessità per gli Stati Uniti di dar vita a una politica estera aggressiva per conservare il primato globale.
Tale ambito è diventato la voce ufficiale l’apparato militare industriale Usa e ha imperversato negli ultimi decenni, ispirando e legittimando tutte le avventure belliche di Washington, da quella irachena a quella afghana etc.
Oggi i neocon sono il motore intellettuale dell’ingaggio della Nato nella guerra ucraina. Un ingaggio che va via aumentando, arrivando ora a comprendere anche la possibilità di fornire jet a Kiev.
Riportiamo, sul punto, quanto scrive Jonathan Cook su Antiwar: “C’è una logica nel modo in cui opera la NATO. Passo dopo passo, si immerge sempre più in profondità nella guerra. Ha iniziato con le sanzioni, seguite dalla fornitura di armi difensive. È poi passata all’invio di armi più offensive, inviando aiuti che finora hanno toccato un totale di circa 100 miliardi di dollari solo dagli Stati Uniti”.
Dopo i panzer è il turno dei jet
“E ora la NATO sta fornendo armi essenziali per condurre una guerra di terra. Perché non dovrebbe unirsi alla battaglia per la conquistare supremazia aerea? O come ha recentemente osservato il capo della NATO, Jens Stoltenberg, facendo eco al romanzo distopico di George Orwell1984 : ‘Le armi sono la via per la pace’”.
Il punto è che se si inviano jet militari, come da pulsioni suddette, l’escalation potrebbe arrivare a un punto di non ritorno, innescando un conflitto su scala europea. Anzitutto perché i missili dei Jet potrebbero colpire in territorio russo, ma soprattutto per un altro il fattore, ancora più importante.
I jet abbisognano di basi aeree. Ma immaginare che tali aeroporti possano godere di una confort zone nell’Ucraina in guerra è utopia allo stato puro. Se i velivoli Nato arrivassero a Kiev, si aprirebbe la caccia alle loro basi aeree. E tali infrastrutture non sono mimetizzabili né mobili come gli Himars o i carri armati.
I russi li individuerebbero facilmente e altrettanto facilmente li prenderebbero di mira con missili e droni. Alcuni sarebbero intercettati, ma non tutti. In pochi giorni tali basi sarebbero messe fuori uso e, con queste, anche i jet che li ospitano.
Si tratta di velivoli che costano miliardi di dollari. La Nato non si rassegnerebbe facilmente a vedere i suoi giocattoli vanificati tanto facilmente.
Da cui due possibilità. La prima è quella di farli decollare da aeroporti in uso all’aviazione civile, costringendo i russi a decidere se rendere o meno inutilizzabili anche questi, finora risparmiati. Con tutte le conseguenze del caso.
Possibile scenario: un avvertimento previo a sospendere i voli, con alcune compagnie che si rifiuterebbero di accattare; lancio di missili e droni, alta probabilità di vittime civili di voli internazionali (vere o inventate che siano) e via così con l’escalation.
La seconda possibilità è quella di far decollare i velivoli da basi aeree non ucraine, cioè dalla Polonia o altri Paesi limitrofi. Invitando così i russi a colpire delle infrastrutture Nato.
UE braccio “civile” della NATO
Tanta la follia in tutto ciò, che il presidente polacco Andrzej Duda, dopo aver snocciolato le numerose difficoltà logistiche legate all’invio dei jet, ha avvertito che tale eventualità richiede comunque “una decisione congiunta” (Politico). Già, prima di fare il passo, vuole avere la spalle coperte dalla Nato. Si ricordi che la Seconda guerra mondiale iniziò in Polonia…
Eppure politici e i media sedicenti “europeisti” non solo non allarmano sul pericolo, ma addirittura sono possibilisti su tale escalation. Nulla importando che tale passo, voluto fortemente dai neocon Usa, serve non solo a indebolire la Russia, ma anche a soggiogare l’Europa sempre più alla Nato, e quindi a Washington.
Su quest’ultimo punto una riflessione del politologo britannico Richard Sakwa, riferita da Coock su Antiwar: “Invece di una visione che abbraccia l’intero continente, [l’Unione Europea] è diventata poco più che la sezione civile dell’Alleanza atlantica”.
Idea che Sakwa ha ribadito in altra forma, sintetizzata così da Jonathan Steele sul Guardian: “La prospettiva di una maggiore indipendenza europea preoccupava […] Washington e il ruolo della NATO è stato, in parte, quello di mantenere il primato degli Stati Uniti sulla politica estera europea”.
Il paradosso di tutto ciò è quindi che gli asseriti europeisti stanno ballando sulle note di uno spartito scritto per loro da Nuland & c., dal titolo, appunto, “Fanculo Europa”.
Appendice. Marito della Nuland è Robert Kagan, figlio di Donald, che è stato il fondatore dei neoconservatori americani, testimone che ha poi lasciato ai figli, che con lui hanno condiviso il documento che ha informato la politica estera americana degli ultimi decenni, il Progetto per un nuovo secolo americano.
I figli continuano alacremente tale opera. Robert grazie all’influenza del Council on Foreign Relations, think tank del quale è membro più che autorevole, Frederick grazie all’American Enterprise Institute, think tank similare e altrettanto influente (un articolo del Foglio dà conto della sua rilevanza sia nel conflitto iracheno che in quello afghano).
La moglie di Frederick ha fondato ed è presidente dell’Institute for the Study of War (al quale collabora il marito) che è l’organo di riferimento, – consultato in stile oracolo – dei media mainstream americani per quanto riguarda la guerra ucraina, come spiega bene un articolo di Responsible Statecraft (tale informazione viene poi riciclata dai media mainstream delle colonie, con il classico effetto a cascata).