Haaretz: la guerra è tutt'altra da quel che ci raccontano...
L’ottimismo sull’andamento della campagna di Gaza, propalato a piene mani dai politici israeliani e dalle forze di difesa israeliane (IDF), inizia a mostrare crepe. Le loro dichiarazioni, benché sempre incrollabili sulla certezza della vittoria finale, hanno perso l’iniziale slancio, tanto che iniziano a dire che la guerra durerà mesi e addirittura anni.
Per quanto riguarda l’IDF e tanti politici il prolungamento della scadenza temporale discende anzitutto dalla necessità di dimostrare una volontà ferrea sul conseguimento degli obiettivi e un rigetto totale delle richieste di un cessate il fuoco, ma è frutto anche di una presa di coscienza che gli obiettivi dichiarati all’inizio della guerra erano irrealistici.
Lo denota anche la nuova declinazione di tali obiettivi: non più l’eliminazione di Hamas dalla faccia della terra, ma la distruzione delle sue capacità militari nella Striscia, la sua eliminazione dalla scena politica del post-Gaza e la liberazione degli ostaggi.
Il conflitto è meno facile del previsto e l’esercito israeliano rischia di rimanere impantanato in una guerra di logoramento che potrebbe non essere in grado di sostenere per gli eccessivi costi che comporta, sia a livello economico che in termini di vite umane.
Haaretz: Hamas non è stata degradata
Sul punto riferiamo quanto scrive su Haaretz Yitzhak Brik: “Sulla base delle informazioni che ho ricevuto dai soldati e dagli ufficiali che hanno combattuto nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra, sono giunto alla seguente conclusione: il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane e gli analisti militari ospiti degli studi televisivi presentano un quadro falso sulle migliaia di miliziani di Hamas morti e sullo scontro diretto tra le nostre forze e le loro”.
“Il numero di miliziani di Hamas uccisi dalle nostre forze sul campo di battaglia è molto inferiore [ai numeri ufficiali]. La guerra per lo più non si combatte faccia a faccia, come sostengono il portavoce e gli analisti. E la maggior parte dei nostri morti e feriti sono stati colpiti dalle bombe e dai missili anticarro di Hamas”.
“I terroristi di Hamas emergono dagli imbocchi dei tunnel per piazzare bombe, posizionare trappole esplosive e lanciare missili anticarro contro i nostri veicoli blindati, per poi scomparire di nuovo nei tunnel. E l’IDF attualmente non ha soluzioni rapide per la lotta contro Hamas, i cui miliziani per lo più si nascondono nei tunnel”.
“È chiaro che il portavoce dell’IDF e gli alti funzionari della difesa vogliono dipingere la guerra come una grande vittoria prima che il quadro diventi chiaro. A questo scopo stanno portando a Gaza i reporter dei principali canali televisivi per filmare ‘immagini trionfali’. Questa è la guerra più fotografata mai intrapresa da Israele, forse anche nel mondo intero”.
“Ma creare immagini trionfali prima ancora che ci avviciniamo a raggiungere i nostri obiettivi potrebbe rivelarsi molto dannoso se tali obiettivi – distruggere le capacità di Hamas e liberare gli ostaggi – alla fine non venissero conseguiti completamente. Sarebbe stato meglio essere più modesti”.
Distruggere i tunnel di Hamas: fantasia e realtà
“[…] La distruzione dei tunnel di Hamas richiederà molti anni e costerà molte vittime a Israele. Anche l’esercito ora ammette che ci sono centinaia di chilometri di tunnel, situati in profondità, con molteplici diramazioni. Alcuni hanno anche più diramazioni, con molte zone ottimali per dar vita a uno scontro. Hamas li ha costruiti nel corso di decenni con la consulenza dei massimi esperti del settore. Collegano Gaza in lungo e in largo e alla penisola del Sinai sotto la città di Rafah”.
“[…] Molti ufficiali che combattono a Gaza mi hanno detto che sarà molto difficile, se non impossibile, impedire ad Hamas di ricostituirsi,, anche dopo la devastazione delle sue basi ad opera dell’IDF”.
“Questo sforzo richiederà di mantenere grandi forze a Gaza per molti anni a venire e di continuare a combattere i combattenti di Hamas, che emergeranno dai tunnel, lanceranno missili anticarro, posizioneranno bombe, trappole esplosive e causeranno molte perdite all’IDF”.
“Di conseguenza, sarà necessario abbandonare le dense aree urbane e agire in modo più chirurgico, attraverso raid e attacchi aerei basati su precise informazioni di intelligence”.
“I politici e gli alti funzionari della difesa sono in grado di far fronte a uno scenario del genere? In alternativa, sono in grado di pensare a soluzioni più creative, che non ci veda emergere come trionfatori che hanno ottenuto tutti gli obiettivi, ma, al contempo, neanche come i grandi perdenti?”
Il 7 ottobre e i guru attuali
Dello stesso tenore un articolo di Paul Rogers sul Guardian dal titolo: “Israele sta perdendo la guerra contro Hamas, ma Netanyahu e il suo governo non lo ammetteranno mai”.
Non si tratta di esaltare le capacità militari di Hamas, solo di dar conto che la realtà, anche al di là dell’aspetto umanitario – a quanto pare non interessante per la leadership israeliana – urgerebbe un ripensamento di Tel Aviv sulla guerra, che oltre che brutale, appare insensata e distruttiva anche per la stessa Israele, sia per quanto scritto sopra sia per l’isolamento internazionale che si è attirata per la ferocia dispiegata.
Si ricorda che anche il Sudafrica dell’Apartheid resistette indomito e per lungo tempo alle pressioni internazionali e all’isolamento, per poi essere costretto a piegarsi. Certo, non godeva del sostegno di quella parte di ebraismo internazionale di cui oggi gode Tel Aviv, ma aveva dalla sua le miniere tra le più ricche del pianeta che gli garantivano una rete di sponsor potenti. E soprattutto non doveva gestire una conflittualità complessa come quella in cui si trova impelagata Tel Aviv.
Ma su tale irriducibilità vale quanto annota ancora Brik. Gli analisti e i militari israeliani consegnati a questa visione irenica sono gli stessi che prima del 7 ottobre assicuravano che Israele ormai poteva crogiolarsi in un’assoluta sicurezza… invece di fare mea culpa per il passato, perseverano. E continuano a essere interpellati come guru.
Infine, al di là della legione dedita a incensare ciecamente le glorie israeliane e ai suoi tanti sponsor, c’è un altro ostacolo che si frappone alla tregua: Netanyahu, per il quale la prosecuzione della guerra è questione di vita o di morte. Variabile nefasta che ostacola non poco la soluzione del conflitto.