Haiti: il presidente Moise ucciso per favorire il traffico di droga
Tempo di lettura: 4 minutiLa cosa migliore per gli Stati Uniti riguardo Haiti è che Jovenel Moïse fosse messo da parte e avviare “l’opzione del primo ministro”. Così Pamela White, ambasciatrice Usa ad Haiti dal 2012, in un’audizione alla commissione affari esteri della Camera nel marzo 2021. Nel luglio dello stesso anno il presidente haitiano veniva assassinato.
Il fastidioso Moise
L’intervento della White è riportato da The Intercept. Interpellata da Ted Deutch, esponente del partito democratico della Florida, sulla situazione di Haiti e sul “fastidioso” Moise, la White rispondeva: “Sarebbe bello se si dimettesse, ma non credo che lo farà […]. Quindi penso che se lo mettiamo da parte […] e si trova un primo ministro nominato non corrotto” sarebbe meglio.
Nel caso di una sostituzione di Moise, ha proseguito la White, bisognerebbe procedere con la sostituzione dei membri del Cep – il Consiglio elettorale creato dagli Stati Uniti dopo il colpo di Stato che rimosse Jean Bertrand Aristide nel 2004 e che da allora ha supervisionato le varie elezioni haitiane – per crearne uno “credibile”.
Un punto sul quale concordava Deutch che, ponendo un’altra domanda alla White, esordiva dicendo che qualsiasi votazione “supervisionata dall’amministrazione Moïse sarebbe automaticamente vista dal popolo haitiano come illegittima” e concordava con l’ex ambasciatrice sul fatto che Moise fosse un problema.
Punto di discussione della seduta era anche il fatto che Moise, eletto nel 2017, pretendeva che il suo mandato scadesse nel 2022, come peraltro riconosciuto anche dal governo degli Stati Uniti, dall’Organizzazione degli Stati Americani e dalle Nazioni Unite, ricordava la stessa White, la quale però contrapponeva il parere di alcuni esperti haitiani e americani che reputavano dovesse scadere prima.
Interpellata da The Intercept, la White ha ovviamente negato che si stesse tramando qualcosa contro Moise. Resta il fatto che questi è stato ucciso nel luglio successivo e Haiti ha conosciuto l’opzione Primo ministro, dal momento che a prendere il suo posto è stato Ariel Henry, nominato da Moise primo ministro il giorno precedente al suo assassinio.
L’esperto di Covid i rapporti con gli assassini di Moise
Henry, neurochirurgo, aveva già ricoperto ruoli politici e prima di assumere la carica faceva parte dell’organo che “sovrintendeva alla risposta del Paese al Covid-19, mentre in precedenza era stato cooptato nel Council of Sages, un gruppo di sette leader haitiani sostenuto dagli Stati Uniti”.
Lo scorso settembre, ricorda The Intercept, un magistrato haitiano ha accusato Henry di aver avuto un ruolo nell’assassinio di Moise, accusa che aveva suscitato l’ira del nuovo presidente, il quale ne aveva chiesto la testa al capo della procura. Non avendolo proceduto, Henry ha licenziato entrambi, procedendo poi con lo scioglimento del Cep, come da auspici della White.
In particolare, il magistrato aveva chiesto conto al presidente dei suoi contatti con Joseph Felix Badio – protagonista della trama per assassinare Moise – sia prima che dopo il crimine.
Contatti confermati poi da Rodolphe Jaar, complice di Badio, in un’intervista al New York Times, nella quale l’uomo d’affari haitiano ha spiegato di aver accettato “di unirsi alla cospirazione perché il signor Badio e altri membri del gruppo gli avevano detto di avere il pieno sostegno degli Stati Uniti”.
Sull’assassinio di Moise e sulle sue ombre abbiamo scritto in precedenza, raccontando come fu assassinato da un commando di mercenari assoldati da un’Agenzia specializzata in Sicurezza con sede in Florida, che ha approcciato la residenza presidenziale invitando i cittadini alla calma e spiegando che si trattava di un’operazione della Dea, l’anti-droga Usa.
Alcuni componenti del commandos, si è saputo dopo il loro arresto, erano informatori della Dea, tanto che uno di loro ha anche contattato il suo attaché in Agenzia mentre cercava di eludere la caccia della polizia, che ha arrestato tutti i mercenari.
Moise e la Fondazione Clinton
A spiegare le cause dell’omicidio è sempre il New York Times: “Il presidente di Haiti Jovenel Moïse stava per fare i nomi. Prima di essere assassinato a luglio, aveva lavorato a un elenco di politici e uomini d’affari coinvolti nel traffico di droga di Haiti, con l’intenzione di consegnare il dossier al governo americano, secondo quattro alti consiglieri e funzionari haitiani incaricati di redigere il dossier. Il presidente aveva ordinato ai funzionari di non risparmiare nessuno, nemmeno i potenti che lo avevano aiutato a prendere il potere”.
Un’iniziativa alla quale aveva messo mano con atti concreti, nota il Nyt:, “Nei mesi precedenti la sua morte, Moïse ha preso provvedimenti per ripulire il dipartimento doganale di Haiti, nazionalizzare un porto usato per il contrabbando, distruggere una pista di atterraggio utilizzata dai trafficanti di droga e per indagare sul redditizio commercio di anguille, usato per riciclare denaro sporco”.
In particolare aveva messo sotto pressione Charles Saint-Rémy, detto Kiko, cognato dell’ex presidente Michel Martelly, uno degli uomini più potenti del Paese, che aveva scelto Moise come successore, ma aveva in Ariel Henry un suo uomo di fiducia, avendo questi ricoperto la carica di Ministro dell’Interno e delle politiche sociali durante la sua prima amministrazione, durata dal 2011 al 2016 (per inciso, anche la White, secondo media haitiani, ha un buon rapporto con Martelly).
La presidenza di Martelly è stata una svolta nella storia recente di Haiti. Appena uscita da un disastroso terremoto, gli Stati Uniti avevano avviato una massiva opera di ricostruzione, nella quale fece la parte del leone la Fondazione Clinton.
Sugli aiuti diretti ad Haiti c’è controversia. Sul punto si può leggere un vecchio articolo della Stampa: “‘Malagestione degli aiuti’: Haiti contro la Clinton Foundation“.
Per garantirsi quel ruolo, la Clinton, allora Segretario di Stato, si spese in prima persona per far eleggere il suo favorito, cioè Martelly, nelle elezioni del 2010, come dimostrano anche le e-mail della stessa pubblicate dal Centre for Economic Policy Research.
C’è del marcio ad Haiti, ma anche negli States non scherzano.