Haiti: si dimette il presidente, il caos continua
“Dal colpo di stato al caos: 20 anni dalla destituzione del presidente di Haiti da parte degli Stati Uniti”. Questo il titolo di un articolo di Responsible Statecraft del 1 marzo che racconta come a marzo di venti anni fa gli Usa fecero fuggire clandestinamente Jean-Bertrand Aristide, una fuga che “portò a compimento un colpo di stato che pose fine a un decennio di progresso democratico conquistato a fatica”.
Haiti: l’abisso dopo il golpe e l’assassinio del presidente Moise
Dal golpe, prosegue RS, “sono due decenni che la democrazia viene metodicamente smantellata dai regimi haitiani sostenuti dagli Stati Uniti. Haiti sta ‘celebrando’ l’anniversario del colpo di stato senza un solo funzionario eletto in carica e senza elezioni in vista, mentre la maggior parte degli haitiani si trova ad affrontare condizioni umanitarie catastrofiche”.
“Il governo degli Stati Uniti […] non aver costretto Aristide a fuggire. Ma resta che il colpo di stato del 29 febbraio 2004 ha destituito un leader che si era opposto ai dettami statunitensi. I successivi 20 anni di sostegno a governi avversi ad Aristide – la maggior parte dei quali non eletti o eletti in maniera irregolare – hanno impedito l’emergere di altri leader haitiani non conformi” agli interessi degli Usa.
Fin qui il passato, che ha sprofondato Haiti in un caos senza fine, fatto di fame, miseria, violenza da parte di gang che agivano nella totale impunità. Caos che in questi giorni si è affacciato sui media per via di una nuova crisi politico-umanitaria.
Ma prima di arrivare all’oggi occorre tornare al 7 luglio 2021, quando un commando di mercenari, arruolato da una Compagnia di sicurezza privata della Florida, uccide il presidente Jovenel Moise.
Moise aveva iniziato a irritare il vicino americano, tanto che Pamela White, ambasciatrice Usa ad Haiti, in un’audizione alla Camera ebbe a dire che era diventato “fastidioso” e sarebbe bene che si dimettesse, ma purtroppo non lo avrebbe fatto, concludendo: “Quindi ritengo che se lo mettiamo da parte […] e si trova un primo ministro nominato” sarebbe meglio (Piccolenote).
Il sostegno incrollabile ad Henry…
A succedere a Moise è Ariel Henry, che gode del favore degli Stati Uniti, che lo aiutano anche a evitare di indire nuove elezioni, promesse quando prese il potere. Durante il suo mandato, il caos, la fame e le violenze dilagano, come anche le proteste perché se ne vada. Ma gli Usa, per bocca del loro incaricato di Affari ad Haiti, ribadiscono il loro sostegno “incrollabile” al presidente.
Per sedare la piazza, Henry chiede l’invio dei caschi blu dell’Onu e “gli Usa spingono perché a guidare la missione sia il Kenya”, come titola Pbs, nonostante il fatto che alcuni organismi internazionali allarmino sulla violenza della polizia keniota e che le forze Onu non godano di buona fama ad Haiti, dal momento che precedente missione si è macchiata di crimini diffusi e ha portato il colera (oltre 10mila morti).
Ma il dado è tratto e Ariel Henry si reca a Nairobi per formalizzare la missione. È il 1 marzo, non tornerà più in patria. Le bande si sollevano e prendono il controllo di Port-au-Prince, la capitale, e di altre zone del Paese e chiedono le sue dimissioni.
All’aereo di Henry è impedito di atterrare, così vira verso la Repubblica Dominicana, che si divide con Haiti l’isola di Hispaniola, ma gli viene sbattuta la porta in faccia perché “persona non grata“. Non gli resta che atterrare a Porto Rico, dove rimane fino ad oggi e dove inizia a interloquire con il Segretario di Stato Usa Antony Blinken che, infine, si convince affinché getti la spugna.
In ballo adesso c’è la composizione di un governo di transizione che dovrebbe portare il Paese a nuove elezioni, sempre che si facciano.
Barbecue
Nel frattempo le bande imperversano e sui media si riversano notizie di violenze, stupri, addirittura cannibalismo. Protagonista assoluto di tale caos sarebbe Jimmy Chérizier detto “Barbecue”, a capo della banda più importante, al quale viene addebitato di tutto.
Questi, peraltro, si è esposto, avendo dichiarato pubblicamente che se Henry non si fosse dimesso si sarebbe scatenata “una guerra civile“, da cui il pericolo di un genocidio (parole che sono state riportare in tutt’altro modo, cioè che avrebbe minacciato un genocidio).
Dal momento che non ci fidiamo del mainstream, abbiamo cercato di scavare su Barbecue e abbiano trovato un’intervista a Kim Yves sulla CGTN che racconta tutt’altro, cioè che Barbecue avrebbe federato più bande per formare la sua G9, che avrebbe come scopo quello di contrastare la violenza delle altre bande.
E abbiamo trovato un’intervista dello stesso alla RAI nella quale respinge tutte le accuse, spiegando che è finito nel mirino perché non si è prestato all’assassinio di Moise e che lo scopo della sua banda è aiutare il popolo, aggiungendo che tanta gente, tanti bambini, ad Haiti non mangiano per giorni (vero e da troppo tempo).
Non facciamo di Barbecue un nuovo Che Guevara ed è ovvio che anche un padrino della mafia direbbe cose simili. Però, la sua disumanizzazione generalizzata, trattamento normalmente riservato a quanti infastidiscono l’Impero, e l’intervista alla RAI interpellano.
Sospendiamo il giudizio in attesa di una forza di pace, riguardo la quale Barbecue ha detto che sarà accolta a braccia aperte se farà del bene al popolo, con le armi se sarà l’opposto.
Vedremo, il puzzle haitiano deve ancora trovare una composizione, Da vent’anni, da quando da quando gli Usa patrocinarono il golpe contro Aristide e imposero i loro burattini a governarla (qui il cablogramma della Cia sul golpe di allora). Sarebbe il caso che gli Usa smettessero di “aiutare” Haiti e che siano gli haitiani a scegliere i propri governanti.
Ps. Sugli aiuti Usa ad Haiti, due piccoli esempi. Dopo il terremoto che devastò il Paese nel 2010, la Fondazione Clinton raccolse miliardi per la ricostruzione. Tutti concordano che fu un disastro, da chi edulcora a chi parla di furto generalizzato da parte della Fondazione. Altro piccolo esempio, la recente denuncia di uno studio dell’Università del Michigan, che ha rivelato come il riso inviato dagli States ad Haiti, che rappresenta la maggior parte delle forniture di questo alimento base al Paese, contiene “dosi non salutari di arsenico e cadmio” (vedi Reuters).