CNN: Hamas è ancora forte. WSJ: i riservisti dell'IDF logorati
Riportiamo quanto scrive Rachel Fink su Haaretz: “Un nuovo rapporto pubblicato lunedì dalla CNN rivela che quasi la metà dei battaglioni militari di Hamas nella Striscia di Gaza settentrionale e centrale hanno ripristinato parte delle proprie capacità di combattimento”.
La Cnn cita uno studio del Critical Threats Project dell’American Enterprise Institute realizzato insieme all’Institute for the Study of War, basato su informazioni trapelate da militari israeliani e di miliziani Hamas, ovviamente tutti anonimi, su filmati e interviste di esperti e testimoni oculari e dimostra che diverse unità di Hamas stanno ritornando in zone di Gaza “che l’esercito israeliano ha dichiarato di avere bonificato da tempo”.
“Secondo la nuova analisi, le unità [di Hamas] sembrano aver fatto un uso efficace delle risorse sempre più scarse, recuperando i resti dei loro battaglioni malconci. Al 1° luglio, solo tre dei 24 battaglioni delle Brigate al Qassam di Hamas […] sono stati completamente distrutti dalle forze israeliane”.
Otto battaglioni, pur “inefficaci al combattimento”, sono in grado di svolgere missioni limitate contro i soldati israeliani, mentre gli altri 13, pur “degradati”, sono in grado di condurre attacchi “in stile guerriglia”.
“Il rapporto della CNN si concentra sui 16 battaglioni di Hamas stanziati nella parte centrale e settentrionale di Gaza”, dove più si è concentrata l’operazione militare israeliana, per concludere che “le prove rivelano che su 16 battaglioni, sette sono stati in grado di ricostituire alcune delle loro capacità militari almeno una volta negli ultimi sei mesi”.
L’analisi evidenzia “due metodi distinti di ricostituzione, riorganizzazione e rigenerazione. Alcune unità delle Brigate al Qassam si sono riorganizzate unendo tra loro cellule gravemente degradate per creare battaglioni adatti al combattimento e altre si sono rigenerate reclutando nuovi miliziani e producendo nuove armi grazie al materiale esplosivo lasciato dietro di sé dalle forze israeliane”.
“Dal momento che i plotoni originali sono stati notevolmente ridotti, Hamas ora fa affidamento su tattiche di guerriglia, piazzando trappole esplosive e organizzando imboscate alle truppe israeliane quando entrano in una piazza o in un quartiere”.
Secondo un militare israeliano, Hamas ha reclutato “migliaia” di nuovi combattenti, anche se egli sostiene che sarà “molto difficile sostituire i comandanti morti”. La CNN ha intervistato anche diversi palestinesi, secondo i quali “la presenza di Hamas nel nord di Gaza è più forte di quanto si possa immaginare”.
“La nuova inchiesta – conclude la Fink – getta seri dubbi sulle ripetute affermazioni del primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu secondo il quale le forze israeliane stanno per raggiungere il loro obiettivo dichiarato di eliminare Hamas e distruggere le sue capacità militari”, una prospettiva ribadita al Congresso degli Stati Uniti riunito in sessione congiunta ad ascoltarlo durante la sua recente visita negli States.
Il logoramento dei riservisti
Il dossier della CNN fa pendant con un’inchiesta del Wall Street Journal dal titolo: “‘Tutto sta crollando’: i riservisti israeliani affrontano il peso di una guerra prolungata”. Questo il sottotitolo: “Mentre il conflitto a Gaza si trascina, i riservisti sono esausti, limitando le opzioni di Israele mentre valuta la guerra con Hezbollah”.
Il WSJ rileva come Israele punti molto sui riservisti, cittadini comuni richiamati alle armi, che rappresentano i due terzi del suo esercito, 300mila a fronte di 150mila soldati di professione. E “molti di questi soldati”, scrive il WSJ, dopo tanti mesi di guerra, “sono prossimi al punto di rottura. Esausti e in alcuni casi demoralizzati, stanno lottando per bilanciare gli oneri della famiglia e del lavoro con il servizio militare, mentre il pedaggio economico della loro assenza aumenta”.
“La pressione esercitata sulla forza lavoro militare è una delle ragioni per cui i funzionari israeliani sono titubanti a lanciare una guerra totale contro Hezbollah, che richiederebbe una analoga schiera di riservisti stanchi da mandare a combattere contro una potenza militare di gran lunga superiore ad Hamas”.
“Israele non si è preparato per una lunga guerra; abbiamo pensato a un grande attacco dell’aeronautica seguito da una rapida manovra delle forze di terra”, ha detto l’ex capo del Consiglio per la sicurezza nazionale israeliano Yaakov Amidror. “Più si allungano i tempi, più è problematico mantenere il supporto e la prontezza” dei militari.
La guerra contro le milizie sciite
“[…] Storicamente – prosegue il WSJ – Israele ha prosperato combattendo guerre di breve durata, durante le quali può contare sui riservisti e sui suoi schiaccianti vantaggi tecnologici”.
Ma stavolta è diverso, prosegue il WSJ, infatti, “le milizie armate, finanziate e addestrate dall’Iran, ora controllano fasce di territorio al confine con Israele. Allontanarle potrebbe richiedere anni, se mai fosse possibile. Hamas e Hezbollah hanno missili potenti, decine di migliaia di combattenti addestrati e infrastrutture significative […] mentre le milizie sostenute dall’Iran in Yemen, Iraq e Siria rappresentano anch’esse delle minacce”.
Non solo, in caso di una guerra contro Hezbollah, Hamas sarà più libera di agire. Da qui la necessità per Netanyahu di coinvolgere gli Stati Uniti, i cui soldati andrebbero così a morire per la causa israeliana contro le milizie sciite, e probabilmente anche contro l’Iran, ma anche per portare a compimento il genocidio di Gaza, perché tale sarebbe la prospettiva della Striscia in un conflitto siffatto.
Tante le incognite, tra cui l’impatto che potrebbe avere sull’opinione pubblica americana e sui cittadini d’Europa la guerra prolungata in Medio oriente e il genocidio di Gaza (una guerra mediorientale, tra l’altro, farebbe innalzare di molto i costi dell’energia globale).
Al di là dell’incerto futuro, restano le tante criticità registrate dalla CNN e dal Wall Street Journal, le quali, presentate da un punto di vista favorevole a Israele, hanno un valore ancor più forte. Rivelazioni che dicono anche che l’America sta tentando di dissuadere l’influente colonia dall’intraprendere nuove disastrose avventure. Forse non riuscirà nello scopo, ma le criticità evidenziate restano.
Come resta quanto riferisce Yedioth Aeronot: “Non meno di 10.000 soldati, uccisi o feriti nei lunghi mesi di scontri nella Striscia di Gaza, risultano oggi dispersi dall’IDF. Secondo i dati della Divisione di Riabilitazione del Ministero della Difesa, ogni mese circa 1.000 nuovi soldati si uniscono ai ranghi dei feriti fisicamente o con gravi traumi mentali”. Numeri finora rimasti riservati.