11 Febbraio 2025

Hamas sospende la liberazione degli ostaggi. Vince Netanyahu? (2)

Secondo il New York Times è ancora possibile un compromesso tra Hamas e Israele, ma di breve durata....
di Davide Malacaria
Hamas sospende la liberazione degli ostaggi. Vince Netanyahu? (2)
Tempo di lettura: 4 minuti

Il mondo è sospeso sull’abisso. Sabato potrebbe ricominciare la mattanza di Gaza, portando a compimento il genocidio. Ne abbiamo scritto nella nota pregressa, ci permettiamo, in questa, di concederci qualche cenno di speranza.

C’è ancora la speranza di un compromesso

Il primo lo riprendiamo da un articolo del New York Times che commenta la sospensione della liberazione degli ostaggi da parte di Hamas e le conseguenti minacce di Trump. “Nonostante le reciproche minacce di Hamas e del presidente Trump di far fallire la tregua a Gaza, questo martedì mattina funzionari e analisti della regione continuano a nutrire la speranza che l’accordo possa sopravvivere oltre il fine settimana, anche se forse non molto più a lungo”.

Trump to Meet Jordan’s King as Gaza Truce Hangs in the Balance

Infatti, “nel giro di poche ore, Hamas è sembrata ammorbidire la sua posizione. E anche la dichiarazione di Trump conteneva un cenno che suggeriva che avrebbe potuto non dare seguito alla minaccia”.

“[…] È probabile che raggiungeranno un compromesso prima di sabato”, ha detto Ibrahim Dalalsha, direttore dell’Horizon Center, un istituto di ricerca di Ramallah, Cisgiordania. “Ma questa crisi è il preludio di una crisi molto più grande che arriverà all’inizio di marzo”.

“[…] La situazione di stallo – chiosa il Nyt – ha evidenziato l’intrinseca fragilità dell’accordo e la sempre minore probabilità che duri molto più a lungo degli inizi di marzo, quando il cessate il fuoco è destinato a scadere a meno che Hamas e Israele non riescano a negoziare una proroga”.

Usa e Russia collaborano su Gaza?

Mentre Trump continua a ribadire con forza le sue posizioni, minacciando Egitto e Giordania di tagliare i finanziamenti Usa se non accoglieranno i palestinesi espulsi da Gaza (oggi il re di Giordania incontra Trump, mentre ieri a visitare gli Usa è stato il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty), qualcosa sembra muoversi altrove.

L’ambasciatrice americana a Mosca Lynne Tracy ha visitato il ministero degli Esteri russo per parlare con il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov, con il quale si è intrattenuta “sulle attività delle istituzioni diplomatiche russe all’estero”, come recita Ria novosti.

US envoy in Moscow held talks with senior Russian diplomat, RIA reports

Anzitutto, non è usuale che un ambasciatore si rechi presso un ministero del Paese ospitante. In genere avviene quando insorgono gravi criticità. E la criticità attuale è Gaza, che potrebbe sprofondare il mondo nell’abisso. Peraltro, l’informazione sul focus dei colloqui, le missioni estere della Russia, è talmente generica da essere sospetta (e di certo esclude il tema Ucraina).

Tale cenno può forse essere legato all’intervista dell’altro vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, responsabile per il Medio Oriente e i paesi africani, che al giornale Izvestia ha annunciato che a marzo il Qatar ospiterà la “quinta sessione della Commissione intergovernativa Russia-Qatar per la cooperazione commerciale, economica e tecnica”, aggiungendo che Mosca si sta relazionando “attivamente” con Doha per tale scadenza. Doha è la sede dei colloqui tra Hamas e Israele.

Witkoff a Mosca?

A tali cenni ci permettiamo di aggiungere un’indiscrezione circolata in rete, secondo la quale il “jet Gulfstream G650ER sarebbe atterrato intorno alle 10 ora locale (le 8 in Italia) all’aeroporto Vnukovo di Mosca”. Si tratterebbe del jet in uso a Steve Witkoff, l’inviato di Trump per il Medio oriente. Notizia non confermata, con il portavoce del Cremlino che ha detto di non avere nessuna informazione in proposito (ma avrebbe negato anche se la notizia fosse vera, nel caso di una missione segreta tanto delicata).

Inviato Usa per il Medio Oriente Witkoff a Mosca ma il Cremlino nega: “Non abbiamo contatti”

Al di là della veridicità o meno della notizia della missione riservata di Witkoff, che se vera sarebbe più che dirompente (da cui l’impossibilità, almeno ad oggi, di una conferma ufficiale), resta la visita dell’ambasciatrice Usa al ministero degli Esteri russo e i contatti intensi tra tale ministero e Doha.

Certo, le nostre potrebbero essere solo suggestioni, ma resta che solo se Stati Uniti e Russia lavoreranno in parallelo, magari col supporto di Pechino (che ha ottime relazioni con i Paesi arabi), si potrà, forse, frenare questa corsa al massacro. Sperare è esercizio arduo in questa temperie, ma prima di riprendere la conta massiva delle vittime palestinesi è un obbligo.

Netanyahu, l’incendiario

Quanto alla responsabilità del sabotaggio dei negoziati, anche il New York Times annota che la colpa non è di Hamas. Infatti, come scrive il media della Grande Mela, “il problema più serio è la diffusa percezione che Netanyahu stia tentando di indebolire i negoziati sulla proroga della tregua oltre l’inizio di marzo”.

Sul punto, anche il commento, su Haaretz, di Yossi Verter al discorso incendiario tenuto da Netanyahu dopo la frenata di Hamas sulla liberazione degli ostaggi. Un intervento aggressivo “provocatorio”, quello del premier israeliano, annota Verter.

Between Courtroom Misery and Knesset Victory Lap, Netanyahu Reduces Hostages to Footnote

Infatti, Netanyahu “ha fatto sapere ad Hamas che prima ancora che si materializzi il ‘Trumpsfer’ [lo sfollamento dei palestinesi da Gaza ndr.], Israele annienterà l’organizzazione. Quale incentivo ha Hamas a procedere con la fase successiva dell’accordo o, addirittura, a completare quella attuale? Netanyahu è un maestro nel fare dichiarazioni pubbliche che affossano i negoziati. Ha inviato una delegazione a Doha priva di autorità e mandato e così è tornata a mani vuote”…

Il 27 febbraio si riunirà un vertice di emergenza della Lega araba per affrontare la tragedia di Gaza alla luce delle prospettive di Trump e per formulare alternative. Tutti i paesi arabi hanno respinto il piano del presidente Usa, ma la tempistica tanto ritardata della riunione non suscita ottimismo.