I cavi sottomarini: l'atomica degli Houti
Da quando è iniziato lo scontro del Mar Rosso, con gli angloamericani intenti a bombardare gli Houti per supportare della mattanza di Gaza, di tanto in tanto abbiamo letto articoli sull’importanza cruciale dei cavi sottomarini che attraversano i fondali del mare yemenita. Ci eravamo ripromessi di scriverne prima o poi e l’occasione è venuta leggendo un articolo più che interessante di Ria novosti, media russo, di parte dunque (come di parte sono i media occidentali), ma molto ben informato.
Cavi sottomarini: una ragnatela mondiale
Tra il Golfo di Aden il Mar Rosso, si legge su Ria, “importanti cavi serpeggiano lungo il fondale marino, consentendo lo scambio di informazioni e transazioni commerciali per importi che oltrepassano di molto il valore delle merci stivate sulle navi” in transito, valore quest’ultimo che pure non è affatto indifferente (da qui passa il 12% del traffico marino globale).
“Di seguito . continua Ria Novosti – è riportato, a titolo di esempio, un elenco delle più grandi linee di comunicazione via di cavo che aggirano lo Yemen infilandosi nelle Stretto [di Bab el-Mandeb] per poi proseguire verso Nord”.
– “Il IMEWE (India-Medio Oriente-Europa Occidentale) è un cavo lungo 12mila chilometri che collega Arabia Saudita, Pakistan, India, Egitto con Italia e Francia. Larghezza di banda 3,8 terabit al secondo”.
– “Il FEA (FLAG Europe-Asia) è una linea lunga 28mila chilometri che, come un filo, collega Giappone, Corea del Sud, Cina, Thailandia, India, Emirati Arabi Uniti, Italia, Spagna e termina nel Regno Unito. Inaugurato nel 1997, ha un valore di oltre trecento milioni di dollari”.
– “Il cavo sottomarino Medio Oriente-Nord Africa (MENA), uno dei più recenti; inaugurato nel 2014, ha una lunghezza di poco meno di novemila chilometri e permette lo scambio di dati tra Karachi, Mumbai e la Sicilia alla velocità di 5,7 terabit al secondo”.
– “Ci sono poi i cavi dell’Europe India Gateway (EIG) 15mila chilometri di lunghezza, che assicura la connettività tra Emirati Arabi Uniti, Oman, India, Libia, Francia, Portogallo con terminale alla City di Londra. Cavo in fibre ottiche adotta il sistema “2+2”, 16 cluster di telecomunicazioni, per un valore di oltre 700 milioni di dollari”.
– “Nel 1999, poi, è stato inaugurato uno dei cavi sottomarini più grandi e lunghi del pianeta, il SeaMeWe, 39mila chilometri mozzafiato, una collana che inanella questi stati: Giappone, Australia, Filippine, Pakistan, Iraq, Turchia, Grecia, Portogallo e Germania. Nelle vicinanze si trova il fratello gemello SeaMeWe-4, che collega anche Myanmar e Malesia”.
Questi sono solo i cavi più importanti, più veloci e più costosi. Poi c’è il G2A (Gulf2Africa) per le comunicazioni tra Oman e Somalia” e altri più o meno importanti. Tra questi, Ria cita Il RAMAN di Google e su questo riportiamo quanto scriveva due anni fa Formiche, “collega l’India all’Italia passando per Israele ed evitando l’Egitto, conferma la nuova centralità del Mar Rosso“.
Ma torniamo a Ria Novosti: “Per visualizzare e comprendere le motivazioni delle azioni geopolitiche sarà utile guardare la mappa, cioè il tracciato di questi famigerati cavi. È piuttosto interessante, se non altro, perché bundle e tracciati disparati convergono in un unico data center sito a Gibuti. Per una strana coincidenza, qui si trova la più grande base navale americana della regione, vale a dire Camp Lemonnier, nella quale sono stanziati in via permanente più di cinquemila soldati e ufficiali”.
“La loro presenza garantisce il funzionamento affidabile e ininterrotto dell’hub per le telecomunicazioni di fondamentale importanza per decine di paesi compresi nelle prime venti economie del pianeta. Ed è uno di quei fili sottili, ma molto forti, che stringono la gola dell’Europa e di alcuni paesi asiatici – fili che a volte Washington tira”.
“Dopotutto, le telecomunicazioni moderne non servono solo a guardare videoclip sul telefono o a giocare con i carri armati in rete: le moderne tecnologie di comunicazione digitale permettono di realizzare miliardi di transazioni finanziarie per un ammontare di trilioni di dollari l’anno e l’interruzione di due o tre canali non comporta solo il fallimento di singole aziende, ma il collasso di intere economie statali”.
Gasdotti e vie di comunicazione sottomarine
“[…] Ameno quattro delle linee di comunicazione via cavo che abbiamo elencate si dipanano nel territorio dello Yemen e anche il percorso fisico delle restanti non è un segreto per l’esercito locale. È dubbio che gli Houthi abbiano le attrezzature adatte a un sabotaggio sottomarino, ma gli iraniani le hanno sicuramente […].
“Due anni fa, quando ebbe luogo l’attacco terroristico al [gasdotto] Nord Stream, Vladimir Putin avvertì la comunità occidentale che questa esplosione aveva sollevato il coperchio del proverbiale vaso di Pandora. Perché, da quel momento in poi, tutte le infrastrutture sottomarine critiche, che si tratti di un oleodotto o di un cavo in fibra ottica, sono diventati un bersaglio legittimo di un gioco senza regole”.
“E se tre condutture di gas sono esplose sul fondo del Baltico per ragioni ignote, chi può garantire che un giorno, da qualche parte nella zona di El-Mukalla, una dozzina di linee di telecomunicazione non sfregheranno accidentalmente contro le rocce? Allora, le parole di Putin furono prese molto sul serio dagli inglesi, che inviarono urgentemente navi da guerra con sommozzatori per controllare l’infrastruttura ingegneristica sottomarina”.
Quindi, dopo aver ricordato i fallimenti delle avventure militari americane degli ultimi anni, Ria conclude: “A giudicare dall’evidente riluttanza del Pentagono a farsi coinvolgere in una guerra diretta nella regione, Washington e Londra sono giunti alla conclusione che in caso di situazione critica, i granchi del Golfo di Aden potrebbero dimostrare di avere delle chele molto affilate”.
A corredo, si può annotare che, nel caso, gli Houti sceglierebbero con cura il loro bersaglio, evitando di arrecare gravi danni a nazioni che considerano amiche.