I diktat della Ue e le elezioni
Tempo di lettura: 2 minutiJames Galbraith, uno degli economisti più noti del mondo (figlio del più noto John Kenneth) si schiera con Tsipras e con la sua proposta di ristrutturare il debito. Ma non in modo metaforico: ha preso l’aereo e ora coadiuva il ministro delle Finanze della Grecia in questo braccio di ferro che lo vede impegnato contro il rigorismo intransigente dell’Unione europea. In un’intervista alla Repubblica del 9 marzo, dopo aver lodato il nuovo ministro delle Finanze greco, ha spiegato che Tsipras rompe gli schemi, da qui l’ostilità di Bruxelles.
E ha affermato: «Appena Tsipras pronuncia la parola “ristrutturazione del debito” che vuol dire allungare i tempi, aspettare la risalita del Pil per restituirli, forse concederne qualcuno nuovo, scatta la tagliola di opposizioni, di minacce, insomma la sindrome della paura […] Ho sentito qualche capo europeo esasperato perché ad ogni cambio di governo greco si sentono fare proposte nuove e si deve ricominciare daccapo: scusate, ma allora le elezioni che le facciamo a fare? Allora non le facciamo per niente e facciamo governare tutto alla Germania e alla Ue
».
Nota a margine. Istruttiva quest’ultima affermazione di Galbraith, anche per quanto riguarda l’Italia che da anni è governata da esecutivi che hanno un unico comun denominatore: non mettere in discussione, se non marginalmente, la politica di austerity e le conseguenti riforme imposte dalla Ue. In effetti, da anni in Italia il problema delle elezioni, così com’è esposto da Galbraith, è risolto alla radice: semplicemente non si fanno. E le ricette anti-crisi sono diretta emanazione dei desiderata di Germania e Ue…