21 Ottobre 2015

I droni killer dell'esercito Usa

I droni killer dell'esercito Usa
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«Un altro Snowden, stavolta senza nome, un nuovo dossier scottante, e lo stesso giornalista del Datagate, Glenn Greenwald: lui e i suoi colleghi di “The Intercept” rendono pubblici, dopo un’inchiesta durata mesi, i Drone Papers […] i dossier e le diapositive provengono da una fonte dell’intelligence americana,  svelano i meccanismi con cui il Pentagono procede agli attacchi con i droni. Come decide che qualcuno deve morire, chi lo decide, perché. Se il governo americano finora ha detto la verità, e se è vero, come l’amministrazione Obama ha sempre sostenuto, che “gli attacchi sono mirati”, che non colpiscono civili. Le carte dicono che non è così. Civili non meglio identificati finiscono nelle liste dei terroristi da eliminare». Così sulla Repubblica del 15 ottobre Francesco De Benedetti, nel quale si accenna che le liste delle persone da eliminare vengono stilate grazie al sistema di intelligence Josc (Joint Special Operations Command) e le operazioni vengono ordinate da un apposito centro di comando (titolo articolo: Usa, un nuovo Snowden svela i segreti dei droni: “anche civili negli obiettivi da eliminare”).

 

Nota a margine. Queste rivelazioni fanno riguardare i cosiddetti danni collaterali che hanno accompagnato le campagne militari Usa sotto altra ottica, anche se, a quanto pare, la pratica di tali attacchi era diffusa anche in «zone di guerra non dichiarata», giustificata nelle pieghe della campagna contro il terrorismo.

 

 

Sarebbe utile un approfondimento al riguardo, in particolare per quale motivo alcune persone vengano inserite in tale lista della morte. C’è il rischio di una soluzione militare (o criminale che dir si voglia) a controversie politiche. Tale vicenda sarà oggetto di inchieste indipendenti? In realtà le rivelazioni di Snowden non hanno sortito tale effetto… 

 

Tra l’altro, in base a tali documenti di intelligence, circa il 90% delle vittime di tali attacchi risultano essere dei civili… una percentuale talmente alta che non appare affatto casuale. 

La vicenda porta ancora una volta in evidenza le contraddizioni della pratica degli “attacchi mirati”, tattica militare sdoganata dopo l’11 settembre. Nel tempo l’azione militare in questione ha trovato un lugubre sinonimo: omicidio mirato. Quando il diritto internazionale viene calpestato la caduta verso la cronaca nera diventa alquanto facile, come trasformare dei soldati in killer.