Il fallito golpe in Bielorussia e l'assassinio fallito di Rául Castro
Tempo di lettura: 3 minutiFallito un tentativo di colpo di Stato in Bielorussia, sventato dalla Sicurezza bielorussa e dall’intelligence russa. A rivelare la trama, il leader bielorusso Aljaksandr Lukašėnka e l’intelligence di Mosca, ma a confermarlo, in maniera ufficiale, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, il quale ha aggiunto che del fallito golpe avrebbero parlato anche Biden e Putin nella loro recente conversazione telefonica (Ria novosti).
Al momento non è ancora arrivata alcuna smentita da Washington, che avrebbe dato direttive ai golpisti, i quali miravano a uccidere il presidente bielorusso e la sua famiglia e a spedire in prigione i suoi fedelissimi.
Il golpe sarebbe dovuto avvenire il 9 maggio, durante la parata militare. Non per nulla i golpisti, nelle loro conversazioni, si rifacevano a quanto avvenuto a Sadat, il presidente egiziano ucciso nel 1981 dai militari che sfilavano in parata (Andreotti raccontava che sul palco, vicino a lui, c’era Hosni Mubarak – che gli sarebbe succeduto – il quale si gettò a terra ben prima che i militari girassero le proprie armi per puntarle contro il presidente… preveggenza salvifica).
Principali organizzatori del golpe bielorusso, l’avvocato Yury Zenkovich, con doppia cittadinanza, la seconda americana e il politologo Aleksandr Feduta, i quali, secondo l’intelligence russa e bielorussa, lavoravano per conto della Cia o dell’Fbi.
Gli Stati Uniti probabilmente stanno studiando un modo per rispondere, dato che le smentite suonerebbero false, con gli antagonisti che sbandierano intercettazioni telefoniche e video; né possono ammettere sic et simpliciter di aver progettato un golpe contro un Paese alleato della Russia, per lo più dopo le accuse reiterate contro Mosca per le interferenza nei loro affari interni.
Da qui una sorta di silenzio assenso. Ma una conferma indiretta sembra venire da una fonte inaspettata. La NSA, la più importante Agenzia di intelligence Usa, ha de-secretato la documentazione relativa a un tentativo di assassinare Rául Castro, avvenuto nel 1961.
Non stupisce, dati numerosi tentativi di “interferenze” Usa nell’isola: il Guardian ha enumerato un “totale di 634 tentativi” di assassinio del fratello Fidel. Alcuni “ridicoli”, altri meno.
Quello ai danni di Rául prevedeva una morte per incidente durante un volo. Dell’assassinio era stato incaricato il pilota dell’aereo che lo trasportava. La CIA, all’ultimo momento, decise di annullare l’operazione, ma non riuscì a contattare il suo uomo, che però non ebbe modo di procedere.
Di interesse notare che questi aveva accettato una missione che poteva concludersi con la sua morte, simile in questo a un antenato dei kamikaze jihadisti: gli era stato promesso che, in caso di decesso, la CIA avrebbe provveduto a pagare gli studi ai figli (funziona così: trovare kamikaze non è così impossibile come sembra, né si trovano solo tra gli islamici…).
Il documento è stato de-secretato in costanza delle dimissioni di Rául da Capo di Stato dell’isola caraibica, ma anche in contemporanea con la denuncia del golpe in Bielorussia.
Non c’era alcun motivo cogente per fare tale rivelazione dopo le dimissioni di Rául, dato che si tratta ormai di acqua passata. Mentre la sincronia con le denunce russe e bielorusse del golpe di cui sopra potrebbe avere un suo senso segreto, perché suona a conferma di quelle rivelazioni.
Chissà se tutto ciò è casuale, o se siamo di fronte all’ennesimo capitolo della lotta che si sta svolgendo all’interno dell’apparato della Sicurezza e di intelligence Usa, che vede contrapposti i fautori dello scontro duro con Cina e Russia a quanti invece sostengono sia necessaria una concorrenza gestibile.
In altre parole, è possibile che i fautori della distensione internazionale abbiano inteso in tal modo accreditare le denunce russe e bielorusse, rendendo pubblica un’operazione che conferma un certo modus operandi degli apparati dell’Impero.
Al di là del dubbio, il golpe sventato in Bielorussia evidenzia che lo scontro tra Oriente e Occidente è ancora preda di pericolose convulsioni: cosa avrebbe fatto Mosca, nel caso di un golpe made in Usa in cui fosse stato ucciso un suo prezioso alleato?
E perché uccidere tutta la sua famiglia, con strage utile solo a drammatizzare ancor più l’evento? Interrogativi che vanno posti per capire il momento che viviamo, nel quale la follia è saldamente al potere.