Il senso di Netanyahu per le armi di distruzioni di massa
Tempo di lettura: 3 minutiIn un articolo pubblicato su al Monitor del 26 settembre, Akiva Eldar commenta la pressione di Benjamin Netanyahu sulla comunità internazionale, e sugli Stati Uniti in particolare, riguardo la presunta minaccia iraniana, che a torto, secondo il primo ministro israeliano, si immagina sia stata risolta attraverso l’accordo sul nucleare stipulato a suo tempo dal presidente Obama.
Un accordo che, secondo Netanyahu, dovrebbe essere denunciato, primo passo per affrontare con efficacia Teheran, la cui minaccia dovrebbe essere posta «al vertice» delle priorità dell’agenda internazionale.
Dopo aver ricordato che oggi tale priorità spetta di diritto alla crisi coreana, Eldar afferma che «gli Stati Uniti e i loro alleati in Medio oriente stanno ancora pagando il prezzo dell’ultima volta che gli israeliani, con Netanyahu in testa, hanno impresso il loro marchio all’ordine del giorno internazionale».
A tale proposito ricorda alcune significative esternazioni dell’attuale primo ministro israeliano riguardanti l’Iraq. Nel settembre 2002 Netanyahu avvertì i membri del Congresso degli Stati Uniti riguardo la minaccia nucleare irachena, spiegando: «Non c’è dubbio che Saddam [Hussein] stia cercando, stia lavorando e avanzando verso lo sviluppo di armi nucleari».
«Tutte le informazioni che abbiamo”, aveva affermato Netanyahu in altra occasione, «indicano che [Saddam ndr. ] stia perseguendo con slancio e con tutte le sue forze la creazione di armi di distruzione di massa, comprese quelle nucleari […] chi dice diversamente semplicemente non è obiettivo».
«Netanyahu», rammenta Eldar, aveva anche affermato «che il presidente iracheno Saddam Hussein poteva produrre il materiale necessario a tali armi in centrifughe “dalle dimensioni di lavatrici “, che potevano essere nascoste in tutto il paese».
Ancora Netanyahu: «Gli Stati Uniti devono distruggere il regime perché un Saddam armato di bomba nucleare mette a rischio la sicurezza di tutto il mondo […] quando Saddam avrà armi nucleari, i terroristi avranno armi nucleari».
Non solo Netanyahu. Nella stessa temperie, anche il generale Amos Gilad, allora direttore dell’Ufficio Affari Politico-militari della Difesa ed ex capo della divisione di ricerca dell’Intelligence Militare, aveva spiegato ai giornalisti: «Sappiamo che Saddam Hussein continua a cercare di ottenere armi nucleari […] probabilmente ha anche armi biologiche […] ritengo che se e quando gli americani entreranno in Iraq, troveranno cose che scuoteranno il mondo».
«Infatti il mondo fu scosso. E ancora oggi continua a esser scosso», conclude Eldar. Ma non per quanto rinvenuto in Iraq, ovvero nulla, quanto per la devastazione di quella guerra e il conseguente terrorismo di al Qaeda, del quale quella guerra fu brodo di coltura ideale. «Ancora oggi», scrive Eldar, «la diplomazia israeliana ha difficoltà a confutare l’affermazione che Israele ha trascinato gli Stati Uniti nell’inutile guerra in Iraq».
Ora, commenta il cronista israeliano, Netanyahu vorrebbe trascinare Trump in uno scontro contro l’Iran con motivazioni similari. Peraltro non tenendo conto che se Trump denunciasse il trattato siglato da Obama, potrebbe rimanere isolato. Probabile, infatti, che tale improvvida iniziativa, e le nuove sanzioni contro Teheran che certo la seguirebbero, abbiano come effetto quello di «aprire il mercato iraniano agli europei e ad altri», ad esempio Russia e Cina.
Tra l’altro, con tale iniziativa non si avrebbe più alcuna garanzia riguardo gli iraniani, i quali avrebbero tutto il diritto di «chiudere le proprie strutture nucleari agli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e sviluppare quello che vogliono nei propri siti».
Abbiamo riportato un ampio stralcio di questo articolo perché istruttivo riguardo il passato e di aiuto alla comprensione del presente. E se anche Eldar sembra preda di certa animosità verso il primo ministro israeliano, le dichiarazioni riportate hanno carattere oggettivo e inequivocabile.
Alla luce di quanto scrive Eldar, forse la spiegazione ricorrente che sarebbe stato Tony Blair a convincere George W. Bush a iniziare l’inutile, quanto tragica, guerra irachena, va quantomeno integrata. E forse la nomea di guerrafondaio che insegue Bush va un po’ attutita; non che non abbia le sue responsabilità, ma appare più pollo che aquila.
Detto questo, il parallelo che viene posto tra l’allarme infondato propalato allora sull’Iraq e quello attuale sull’Iran ha una certa suggestione e altrettanto certo fondamento.