Il virus cinese e l'ira funesta per gli aiuti sino-russi a Roma
Tempo di lettura: 3 minutiCellulari e computer italiani ieri sono stati inondati da un vecchio filmato, una vecchia puntata di Leonardo, del 2015, che raccontava di ricerche sul virus Sars in un bio-laboratorio sito a Wuhan. Video che suggerisce l’idea che il coronavirus sia stato creato nel laboratorio strategico in questione, sfuggendo al controllo degli scienziati cinesi (anche se a tali esperimenti, va specificato, ha partecipato anche una università americana del North Carolina).
La narrativa sul “virus cinese”
Sarebbe questa la prova documentale della costruzione del “virus cinese”, come viene definito dagli ambiti americani che alimentano tale narrativa.
Il video ha inondato la rete, spesso arrivando agli utenti da fonti sconosciute: alquanto evidente che erano al lavoro i famigerati bot, che diffondono automaticamente notizie per farle diventare virali.
In realtà è alquanto ovvio che i cinesi abbiano studiato la Sars; quando nel 2003 tale epidemia dilagò in Cina, il Celeste impero vacillò: l’alta mortalità del virus, quasi il 50%, ha falcidiato vite, abbattuto il Pil e chiuso la Cina al mondo per mesi.
Né sono gli unici a far ricerche indirizzate a individuare agenti patogeni. Gli Usa hanno una serie di laboratori simili, e anche più sofisticati, distribuiti sia sul territorio nazionale sia in giro per il mondo (Ucraina, Georgia, Africa, Sud Est asiatico: segnaliamo un articolo che ne redige un elenco, anche se non abbiamo cercato riscontri alle attività ivi svolte riferite dalla nota, particolare che ci appare secondario).
Italia sotto osservazione
Al di là della querelle sulla fuoriuscita del virus da Wuhan, va registrato con certa inquietudine il dilagare anche in Italia della campagna anti-cinese, di certo gradita agli ambiti che stanno osservando con manifesta irritazione l’ausilio contro il coronavirus che l’Italia ha ricevuto da Cina e Russia (vedi anche intervista di Edward Luttwak).
Tali ambiti temono che tale sostegno avvicini il nostro Paese a Mosca e Pechino, allentando il cordone ombelicale che ci lega agli Stati Uniti e alla Nato.
Nulla importando loro che tali aiuti, non pervenuti finora da altre parti (se non in misura minimale), abbiano contribuito a salvare persone. Particolare che invece potrebbe interessare non poco a queste ultime, ai loro familiari e ad altri italliani.
D’altronde gli Stati Uniti sono maestri nel creare narrative, come avvenne con i (pur belli) film western, che hanno riscritto la storia del genocidio degli indiani d’America, dove i buoni erano cowboy e giacche blu e i cattivi sempre, con rare eccezioni, i nativi sterminati.
The next pandemic
A proposito di filmati, si può registrare che Neflix, a novembre, ha lanciato tempestivamente una serie, The Next Pandemic, dedicata alle minacce poste dalla prossima pandemia.
In una puntata, anche un’intervista a Bill Gates, nella quale si avvertiva della minaccia che incombeva sul mondo (non era la prima volta che Bill lanciava tali avvertimenti, ma la serie ha dato all’allarme una completezza nuova).
Dopo lo scoppio della pandemia Bill Gates si è dimesso dal Cda della Microsoft, la sua creatura, per dedicarsi alle opere filantropiche (la sua Fondazione, Bill & Melinda Gates, è all’avanguardia per quanto riguarda ricerche su patogeni e vaccini).
Ceo cadenti
Se abbiamo accennato alle dimissioni del cofondatore di Microsoft è perché richiama una bizzarra anomalia registrata lo scorso anno nelle grandi aziende americane.
Così, l’8 novembre 2019, su Nbc: “Le dimissioni degli amministratori delegati hanno raggiunto un numero record quest’anno, con oltre 1.332 [Ceo] che hanno abbandonato nel periodo che va da gennaio a fine ottobre, secondo i nuovi dati pubblicati mercoledì”.
“Se non è insolito vedere Ceo che si dimettono nel bel mezzo di una recessione, è degno di nota registrare una tale ondata di dimissioni di dirigenti in un periodo in cui si registrano solidi guadagni aziendali e massimi record del mercato azionario”.
Nbc cerca di spiegare l’insolito fenomeno con diverse motivazioni, anche se in effetti nessuna appare convincente fino in fondo. Possibile che sia circolata tra le élite americane qualche notizia funesta che le abbia allarmate? Domanda che riteniamo legittima.
La partnership tra Germania e Cina
Al di là delle domande e delle risposte a tali coincidenze temporali, che tali al momento sono, resta, tornando al punto iniziale, l’inquietudine che sta suscitando l’aiuto russo-cinese all’Italia.
Sul punto si può registrare che non siamo l’unico Paese occidentale a cercare tali partnership. Di ieri una telefonata tra la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente cinese Xi Jinping.
Così Xinhua: “La Cina è disposta a condividere esperienze di prevenzione, controllo e trattamento [del coronavirus, ndr.] con la Germania, rafforzare la cooperazione nella ricerca e sviluppo di vaccini e medicine e contribuire alla salute e al benessere di entrambi i popoli e alla sicurezza globale della sanità pubblica”.
Cooperazione benvenuta, come anche quella con l’Italia. Aiuterà – o aiuterebbe – ad accorciare i tempi di risoluzione della crisi e a ridurre il numero delle vittime.