8 Marzo 2021

In morte di un ambasciatore (3)

In morte di un ambasciatore (3)
Tempo di lettura: 4 minuti

A sx. l’ambasciatore Luca Attanasio, a dx. il carabiniere Vittorio Iacovacci

Per sapere chi ha ucciso l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo bisogna guardare al Ruanda. Così su Nigrizia, il bollettino dei padri comboniani che da decenni hanno una loro missione proprio dove si è consumata la strage.

Una denuncia dettagliata e circostanziata quella dei comboniani, che di quella zona conoscono anche i sassi. E che ricalca quanto avevamo scritto a botta calda sul nostro sito, che quindi trova conferma autorevole, ma aggiunge particolari degni di nota.

L’ambasciatore non è stato ucciso a caso, in un’operazione di banditismo finita male, come d’altronde era ovvio, dato che a essere assassinati nel conflitto a fuoco, stranamente, erano stati solo due dei rapiti, l’ambasciatore e l’uomo che lo scortava, mentre nessun altro è stato ferito nel conflitto scoppiato nella boscaglia.

In morte di un ambasciatore (3)

Peraltro, l’agguato è avvenuto a soli 15 Km da Goma, vicino alla città, troppo rischioso per dei semplici banditi.

Secondo Nigrizia, Attanasio sarebbe stato ucciso perché voleva vederci chiaro sulla destinazione finale dei soldi indirizzati alle Ong del luogo (usati troppo spesso per finanziare la guerra continua nella regione, si può aggiungere senza tema di smentita).

E perché stava cercando di capire qualcosa delle stragi avvenute nell’Est del Paese, dove in tanti angoli sono nascoste fosse comuni. Le stragi, infatti, qui si nascondono sottoterra, perché il mondo non abbia contezza del genocidio che vi si consuma: il numero dei morti sarebbe insopportabile per la pubblica opinione e dovrebbero necessariamente avviarsi indagini internazionali.

In particolare, avrebbero destato allarme nei potenti le frequenti visite dell’ambasciatore al Panzi Hospital di Bukavu, dove incontrava “il dott. Mukwege – premio Nobel per la pace 2018 e strenuo difensore delle vittime innocenti, al punto di chiedere un Tribunale penale internazionale per la Repubblica democratica del Congo”.

Una denuncia aperta da parte di Attanasio avrebbe nuociuto alla spoliazione delle ricchezze sotterranee che la guerra continua, alimentata dall’esterno, consente (sul punto Nigrizia indica “Stati Uniti, Inghilterra e Canada che si spartiscono lo scandalo geologico’ dell’est della R.D.C”).

Particolarmente appetito è il coltan, necessario alle industrie tecnologiche, di cui quell’area è ricchissima. Estrarre a poco costo tale minerale, come accade grazie alla guerra, rende possibile calmierare i prezzi dei prodotti tecnologici di largo  consumo.

Ma veniamo al resoconto di Nigrizia, basato su fonti congolesi e ruandesi, particolare quest’ultimo più che importante.

L’interesse di Attanasio avrebbe irritato il Ruanda, che controlla, grazie ai suoi signori della guerra, quella zona del Paese, diventato, da quando c’è la lotta continua – iniziata agli inizi degli anni ’90, in concomitanza col boom dei telefoni cellulari – il primo paese esportatore di coltan al mondo.

A organizzare l’attentato sarebbe stato il “colonnello Jean Claude Rusimbi, ex militare nella rivolta guidata da Laurent Nkunda, signore della guerra indagato dalla corte internazionale per crimini contro l’umanità, oggi uno dei responsabili dell’intelligence ruandese nella regione militare del Nord Kivu”.

Questi avrebbe dato avvio all’operazione Milano e inviato, per portarla a compimento, “il luogotenente ‘Didier’ nei pressi di Goma. Quest’ultimo sarebbe arrivato sul posto domenica 21 febbraio con altri 4 soldati addestrati come killer”.

“Eseguito l’omicidio, gli assassini avrebbero fatto ritorno a Rubavu in Ruanda attraversando Kanyarucinya per fare rapporto a chi di dovere. Soprattutto alla testa dell’operazione: Paul Kagame, da oltre 25 anni presidente del Ruanda, e deus ex machina che controlla la regione dei Grandi Laghi per conto terzi”.

Come si vede, i dettagli abbondano, provenendo, evidentemente da fonti molto ben informate, alle quali c’è poco da aggiungere, se non che alcuni giorni dopo l’agguato è stato ucciso, nella stessa zona, anche William Assani, il magistrato congolese incaricato di indagare sui fatti. Un segnale alto e forte che certi fili non si toccano.

E che anche l’omicidio del carabiniere Iacovacci non è casuale: probabile terminale delle confidenze dell’ambasciatore, non doveva uscire vivo dall’assalto. Infine, secondo Nigrizia, quanto avvenuto sarebbe un segnale anche per il nuovo presidente della Repubblica Democratica del Congo, Felix Tshisekedi, che ha preso il posto del vecchio presidente, più che accomodante col Ruanda.

Un modo per dire al nuovo presidente chi comanda nell’Est del suo Paese, nel quale la garanzia diplomatica accreditata ad Attanasio da Kinshasa non era evidentemente considerata valida.

Infine, va segnalata la denuncia del giornale dei comboniani contro la Monusco, la forza di pace dell’Onu, decine di migliaia di soldati che costano un miliardo all’anno e non fanno nulla. E la domanda rilanciata da tanti sulla mancata scorta del convoglio.

Nulla da aggiungere se non che un bollettino dei missionari ha fatto che quel avrebbero dovuto fare i normali organi di informazione italiani, che hanno ben altro da scrivere, da Sanremo in giù.

E ciò nonostante si sia consumato un crimine gravissimo, che è anche un attentato contro lo Stato italiano. La notizia è ormai relegata ai margini della cronaca, senza alcun approfondimento. Nessuno chiede “verità per Attanasio”, come accaduto per Giulio Regeni…

Si spera che il governo italiano faccia qualcosa e non si limiti a ignorare il tutto come fa la stampa nazionale. In particolare, si spera almeno che garantisca la sicurezza dei missionari, che la denuncia per quanto successo al loro amico Attanasio, a Iacovacci e a Milambo, mette a rischio.