In morte di un giornalista coraggioso
Tempo di lettura: 2 minuti«Il nostro regista è stato assassinato con una pistola con silenziatore oggi»: questo il Tweet inviato dai collaboratori del giornalista e regista siriano Naji Jerf riportato sulla Repubblica del 28 dicembre. Direttore della rivista Hentah, Naji è stato assassinato nella città turca di Gaziantep, dove aveva trovato rifugio dopo aver abbandonato la Siria. Una destinazione provvisoria: era infatti in procinto di partire per la Francia che aveva accolto la sua richiesta di asilo.
Insieme ad altri diciassette «cittadini giornalisti» aveva creato Raqqa is slaughtered silently (Rbss, acronimo di Raqqa viene sterminata silenziosamente), un gruppo di anonimi cronisti che si è dato il rischioso compito di documentare gli orrori dell’Isis in Siria. Rbss di recente è stata insignita del prestigioso Press Freedom Award ed è da tempo nel mirino dei terroristi: alcuni di loro sono stati uccisi in Siria, mentre altri due membri della rete sono stati assassinati in Turchia nello scorso ottobre.
Nota a margine. Strana la modalità dell’assassinio: l’Isis non usa il silenziatore, anzi le sue operazioni sono caratterizzate dal clamore perché favorisce il dilagare del terrore. Colpisce anche il fatto che l’uomo sia stato colpito poco prima di partire per la Francia: evidentemente gli assassini erano a conoscenza della circostanza e hanno agito tempestivamente. Ben informati, dunque.
C’è chi ha protestato contro il regime di Ankara per non aver protetto una figura così a rischio, ma anche qui si è trattato di una protesta alquanto contenuta, se non silenziosa: Naji non est Charlie… D’altronde i giornalisti, quelli non organici al regime, in Turchia non hanno vita facile da tempo, tra morti ammazzati e incarcerati, e da tempo le cancellerie occidentali chiudono un occhio in proposito.