Iran: la scoperta del giacimento di litio e il viaggio di Raisi in Sud America
Tempo di lettura: 2 minutiLa primavera iraniana, intesa come stagione favorevole, si arricchisce di una nuova svolta: nel suo sottosuolo è stato scoperto un enorme giacimento di litio, secondo solo a quello del Cile. Si tratterebbe del 10% delle riserve globali di “oro bianco”, come viene comunemente chiamata tale risorsa, indispensabile per l’elettronica e la green economy (serve per le batterie delle automobili).
Il litio e lo slancio diplomatico di Teheran
Nel mondo, si legge sul sito ufficiale della Difesa del Pakistan, “i giacimenti economicamente sostenibili sono limitati e i fornitori del raro elemento sono pochi. In termini di mercato, con i suoi 8,5 milioni di tonnellate di riserve di litio, sarebbe impossibile ignorare l’Iran”.
“Di conseguenza, l’Iran può utilizzare il potenziale per attrarre investimenti stranieri e sfruttarli nei negoziati con l’Occidente per rimuovere le sanzioni”. In alternativa, può utilizzare tale leva per attutire le conseguenze delle sanzioni stesse.
Proprio sulle sanzioni è in corso una partita significativa, dal momento in questi ultimi giorni è inaspettatamente ripreso il dialogo con gli Stati Uniti per ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano (il cui recesso da parte di Washington aveva ripristinato le sanzioni pregresse).
Qualcosa di reale si è mosso in tal senso, tanto che sul tema è intervenuto persino l’ayatollah Khamenei, dichiarando che non ci sarebbe “nulla di sbagliato” in tale accordo.
Persino Netanyahu, pure ossessionato dall’Iran, ha avuto parole quasi di placet per quanto potrebbe avvenire, affermando che in realtà si tratterebbe di un’intesa minimale, con la quale Israele potrebbe addirittura “convivere” (Timesofisrael). Detto da lui…
Tali prospettive s’intersecano con quelle aperte dall’appeasement con l’Arabia Saudita (e a seguire con gli altri Paesi del Golfo), oltre che con il rafforzamento dei rapporti con alcuni Paesi latinoamericani, Cuba, Nicaragua e Venezuela (accomunati dalla stretta della sanzioni occidentali) nei quali in questi giorni si è recato a sorpresa il presidente Ebrahim Raisi (Reuters).
Israele si prepara alla guerra, ma…
Tutto questo sta irritando le fazioni più estreme di Israele, che percepiscono Teheran come un nemico assoluto, tanto che è stata istituita una nuova unità di intelligence dell’esercito dedicata a studiare scenari per una futura guerra contro il nemico regionale.
Nulla di nuovo in realtà, dal momento che Tel Aviv da decenni studia opzioni in tal senso. Tale scenario, però, resta sospeso a variabili troppo complesse per essere affrontate come un nodo gordiano che si possa tagliare di netto, dal momento che Israele sa perfettamente che, nonostante possa scatenare la sua potenza nucleare, sarebbe costretto a subire rovesci catastrofici.
Infatti, anche l’Iran da tempo si prepara a una possibile guerra con Tel Aviv, sia ampliando le alleanze nel complesso agone mediorientale che rafforzando i suoi delegati, anzitutto Hezbollah; senza cessare, al contempo, di implementare il suo apparato militare, al quale nei giorni scorsi ha aggiunto un missile ipersonico fatto in casa (almeno così è stato presentato).
Una vera e propria svolta che rende le minacce israeliane sempre meno mordenti e rendono più plausibile l’estensione dell’attuale livello di conflitto, che si gioca su altri e più segreti piani, con morti e feriti su ambo i fronti.
Riguardo questa guerra di attrito infinita dagli sviluppi imprevedibili, quanti sperano in una prospettiva migliore possono comunque attingere alle aperture dell’ex capo del Mossad Efraim Halevy, il quale lo scorso marzo dichiarò alla Cnn di sperare in un rapporto meno conflittuale tra i due Paesi.
Figura non certo trascurabile dell’establishment israeliano, Halevy potrebbe aver dato voce a un ambito israeliano ancora impossibilitato a parlare. Ma che potrebbe prendere forza se la prospettiva di una guerra con Teheran, evidentemente disastrosa per Tel Aviv, divenisse più concreta.