11 Dicembre 2018

Israele, Bennet e l'annessione dell'Area C

Israele, Bennet e l'annessione dell'Area C
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In Israele si è aperto il dibattito su una possibile annessione dell’area C della Cisgiordania, ovvero quella parte dello Stato di Palestina ad oggi sotto il controllo di Tel Aviv.

Bennet e l’annessione dell’Area C

Un’idea forte di Focolare ebraico, che il suo fondatore e leader Naftali Bennet aveva messo nero su bianco nel 2012. E rilanciata ultimamente anche dal ministro della Giustizia Ayelet Shaked, esponente di spicco di tale partito.

Ai palestinesi presenti nell’Area C, che costituisce il 60% della Cisgiordania e vede la presenza di numerosi insediamenti ebraici, verrebbe offerta la cittadinanza israeliana.

Le altre due aree della Cisgiordania (la A sotto il pieno controllo di Ramallah e la B che vede un controllo congiunto israelo-palestinese) verrebbero confederate con Gaza e godrebbero di autonomia (anche in questo scenario Tel Aviv non riconoscerebbe lo status di nazione alla Palestina).

A rendere la dirompente proposta oggetto di stretta attualità il fatto che Focolare ebraico è essenziale al governo di Netanyahu, che senza il suo appoggio cadrebbe.

Eventualità, quest’ultima, che, a quanto pare, non spaventa i leader di tale partito, convinti di fare il pieno di voti nelle eventuali elezioni anticipate per riproporre il progetto di annessione nel nuovo Parlamento.

Questo, almeno, è quanto si legge sui giornali israeliani, che dibattono su tale progetto. Tante le voci discordi, tra le quali spiccano quelle di alcuni esponenti dell’apparato di sicurezza.

L’allarme del Cis

Timesofisrael pubblica un articolo del generale Amnon Reshef, fondatore del Cis (Commanders for Israel’s Security), organo al quale fanno riferimento “286 generali dell’esercito, del Mossad, dello Shin Bet e alti funzionari di polizia”.

L’annessione dell’area C è stata analizzata dal Cis, spiega il generale, che ha messo  in allarme: l’iniziativa “scatenerà una reazione a catena [da parte palestinese, ndr.] che costringerà inevitabilmente Israele a riconquistare l’intera Cisgiordania e ad assumersi la responsabilità della vita di tre milioni di palestinesi”.

Israele perderebbe la sua identità ebraica, con grave nocumento anche della sua tenuta democratica. Non solo: si perderebbe anche il coordinamento degli apparati di sicurezza israelo-palestinesi, lasciando campo aperto al terrorismo e alla violenza.

Più che interessante il punto nel quale si sottolinea che “i centri con popolazione palestinese (noti come aree A e B), costituiscono 169 ‘isole’, tutte circondate dall’area C”.

Una situazione ingestibile: il costo per la costruzione di barriere e varchi sarebbe proibitivo. E anche se si riuscisse a creare tali infrastrutture, il loro controllo sarebbe più che problematico. Inoltre, assorbirebbe ingenti risorse militari, lasciando il Paese in balia di eventuali minacce esterne.

Minaccia esistenziale

Dello stesso tenore, un articolo di Yediot Ahronot a firma di Gadi Shamni, consigliere militare di due primi ministri d’Israele, che rincara la dose: data l’attuale forza di Israele, l’annessione dell’area C costituisce “l’unica vera minaccia esistenziale all’impresa sionista”.

Il progetto di Bennet, spiega Shamni, “sarebbe percepito nella regione e nella comunità internazionale come una decisione volta ad abbandonare la strategia negoziale, a determinare unilateralmente i fatti e a chiudere la porta a una futura separazione dai palestinesi”.

Anzi, egli si dice convinto, come altri del suo Paese, che “per la sicurezza di Israele, è il momento di divorziare dai palestinesi”. E conclude: “È imperativo respingere iniziative di annessione irresponsabili, e ciò deve essere fatto ora”.

Ancora una volta i militari israeliani si dimostrano più realisti e ragionevoli di alcuni rappresentanti politici del loro Paese, i cui sogni immaginifici sul futuro dello Stato d’Israele rischiano di trasformarsi in incubi per i palestinesi e per i propri concittadini.

Ps. La descrizione della Cisgiordania palestinese come un arcipelago di isole circondato da un mare controllato da Israele è reale. E dà la misura di quanto sia malato il rapporto tra i due popoli. Una patologia che purtroppo genera violenza. Da qui la ragionevolezza dell’invito di Shamni a una separazione rigeneratrice.

Nella foto, Naftali Bennet