Israele. Gantz: Credo nella speranza
Tempo di lettura: 3 minutiL’apparizione di Benny Gantz ha scompaginato la campagna elettorale israeliana. E Bibi Netanyahu, che già pregustava l’ennesima vittoria ad aprile, è preoccupato. Per la prima volta.
Un altro governo di destra e ultra-destra, dato per certo, è ora in dubbio. Una variabile nuova è entrata in Israele. E nel mondo.
Gantz e la speranza
“Credo nella speranza” è il titolo del discorso di esordio di Gantz. Una parola che non risuonava da tempo nella politica israeliana, dominata da una parola più inquieta: “sicurezza”.
Gantz non ha bisogno di ostentare quest’ultimo termine. È nel suo Dna di generale ed ex Capo di Stato maggiore dell’esercito.
E Gantz sembra aver parlato a nome e per conto dell’esercito, l’unica istituzione che goda credibilità unanime all’interno del Paese.
Da qui la sua autorevolezza e l’ondata di consensi che ha suscitato: i sondaggi lo danno come il vero sfidante di Netanyahu.
Non solo la speranza, anche la citazione di Rabin, “benedetta sia la sua memoria”, ha toccato corde profonde.
La Destra
Certo, tanto è cambiato dal tempo del generale che tentò la pace dei coraggiosi con i palestinesi, ucciso da un fanatico religioso. Quei religiosi che da allora hanno guadagnato un’influenza sempre più decisiva nella politica israeliana.
Un intreccio che ha suscitato critiche in tanti ambiti, esercito compreso (Reuters). E che sembra Gantz voglia ridimensionare in nome del sionismo e del patriottismo.
Certo, Gantz non è Rabin. E la sua proposta si rivolge a un Paese che guarda a destra, dove si gioca la vera battaglia.
Se vuole vincere deve rivolgersi a tale ambito, promettendo sicurezza ai coloni, l’annessione del Golan e che Gerusalemme rimarrà “la capitale del popolo ebraico e la capitale dello Stato di Israele”.
Temi critici, ma che, al di là di enunciati assertivi, possono riservare taciti compromessi.
D’altronde le indubbie vittorie di Netanyahu nei conflitti regionali e internazionali hanno creato un esercito di vinti intorno a Israele e seminato odio. Odio che si è riflesso all’interno dei confini israeliani. E Gantz deve tenerne conto.
I nemici
Da qui anche i duri moniti ai nemici regionali. Eppure nuovo è risuonato il messaggio agli storici nemici di Israele, Qassim Suleimani, Capo delle guardie rivoluzionarie iraniane, e Hassan Nasrallah, guida di Hezbollah.
“La furia regionale è finita – ha detto – Il popolo ebraico ha il diritto di vivere in pace e sicurezza, e non sotto costante minaccia. Non minacciamo la sovranità di Teheran o di qualsiasi altro paese e non tollereremo una minaccia alla sovranità israeliana“.
Come nuovi sono risuonati i cenni elogiativi ai trattati di pace fatti in un passato ormai remoto, come quelli con l’Egitto e la Giordania.
Tanto da aggiungere: “Tuttavia, se si scopre che non c’è modo di raggiungere la pace in questo momento, modelleremo una nuova realtà”.
Non è Rabin, né potrebbe esserlo. Ed è inutile che quanti ancora piangono il generale della pace si facciano illusioni.
E però è anche il Capo di Stato Maggiore che ha resistito, nell’ambito delle sue competenze, all’ordine di Netanyahu di portare un attacco preventivo contro l’Iran, che avrebbe scatenato l’inferno in Medio oriente (Piccolenote).
Generali
I generali sanno cos’è la guerra. E sanno meglio di altri le conseguenze di certe azioni.
E in un Medio oriente magmatico e periglioso, dove non c’è posto per la pietà, come (purtroppo) ha ricordato Gantz, forse è meglio che la barca israeliana sia condotta da un generale vero che da politici improvvisati generali.
La navigazione è lunga. Il sito Debka, bene informato, irride le possibilità di vittoria del generale. Né vanno dimenticati i tanti antagonisti che Netanyahu ha seppellito nonostante sondaggi sfavorevoli.
Ma la variabile Gantz ha il merito di aver aperto spiragli e prospettive inattese.