Israele: lo stallo politico e la guerra segreta al petrolio iraniano
Tempo di lettura: 4 minutiIn Israele si intrecciano frenetici i contatti per dare un nuovo governo al Paese. Netanyahu e i suoi acerrimi rivali stanno tentando di tutto per spostare dalla loro parte i piccoli partiti che rappresentano l’ago della bilancia, ma per far questo ambedue gli schieramenti devono riuscire nel difficile compito di assemblare maggioranze composite, con convergenze tra partiti di ultradestra e di centro-sinistra, di ultraortodossi e arabi israeliani.
Da qui lo stallo, che si intreccia con le manovre silenziose e meno silenziose che si dipanano nella regione, in particolare nella triangolazione Israele-Usa-Iran, che vede guerre segrete e pubblici proclami.
Tale confronto triangolare, infatti, è sospeso a quanto accadrà in Israele, data l’ossessione di Netanyahu per Teheran. Non che l’attrito sia destinato a scemare nel breve in caso di una sconfitta del premier, ma di certo una sua vittoria renderebbe più probabile quella catastrofica guerra contro l’Iran a stento trattenuta.
La guerra segreta contro l’Iran
Il confronto a tutto campo tra Israele e Iran, che si snoda in tutto il Medio oriente (e altrove), ha visto uno sviluppo imprevisto dal premier: i media israeliani hanno infatti riferito che da anni Israele ha ingaggiato una guerra segreta per sabotare le petroliere iraniane.
Ne fa una sintesi Haaretz, che spiega come tutto sia iniziato quando Trump, su pressione di Netanyahu e del capo del mossad, Yossi Cohen (e dell’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, si può aggiungere), ha stracciato l’accordo sul nucleare iraniano e ripristinato le sanzioni contro Teheran.
L’iniziativa rischiava di strangolare Teheran, così Qassem Soleimani, il Capo dei Guardiani della rivoluzione assassinato dagli Usa, organizzò un commercio clandestino del petrolio iraniano, attraverso società di comodo e bastimenti battenti bandiere non iraniane.
È prassi usuale quando si sta sotto embargo, ma Haaretz annota l’intelligenza con la quale Soleimani riuscì a organizzare tale traffico clandestino, annotando come d’altronde egli era “considerato un audace stratega e tattico ed era molto rispettato nelle comunità dell’intelligence sia statunitense che israeliana”.
Questo commercio sottotraccia non serviva solo a dare respiro all’economia di Teheran, ma anche a portare soldi a Hezbollah e a rifornire di petrolio la stremata Siria, dato che il suo petrolio è stato rubato prima dall’Isis e poi dagli Stati Uniti (a proposito di convergenze parallele…).
Così iniziò la guerra segreta dell’intelligence israeliano, che doveva individuare le petroliere usate dall’Iran e sabotarle, evitando però di affondarle per non provocare disastri ecologici.
Così, declina Haaretz, “in termini operativi, sabotare le petroliere senza farle affondare richiedeva un sofisticato uso di mine e ordigni” che andavano collocate “al di sopra della superficie dell’acqua”, cioè sopra la linea di galleggiamento delle navi.
Tecnica che può richiamare alla memoria quanto avvenne nel 2019, quando alcune navi in transito nello Stretto di Hormuz vennero danneggiate esattamente in questo modo, con attacchi attribuiti all’Iran che per poco non gli attirarono le bombe Usa.
Ma al di là delle coincidenze, resta che tale guerra segreta ha portato a danneggiare oltre 20 petroliere iraniane, causando un danno di circa mezzo miliardo di dollari a Teheran.
Rivelazioni e domande
Per Haaretzè è un danno che tali operazioni siano emerse dalla clandestinità, e che anzi Israele se ne sia fatto addirittura un vanto. Ciò perché, finché tutto era segreto, Teheran poteva tacere, sia per evitare escalation sia per non rivelare le falle del suo apparato di Sicurezza.
Ora che tutto è venuto alla luce, l’Iran non può più evitare di rispondere, da qui il danneggiamento di due navi appartenenti a imprese israeliane, una delle quali fa riferimento a Abraham (Rami) Ungar, “amico personale del capo del Mossad Yossi Cohen” (va però notato che l’Iran ha negato ogni responsabilità in merito, smentita credibile: non ha le capacità necessarie, ma questa è un’altra storia…).
Non solo, secondo Haaretz “l’ondata di segnalazioni [di danneggiamenti ndr.] sta anche infastidendo i circoli marittimi, che hanno paura di una destabilizzazione che inneschi un aumento dei costi assicurativi e provochi perdite” economiche.
Insomma, la rivelazione di tali atti di pirateria, o come altro si voglia definirli, ha creato criticità in Israele, che potrebbero portare a chiudere questa guerre segreta.
Di interesse la conclusione del giornale israeliano, che cerca di capire chi sia stato a rivelare tutto ciò. Due le ipotesi. La prima è che sia stato qualche funzionario dell’intelligence israeliana, mosso da egoistiche motivazioni personali.
Più interessante la seconda ipotesi, che vede protagonista la Casa Bianca, intenzionata a ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano e a rimuovere le sanzioni.
“Il confronto in mare” iniziato da Tel Aviv, secondo Haarez, danneggia tale prospettiva, che mira alla “stabilità” regionale. “Così l’unica domanda che resta da fare è se la nuova amministrazione sia la fonte da cui provengono le rivelazioni e stia cercando di segnalare a Israele di fermarsi”.
Nota di sicuro interesse, alla quale non resta da aggiungere che le rivelazioni in questione sono emerse in seguito a un gravissimo incidente con annesso disastro ambientale che ha interessato principalmente i mari israeliani e libanesi.
A causarlo, il danneggiamento di una petroliera (forse iraniana, forse no), che ha scaricato in mare parte del suo carico, un disastro sul quale sono sorte molte domande e avanzate diverse ipotesi, ma sul quale aleggia ancora il mistero.