Israele: non passa l'unità nazionale di Netanyahu. Tocca a Gantz
Tempo di lettura: 3 minutiIl presidente di Israele Reuven Rivlin conferisce a Benny Gantz l’incarico di formare un governo. Sembrava impossibile dopo la vittoria del Likud alle ultime elezioni, che Netanyahu ha pubblicizzato come un trionfo totale sui suoi nemici (almeno per quanti non sanno leggere oltre il dato superficiale, come spesso accade ai media mainstream).
Quella vittoria effimera, in realtà, è durata poco, e ora per il premier tutto si complica, anzi rischia la catastrofe, nonostante tutti gli sforzi profusi per restare al potere.
I suoi avversari gli rimproverano di aver utilizzato a tale scopo anche l’emergenza coronavirus, nella quale si sta dibattendo anche in Israele, con 255 contagi, di cui 5 persone in stato critico, e conseguenti quarantene e divieti.
Le avances di Netanyahu
Il premier, che aveva vinto ma era privo di una maggioranza parlamentare, aveva provato a rilanciare l’ipotesi andata a vuoto dopo le due elezioni precedenti, chiedendo al partito di centro guidato da Gantz, Khaol Lavan, di unirsi a lui in un governo di unità nazionale da lui presieduto.
I niet precedenti, aveva argomentato, dovevano cedere il passo davanti alla crisi coronavirus, che abbisognava di una risposta unitaria. Argomento forte, tanto che diversi media avevano dato l’accordo per fatto.
In effetti, l’apertura era arrivata, ma condizionata a un dialogo serio sulla gestione del potere. Gantz non era affatto intenzionato a mettersi supinamente al servizio del premier, come implicitamente richiesto.
Mentre avveniva questo faticoso dialogo a distanza, Netanyahu aveva fatto un’altra mossa, risultata una forzatura inaccettabile alle opposizioni cui aveva steso la mano: il suo ministro della Giustizia aveva dichiarato che lo stato d’emergenza riguardava anche il Tribunale, riuscendo così a far posticipare di due mesi l’inizio del processo a carico di Netanyahu.
Forse è stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso, forse no, sta di fatto che il pressing sulle opposizioni è andato in fumo. Anzi, queste lo hanno accusato di voler gestire la tragedia coronavirus per suoi scopi personali, per prolungare indebitamente il suo lungo regno (sul punto vedi anche Haaretz).
Il dialogo con i partiti arabi
Peraltro, mentre Netanyahu si muoveva come il timoniere di uno Stato preda della tempesta, certo che il suo mandato provvisorio fosse in realtà di sicura prospettiva, le opposizioni hanno intrapreso un dialogo fecondo con la Joint list, la coalizione dei partiti arabi, che nelle ultime elezioni ha avuto un exploit senza precedenti.
Arduo per Benny Gantz convincere i suoi a una tale alleanza, date le fratture tra arabi ed ebrei che attraversano la società quanto la politica israeliana. Ma alla fine è riuscito a convincere i suoi della necessità di tale alleanza, l’unica via percorribile per dare al Paese un governo alternativo a Netanyahu e per evitare una disastrosa quarta elezione consecutiva.
L’accordo può prendere forma, tanto che i deputati della Joint list hanno indicato Gantz come nuovo premier, accompagnando in tal mondo l’indicazione di Khaol Lavan, di Israel Beitenu e della sinistra.
Tali forze hanno la maggioranza alla Knesset: è possibile così un governo di centro-sinistra con l’appoggio esterno dei partiti arabi; un governo cosiddetto di minoranza, che però ha i voti necessari per governare e per varare una legge (già prospettata da tutti questi partiti) che impedisca a un politico sotto processo di guidare il Paese. Netanyahu sarebbe così messo fuori dai giochi (ma “il mago” può sorprendere).
Il realismo e i miracoli
Ma la mala parata potrebbe anche costringere Netanyahu a rivedere le sue opzioni, accettando un governo di unità nazionale guidato da Gantz. Vedremo.
Nel ricevere il mandato, Gantz ha promesso un governo “patriottico” ad ampio respiro, aperto al dialogo con gli arabi e con la destra religiosa. Un governo che “aiuterà la società israeliana a risollevarsi dal coronavirus, così come dal virus della divisione e dell’odio” (Timesofisrael).
Sembra una svolta vera. E se sarà governo di minoranza, sarà storica: è dai tempi di Rabin che non si dà una convergenza siffatta tra politici ebrei ed arabi. L’ex Capo di Stato maggiore israeliano oggi prestato alla politica era l’unico che poteva immaginare un tale rischiosissimo passo.
“In Israele per essere un realista devi credere ai miracoli“, diceva David Ben Gurion. “Io credo nella speranza”, con queste parole Gantz ha voluto iniziare la sua avventura politica.