Israele sotto attacco. Una Pearl Harbor mediorientale
Attacco a sorpresa dalla Striscia di Gaza contro Israele. Oltre alla consueta pioggia di missili, che reitera dinamiche usuali di scontri precedenti, un numero imprecisato di militanti islamici sono riusciti a infiltrarsi in territorio israeliano e hanno preso in ostaggio civili, cosa mai avvenuta in passato.
Una defaillance dell’esercito e dell’intelligence difficile da spiegare, anche perché quello di Gaza è il confine più controllato del mondo, mentre l’intelligence israeliana è infiltrata nel profondo nella Striscia e conserva da tempo contatti sottotraccia con il nemico.
I leader di Hamas hanno affermato che la dichiarazione di guerra segue le tante provocazioni dell’ultima settimana nei confronti della moschea di al Aqsa, che hanno toccato il picco quando migliaia di ebrei ultra-ortodossi sono sciamati verso il complesso dell’edificio di culto più sacro dei musulmani per celebrarvi la festività di Sukkot.
Tensione aggravata dagli episodi di violenza registrati negli ultimi giorni, in particolare la nuova incursione degli ultranazionalisti nella cittadina di Hawara, già devastata nel febbraio scorso.
Eppure, si tratta di cose che appartengono alla normalità di questo momento di tempo dello Stato israeliano, dove il diuturno conflitto israelo-palestinese, il duro regime al quale sono sottoposti i palestinesi e la reazione violenta di questi ultimi s’interseca con l’ondata di estremismo ultraortodosso che è dilagata nel Paese riuscendo ad assicurarsi le leve del potere.
Così nessuno si aspettava una reazione tanto dura e incisiva da parte delle milizie di Gaza, come denota la sorpresa che campeggia sui media israeliani. Mai israele è stata tanto ferita, così che quanto si sta consumando in questi giorni appare il preludio a una più ampia ecatombe palestinese.
Il premier Netanyahu, che appariva in difficoltà estreme, sia per le durissime proteste di piazza contro la sua riforma giudiziaria sia per le sussurrate critiche internazionali verso il suo governo di ultradestra, vede di colpo il Paese ricompattarsi attorno a lui e potrebbe addirittura porsi alla guida di un governo di unità nazionale. Anche la comunità internazionale, anch’essa sorpresa dall’attacco, non può che stringersi attorno a Israele e al suo leader.
Le vittime, le ferite subite da Israele in questi giorni, così come l’estremismo di alcuni dei suoi leader politici, fanno presagire una risposta durissima.
Al momento, è inutile lanciarsi in previsioni. Troppe le variabili in gioco, tra le quali la possibilità di un allargamento del conflitto ai palestinesi della Cisgiordania. Ci limitiamo a registrare l’accaduto, che per certi versi richiama alla memoria la tragedia di Pearl Harbor.
Cinquanta anni fa, il 6 ottobre del 1973, iniziava la guerra dello Yom Kippur, che ieri era ricordata da tutti i media israeliani.