L'Italia, la Belt and Road e il New York Times
Tempo di lettura: 2 minutiSul New York Times un lungo articolo sull’adesione dell’Italia alla Belt and Road, avvenuto durante la recente visita del leader cinese Xi Jinping.
“Con una mossa che segna il passaggio geopolitico da ovest a est – scrive Jason Horowitz sul Nyt -, l’Italia ha rotto con i suoi alleati europei e americani durante la visita della scorsa settimana dal presidente cinese Xi Jinping, ed è diventato il primo membro del gruppo delle 7 maggiori economie ad aderire ufficialmente al vasto nuovo progetto dell’infrastruttura globale One Belt One Road”.
Proprio quella Via della Seta che gli Stati Uniti considerano “minaccia strategica“, spiega il cronista del Nyt.
Uno sviluppo favorito non solo dal ritiro degli Stati Uniti dal mondo, aggiunge Horowitz, ma anche dal fatto che i sempre crescenti scambi inter-commerciali tra Pechino ed Europa hanno reso Washington distratta.
Quindi, ricordando il niet di John Bolton, spiega che l’avvertimento è arrivato troppo tardi.
Nella nota anche gli altri appuntamenti europei di Xi Jinping, durante i quali il presidente cinese ha siglato accordi commerciali miliardari.
Così fan tutti, dunque, ma fino a un certo punto, dato che l’adesione alla Belt and Road è onta che gli altri Paesi europei hanno evitato agli Usa.
Non solo, essi hanno affrontato Xi come fronte unito, facendo fronte contro il Dragone. L’Italia, dunque, sarebbe sola, alla guida di quello che il Nyt descrive come un processo che potrebbe portare l’intero continente nell’orbita cinese.
La fuga in avanti potrebbe comportare rischi di isolamento, dunque. Ma è anche vero quel che scrive Horowitz, ovvero che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto: “‘Noi, come europei, vogliamo giocare un ruolo attivo’, nel nuovo progetto della Via della Seta”. Insomma, l’isolamento italiano è più formale che nei fatti.
D’altronde, come ricorda il Nyt, l’Europa non dovrebbe esser troppo addolorata dagli accordi sui porti, ovvero Genova e Trieste, anche perché quest’ultimo ha “un collegamento ferroviario che arriva direttamente nel cuore dell’Europa centrale”…
Un’evoluzione, continua Horowitz nella sua nota, che è conseguenza inevitabile dello sviluppo cinese: “L’anno prossimo segnerà il momento in cui l’Asia supererà il resto del mondo come più grande economia globale”. Evoluzione che a quanto pare non è possibile fermare.
Detto questo, quel cenno alla Cina come “minaccia strategica” per gli Usa resta. Non solo la Belt and Road, ma anche il 5G, la nuova super-connessione, che la cinese Huawei sta vendendo a tutto il mondo e considerato pericoloso strumento dell’invasione del web da parte del Dragone.
Tanto che l’amministrazione Usa ha avviato una guerra senza quartiere alla ditta in questione.
Simpatico notare che nella prima pagina web del New York Times, subito sotto all’articolo di Horowitz, spiccava una bella pubblicità del 5G della Huawei (foto in evidenza). Paradossi della globalizzazione.
Di certo l’evoluzione troverà qualche contrasto americano, nonostante il viaggio Usa del vicepremier Luigi di Maio per rassicurare i potenti alleati.
Missione obbligata, sebbene anche gli Usa sappiano che è più che esagerato parlare di un ri-orientamento italiano verso Est o di un abbandono delle antiche alleanze.
Semplicemente stiamo vivendo un momento di transizione impensabile fino qualche anno fa. E il multipolarismo, ormai è nei fatti, sta creando un mondo nuovo. Che solo una catastrofe globale può fermare. Si spera possa essere evitata.