La crisi bielorusso-polacca, non solo colpa di Minsk
Tempo di lettura: 4 minutiLa crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia ha creato le ennesime tensioni Est – Ovest e le ennesime recriminazioni contro Minsk e Mosca. Ciò nonostante riproponga un copione ormai stantio, che altre volte era stato affrontato senza altisonanti proclami ideologici e col pragmatismo del caso (vedi accordo con Erdogan).
Tanti articoli sul tema propongono così la nuova narrativa di Minsk che attenterebbe all’integrità dei confini europei, come se il passato non esistesse.
Migranti o persone?
A mettere sotto una luce diversa, e più realistica, la vicenda, è Kenan Malik sul Guardian, che irride le nuove altisonanti condanne di Minsk da parte dell’Unione europea, spiegando che, certo, la Bielorussia è retta da un regime autoritario che sta strumentalizzando il flusso dei migranti, ma che a strumentalizzare queste persone è anche la Ue.
La dottrina di Bruxelles sui flussi migratori fa dei migranti non più uomini che hanno un cuore e pensano, ma minacce da tenere lontane in tutti i modi dai propri confini.
Così sul confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina uomini della sicurezza da tempo scacciano i migranti usando violenza; e così “le unità d’élite della guardia costiera greca, vestiti di nero, il volto nascosto da passamontagna e senza segni di identità, sequestrano regolarmente migranti, li mettono su zattere di salvataggio arancioni, fornite dall’UE, li spingono in mare verso la Turchia e li abbandonano al loro destino”.
L’accordo con l’Africa
Ma la dottrina sui migranti della Ue ha orizzonti più grandi. Così ai Paesi africani del Mediterraneo, da quelli democratici ai più dittatoriali (vedi alla voce Sudan) Bruxelles ha chiesto di fermare in tutti i modi i migranti, cacciandoli e rinchiudendoli in campi di concentramento, nei quali subiscono soprusi e violenze di ogni genere. Così in Sudan, dove a cacciarli sono le feroci milizie Janjaweed, così in Libia, le cui prigioni traboccano di detenuti che hanno osato sognare l’Europa.
“Per mantenere la Fortezza Europa, l’UE ha finanziato un’enorme settore industriale rivolto al rapimento e alla detenzione [dei migranti] in tutta l’Africa, dall’Atlantico al Mar Rosso, dal Mediterraneo fino al di là del Sahara”, scrive Malik.
“La UE da tempo strumentalizza le persone utilizzando gli aiuti come arma per far rispettare le sue politiche migratorie – aggiunge -. I paesi che accettano di fermare quanti vogliono entrare in Europa ricevono denaro. Coloro che si rifiutano perdono i finanziamenti”.
Le colpe dei polacchi
Non solo, la Ue ha condannato Lukaschenko per aver portato i migranti ai confini polacchi, imponendo addirittura sanzioni, ma ha omesso di sanzionare la Polonia per quanto avvenuto.
“Per quanto odiose siano le azioni di Lukashenko – scrive Malik -, il disastro umanitario al confine non è semplicemente il risultato delle azioni di una nazione. Anche le forze polacche hanno intrappolato i migranti. Varsavia ha imposto lo stato di emergenza , negando ai migranti cibo, acqua o assistenza medica e negando l’accesso ai giornalisti”.
“Nuove leggi consentono alla polizia di ignorare le richieste di asilo. Ufficialmente, otto persone sono morte a temperature sotto lo zero [contro le quali le guardie polacche hanno infierito anche con i cannoni ad acqua ndr…]; ma la cifra reale è probabilmente molto più alta”.
D’altronde Bruxelles non può sanzionare la Polonia perché “incidenti” simili sono avvenuti in Spagna, in Francia e altrove.
La destabilizzazione permanente
Non siamo irenici, e non pensiamo che la soluzione ai flussi migratori stia tutta nell’accoglienza dei milioni di esuli che bussano alle porte della Ue. E sappiamo bene quanti benefattori dell’umanità, incensati come tali sui media mainstream, lucrano su questa tragedia.
Ma sappiamo anche quanto sia non solo odioso e inaccettabile, ma anche pericoloso rinunciare alle ragioni umanitarie, non solo per quanti ne fanno le spese ai confini e dentro la Ue, ma per gli stessi cittadini europei, nei confronti dei quali, in determinate circostanze, cioè in caso di criticità del sistema, verranno adottati gli stessi criteri anche se con metodologie diverse.
Insomma, la questione migranti è complessa, e la crisi polacco-bielorussa è solo un aspetto, peraltro minimale, di una vicenda ben più ampia, che va risolta anzitutto eliminando, o quantomeno contendendo, i fattori di destabilizzazione dei Paesi mediterranei e africani, che per lo più sono posti dagli interessi dei Paesi occidentali.
Basti pensare al nascosto genocidio congolese, che registra da decenni, nelle sue regioni orientali, una lotta continua alimentata dall’esterno. Un genocidio che consente alle potenti BIg Tech di accedere al coltan, materia prima indispensabile a telefoni e computer, a prezzi più che ridotti.
La Polonia e la crisi con la Ue
Comunque al di là delle condanne altisonanti, i leader europei sono impegnati a trattare con Mosca, alla quale è stato chiesto di mediare con Minsk (di ieri la telefonata tra Macron e lo zar), e si spera che la questione sia risolta a breve.
A margine si può notare come tale crisi sia caduta come una manna per il governo polacco. Prima che scoppiasse, infatti, Varsavia aveva dato vita a un braccio di ferro con Bruxelles reclamando la superiorità delle leggi nazionali su quelle della Ue.
Un braccio di ferro che rischiava di travolgere il governo, che ora, invece, vede i suoi ex antagonisti impegnati a difendere le proprie ragioni contro quelle della Bielorussia.
Non che il contenzioso con la Ue sia svaporato, ma il tempo potrebbe favorire quel compromesso inizialmente rigettato da entrambe le parti. E la crisi dei migranti, mettendo in stallo la controversia, ha offerto a Varsavia e alla Ue tempo prezioso.