La fine dell'età unipolare: Biden come Gorbacev
Ieri Biden ha tenuto forse il suo ultimo discorso alla nazione, nel quale ha magnificato il suo mandato, spiegando che lascia a Trump una nazione più forte (sic) e altro e meno importante.
Di interesse il commento di Daniel McCarty su Responsible Statecraft, il quale spiega come “Joe Biden occupa un posto nella storia in quanto è l’uomo sotto la cui guida è crollato l’ordine internazionale liberale […] Biden ha scritto la fine di un capitolo non solo nella storia dell’America, ma anche della storia del mondo“.
L’erosione irreversibile dell’Impero americano
Ripercorrendo la storia recente degli Stati Uniti, McAdams ricorda l’incipit delle guerre infinite, iniziate sotto la presidenza di George W. Bush, con il successore Obama che, chiamato a porvi rimedio, non riuscì, anzi.
Infatti, influenzato in maniera decisiva da vicepresidente di Biden, uomo di establishment che doveva temperare le pulsioni “idealiste” del primo presidente afroamericano, gli Stati Uniti continuarono a perseguire “un programma neoliberista (e neoconservatore)”. In realtà, McAdams dimentica l’importanza di Hillary Clinton in tale deriva, ma va bene così.
Quindi, dopo la parentesi “dell’outsider” Trump, che McAdams tralascia di giudicare, l’establishment, alla ricerca di “un ritorno a ciò che era stato considerato normale dagli anni Novanta”, non aveva altra scelta che puntare ancora una volta su Biden.
Così “Biden e Obama hanno svolto il ruolo di Gorbaciov d’America, due leader che gli addetti ai lavori speravano che avrebbero permesso quel tanto di cambiamento necessario a mantenere in piedi lo status quo. Ma come avvenuto per Gorbaciov, Biden ne ha presieduto il crollo“.
Abbiamo citato lo scritto di McAdams soprattutto per questa definizione, che ci sembrava più pregnante di altre: Biden è stato il Gorbacev degli Stati Uniti, l’uomo sotto il quale l’Impero si è depotenziato per erosione.
E, com’è avvenuto per il collasso o la repentina contrazione di altri imperi, anche l’erosione dell’Impero americano ha avuto conseguenze catastrofiche, sia all’interno, con l’aumento inarrestabile della povertà e la contrazione della libertà a tutti i livelli, sia soprattutto all’esterno, dove le guerre infinite – che avevano già devastato Paesi come Libia, Siria, Iraq, Afghanistan (per citare solo i più colpiti) – hanno raggiunto il loro picco distruttivo con Gaza e l’Ucraina.
Con Biden, conclude McAdams, “il vecchio ordine è stato messo alla prova finale ed ha fallito. Biden è l’epitaffio dell’epoca del neoconservatorismo e del neoliberismo che hanno definito la politica americana per decenni e che hanno perso la pace dopo [aver vinto] la Guerra Fredda”.
Conclusione perfetta, poco da aggiungere se non che, nonostante il cambiamento di regime sia ormai irreversibile, le élite neoliberali e neoconservatrici tentano affannosamente di conservare la loro presa sul potere imperiale, in particolare in politica estera, usando la loro arma prediletta, il caos.
Prolungare la guerra ucraina, incenerire l’Iran
Così è della guerra ucraina, che cercano di prolungare nonostante la palese sconfitta, con il mandato conferito al Regno Unito di tener viva la fiamma del conflitto, da cui il folle partenariato strategico “centenario” siglato da Starmer nel suo viaggio a Kiev (è tale distruttiva determinazione il motivo di fondo per cui Musk ha ingaggiato un duello personale e politico con il premier britannico).
La spinta neocon-liberal non si limita all’Ucraina, come denota la folle proposta avanzata dal Consigliere per la Sicurezza nazionale Jacob Sullivan a Biden di attaccare i siti nucleari iraniani prima dell’insediamento di Trump, sviluppo che avrebbe invischiato il prossimo presidente Usa in una guerra mediorientale su larga scala già all’inizio del suo mandato.
Ne scrivono in tanti, sostenendo che Sullivan avrebbe solo prospettato al presidente tale scenario e che Biden si sarebbe semplicemente limitato ad ascoltare e discutere con lui su rischi, opzioni e possibilità.
Convince di più quanto rivelato Mark Halperin, già direttore politico per la ABC e fondatore della piattaforma multimediale 2WAY, al quale hanno riferito che il presidente Biden ha annullato un attacco alle strutture nucleari iraniane, aggiungendo: “Ho motivo di credere che la decisione di non procedere sia stata presa in stretta consultazione con la nuova amministrazione [Usa], e che la nuova amministrazione sia a conoscenza dei piani militari elaborati dall’attuale amministrazione e che potremmo assistere a un passaggio di consegne di tali piani in un modo abbastanza tangibile e specifico”.
Da notare che l’attacco sarebbe avvenuto di fatto in contemporanea con l’accordo tra Teheran e Russia che stabilisce un partenariato strategico tra le due nazioni, rendendo tale intesa da subito carta straccia, dal momento che Mosca non avrebbe avuto il tempo di rafforzare il partner (con il quale, però, non si è stabilita una partnership militare al modo della Corea del Nord).
Tale retroscena segnala ancora una volta – ne abbiamo accennato spesso – come, se è vero che il debole, senescente e ricattabile Biden è stato pessimo, è pur vero che fino all’ultimo ha frenato, o tentato di frenare, certe spinte che avrebbero incendiato il mondo intero, in Ucraina come altrove.
Quanto accade nel secretum del potere imperiale non si palesa, ma spesso è più importante di quanto si vede o si narra sul proscenio del mondo. Va tenuto presente, anche per giudicare la presidenza alle porte.
Sempre che Trump riesca a insediarsi, dal momento che diversi cronisti e analisti pro-Trump allarmano, in base a indiscrezioni e/o documenti segreti, di pericoli che incombono su di lui per quel giorno fatidico (non accreditiamo tali allarmi, ma è doveroso registrarli).