La notte degli Oscar: una luce nella notte del mondo
Nella notte del mondo la notte degli Oscar ha acceso un faro. Una luminaria significativa, dal momento che Hollywood non è solo la Macchina dei sogni, è anche il centro culturale più alto degli Stati Uniti. Così gli Oscar a Oppenheimer e alla Zona di interesse, i più significativi, hanno parlato al mondo, raccontando storie del passato che sono di stretta, quanto tragica, attualità.
Sul palco degli Oscar il mondo di Oppenheimer e il j’accuse di Glazer
Così Cillian Murphy, che interpretando il ruolo del padre della Bomba ha vinto il premio come miglior attore protagonista, ha voluto dire che “viviamo nel mondo di Oppenheimer”, perché il tema centrale del film è quello della necessità di un accordo tra le potenze nucleari affinché il mondo non sprofondi nell’abisso atomico (ha anche accennato all’inutilità delle stragi di Hiroshima e Nagasaki, ma sul punto rimandiamo ad articoli pregressi).
In un pianeta nel quale il pericolo di una guerra nucleare non solo è sottovalutato, ma è addirittura sfidato, come dimostrano le improvvide dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe Nato in Ucraina, serve che qualcuno alzi la voce e allerti su tale follia.
Ma se l’appello di Murphy ha avuto una certa eco, ancora di più ne hanno avuto le parole del regista Jonathan Glazer, che ritirando la statuina per la Zona di interesse ha affermato che il suo film non voleva raccontare solo la follia di allora, ma quella di adesso.
La sua pellicola, infatti, racconta la vita tranquilla di una famiglia tedesca che vive ai margini di Auschwitz nulla importando gli orrori che si consumano oltre il loro giardino. Non volevo raccontare il passato, ha detto il regista, ma il presente, il film infatti, parla delle “conseguenze più estreme della disumanizzazione. Tale disumanizzazione ha plasmato il nostro passato come il presente».
Sia le vittime del 7 ottobre che quelle che di Gaza sono causate dalla disumanizzazione dell’altro, ha infatti aggiunto. E, sul punto, il passaggio più duro, che ha suscitato ormai usuali ondate di critiche: “l’ebraicità e l’Olocausto vengono manipolati da un’occupazione che ha portato a un conflitto che vede coinvolte tante persone innocenti”.
Criticato da parte del mondo ebraico, Glazer non l’unico ebreo a pensare queste cose. Lo dimostra, tra le altre cose, un lucido editoriale di Haaretz che dà piena “ragione” al regista britannico.
“Anche se è impossibile giustificare o anche solo comprendere il brutale massacro commesso da Hamas, il contesto in cui ha operato è quello dell’occupazione e, più precisamente, del conflitto israelo-palestinese”.
Infatti, nonostante gli orrori del 7 ottobre, secondo Haaretz “sarebbe un errore definire quanto accaduto come un altro pogrom nella storia degli ebrei, questa volta nel loro stesso Paese. Perché il fatto che gli ebrei abbiano un proprio Stato ha interrotto la sequenza storica in cui erano una comunità indifesa, una minoranza perseguitata e vittima eterna dell’antisemitismo”.
La strumentalizzazione dell’Olocausto
“Il massacro del 7 ottobre è stato reso possibile dal fatto che il governo e l’esercito non hanno funzionato, hanno fallito nel compito di difendere il Paese e hanno permesso al nemico di infliggere danni ai suoi cittadini […]. Lo sfondo dell’attacco è un conflitto nazionale nel quale la religione, e non l’antisemitismo, ha un posto sempre più significativo. Lo dimostra il fatto che Hamas non ha risparmiato i non ebrei”.
“Qualsiasi paragone con l’Olocausto minimizza la memoria dell’Olocausto stesso e sminuisce lo Stato di Israele e i suoi cittadini. È anche impossibile ignorare il fatto che la perversione della memoria dell’Olocausto in relazione al 7 ottobre è opera soprattutto di quanti hanno abbandonato lo Stato e i suoi cittadini e ne hanno causato la catastrofe, e oggi persistono abbandonando gli ostaggi al loro destino”.
“Usano l’Olocausto per giustificare il loro imperversare su persone innocenti, anche attraverso la morte per fame, e portano avanti una guerra inutile che non accelera la liberazione dei prigionieri e potrebbe persino causare l’opposto. È un peccato che i membri del governo si dicano profondamente scioccati da qualsiasi osservazione di un ebreo che, in Israele o all’estero, [non siano in linea col loro pensiero] e non siano affatto scioccati per la loro responsabilità per la catastrofe che hanno scatenato su Israele [e su Gaza ndr.], la cui fine è tutt’altro che chiara finché persiste l’occupazione“. Infatti, l’occupazione produce reazione.
La reprimenda di Chuck Schumer contro Netanyahu
A latere, segnaliamo come di grande interesse il fatto che ieri Chuck Schumer, presidente del Senato Usa e noto falco filo-israeliano, abbia affermato che “Netanyahu è un ostacolo per la pace”.
“Come sostenitore di Israele da sempre – ha aggiunto – mi è ormai chiaro che la coalizione di Netanyahu non soddisfa più i bisogni di Israele nel post 7 ottobre. Il mondo è cambiato radicalmente da allora, e il popolo israeliano in questo momento è soffocato da un governo che ha una visione bloccata nel passato”.
L’America è sempre più lontana dal fondamentalismo ebraico che imperversa in Israele e al quale è consegnato il governo. E vuole che la macelleria di Gaza finisca. Se è vero che tutto ciò è davvero troppo poco e troppo tardi, e comunque non cancella le gravissime responsabilità Usa sulla mattanza in corso (ieri l’esercito israeliano ha nuovamente sparato sulla folla che si appressava a un camion di aiuti alimentari), è comunque qualcosa da registrare come positivo.
N.B. nella foto di apertura i premi Oscar Jonathan Glazer, regista di Zona di interesse e Cillian Murphy protagonista di Oppenheimer.