La tragedia siriana e la pace in Medio Oriente
Tempo di lettura: 2 minutiIl 18 aprile papa Francesco ha ricevuto Sua Beatitudine Gregorios III Laham, patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti in Siria. «Le nostre speranze – ha detto il patriarca in un’intervista a Radio Vaticana – sono riposte in questo incontro che, come si dice, si svolgerà a giugno tra Putin e Obama». Gregorios III ha poi spiegato che in questo momento a correre pericoli non è solo la Siria, ma anche il «fragile» Libano, la Giordania, la Palestina sofferente e divisa e l’Iraq, ancora «traumatizzato». Per questo, ha soggiunto, bisogna smettere di alimentare la guerra con la fornitura delle armi e fare la pace: «fare la pace in Siria significa fare la pace in tutto il Medio Oriente». Anche il patriarca di Antiochia dei maroniti, cardinale Béchara Raï, che nei giorni scorsi ha visitato Parigi, ha parlato della situazione siriana, spiegando che, in millequattrocento anni di convivenza, i cristiani e i musulmani del Paese hanno «trovato un modus vivendi»; un equilibrio, ha spiegato il 15 aprile a La croix, oggi minacciato: «Osserviamo un’ingerenza esterna che vorrebbe fomentare ad ogni costo la guerra, col pretesto di istituire la democrazia. Le riforme […] sono una necessità in Siria e in tutto il mondo arabo. Ma non possono essere imposte dall’esterno. La situazione attuale in Siria è disastrosa. Gruppi fondamentalisti uccidono e distruggono, sostenuti dall’Oriente e dall’Occidente con le armi, il denaro, il sostegno politico». E ha concluso: «I musulmani constatano che vi sono Stati che sostengono i fondamentalisti. E poiché vogliono vivere, per vivere rischiano di radicalizzarsi a loro volta». Quindi, il drammatico appello: «chi parla di pace, viene accusato di sostenere il regime, come se non si volesse sentir parlare di dialogo. Le parole sono vaghe: alcuni parlano di soluzione politica, ma mai di negoziati! Lancio un grido alla coscienza internazionale: interrompete la guerra! Basta col commercio delle armi!».