La variante britannica del Covid-19 si abbatte sulla Brexit
Tempo di lettura: 4 minutiLa pandemia, dove aver atterrato Trump, potrebbe devastare anche il suo omologo britannico, il platinato Boris Johnson. Così potrebbe accadere, ora che il ceppo del coronavirus si è fatto più cattivo, come dicono, con la variante inglese che lo fa più contagioso.
Di per sé la variante albionica non cambia nulla per quanto riguarda vaccini e cure – così ci permettiamo chiamare le terapie più o meno efficaci approntate finora -, dato che la mutazione del virus non sarebbe altro che una delle tante registrate finora, che sono innumeri.
E però la più alta contagiosità che i virologi asseriscono abbia acquisito (con tutte le cautele del caso quando a parlare sono i virologi, ché ne abbiamo viste di cotte e di crude), lo rende molto più insidioso.
Potrebbe cioè portare al collasso le strutture sanitarie risultate già insufficienti a sopportare l’ondata pregressa, pure meno contagiosa. Per questo l’allarme diffuso a Londra si è presto propagato nel mondo, in primis in Europa, che ha alzato sulla Manica una Diga d’acciaio, anche se c’è da vedere se a buoi già sfuggiti dalla stalla.
La tempesta virale si intreccia e va a confondersi con quella geopolitica, ché proprio in questi giorni si sta trattando per il destino finale della Brexit, che nonostante il referendum e nonostante le forti conferme postume, come quando elle elezioni europee hanno dilagato i partiti pro-Brexit, non è ancora arrivata a compimento.
il dialogo con l’Unione europea è ancora in alto mare. Non si trovano accordi che possano evitare quella hard Brexit tanto temuta dagli ambiti pro-globalizzazione e che invece è nelle corde di Boris Johnson, andato al potere proprio sull’onda del rigetto dei tanti accordicchi raggiunti al tempo tra la Ue e la debole Theresa May, che aveva tentato mediazioni improbabili.
Sembrava così che per la nave britannica fosse giunto il momento di tagliare gli ormeggi che la legano a Bruxelles con una manovra tranciante, ma il Covid-19 a variante britannica ha cambiato tutto. Anzitutto le priorità di Johnson, non più la Brexit ma la pandemia.
Un cammino, quello della Brexit, peraltro reso ancora più travagliato dalla sconfitta di Trump e il ritorno al potere, nel cuore dell’Impero (che batte a Washington), dei circoli pro-globalizzazione (oggi colorati di verde, per la felicità della vestale green Greta Thumberg).
Dopo il rovescio d’oltreatlantico, a complicare ancora di più il cammino, il nuovo e più aggressivo ceppo virale, che ha fatto svaporare (non solo oltremanica), il sollievo provocato dall’annuncio dei vaccini. Vaccini come quello di Oxford – Università nella quale il premier ha studiato -, che ha osato sfidare Big Pharma ed ancora preda di una bufera imprevista (solo per segnalare un’altra variante albionica alla globalizzazione, nel caso specifico una variante farmaceutica).
Dopo la debacle di Trump, ancorché non ancora definitiva, Johnson ha tenuto duro, dichiarando che la Brexit avrebbe seguito il suo corso.
Ma è da vedere se tale determinazione sia ben riposta. La variante britannica del coronavirus ha fatto collassare il Paese, chiuso in un nuovo Lockdown, con ovvie ricadute sulla popolarità di Johnson, ché ben recita il detto: “Piove governo ladro”. Istruttiva, sul punto una nota di The Indipendent, che addossa al premier la responsabilità della nuova crisi sanitaria.
Gran Bretagna sotto assedio, dunque, dato che altri Paesi del mondo si sono uniti all’Unione europea nel serrare i confini albionici, e altri se ne aggiungeranno, ché la variante britannica del Covid-19 incute timore.
Ciò accade proprio nel momento decisivo della Brexit e quando la globalizzazione è ritornata a bussare all’uscio della perfida albione nel tentativo di ricondurla all’ovile.
Prospettiva che ad oggi non si concretizzerebbe con una brusca inversione di marcia, non almeno con il biondo Boris al potere, ma con una diluizione dei tempi e dei modi con cui essa dovrebbe realizzarsi.
Il platinato inquilino di Dowing Street tiene ferma il proposito: vuole la Brexit e la vuole subito, come d’altronde vogliono quanti l’hanno portato sugli scudi. E rifiuta le profferte di una trattativa a oltranza.
Tanto che, come recita il titolo del Guardian, “rifiuta le richieste tese a cercare di estendere i colloqui sulla Brexit fino al 2021”. Alcuni parlamentari britannici, e non di poco conto, hanno però iniziato a prestare ascolto alle sirene e chiedono un momento di pausa per riprendere il dialogo dopo. Questo, d’altronde è il massimo che si possa spuntare in questo momento di teso braccio di ferro.
La tempesta virale, da questo punto di vista, arriva, si può dire, tempestiva: con un flagello simile accedere a un momento di pausa nelle trattative per la Brexit sarebbe nelle cose…
Momento topico per la Gran Bretagna, dunque, e per il suo premier, che se cede alla sirene rischia di perdere consenso tra i suoi, con forti complicazioni per il futuro del suo incarico. Se non cede, rischia che il combinato disposto Brexit-Covid-19 (di ceppo britannico) si trasformi in tempesta perfetta per lui e la sua diletta patria.
Boris Johnson, è ben documentato sull’antica Roma, alla quale ha dedicato la sua tesi oxfordiana e al cui impero si è ispirato nell’idea di ripristinare, tagliati i ponti con la Ue, i fasti dell’Impero britannico. Cosicché la battaglia che conduce, almeno nella sua immaginazione, è anche destino, deciderà, cioè, se la Gran Bretagna sarà Impero o recederà al rango di colonia.