L'amministrazione Usa sta cercando di convincere Kiev a mollare
Tempo di lettura: 4 minuti“‘Continueremo a provare a convincerli che non possiamo fare qualsiasi cosa e tutto per sempre’, ha detto un alto funzionario dell’amministrazione [Usa], riferendosi ai leader ucraini. Il funzionario, che ha parlato a condizione di anonimato perché si tratta di questioni diplomatiche delicate, ha aggiunto che l’amministrazione Biden è ‘decisamente convinta’ che sarà difficile continuare a ottenere lo stesso livello di sicurezza e assistenza economica dal Congresso”. Così Yasmeen Abutaleb e John Hudson sul Washington Post di oggi, in un articolo di cui riportiamo alcuni brani.
“[…] Biden e i suoi più stretti collaboratori affermano di essere determinati a sostenere l’Ucraina il più a lungo e il più completamente possibile. Ma avvertono che il percorso politico diventerà più duro quando l’Ucraina avrà esaurito l’attuale pacchetto [di aiuti] del Congresso, cosa che potrebbe avvenire già quest’estate”.
“[…] In questo contesto, gli assistenti di Biden affermano che stanno perseguendo la migliore linea d’azione: consentire all’Ucraina di riconquistare quanto più territorio possibile nei prossimi mesi prima di sedersi al tavolo dei negoziati con Putin”.
Abbiamo riportato i passi più rilevanti dell’articolo, diluiti nei soliti topos narrativi sulla guerra ucraina, che hanno l’effetto di sminuire la portata di queste rivelazioni.
E, però, nonostante il ridimensionamento della notizia, l’articolo evidenzia in maniera esplicita che le aspettative dell’amministrazione Biden sull’esito della guerra sono altre dalle pretese di Kiev di arrivare a una vittoria totale su Mosca.
I prossimi mesi saranno critici…
Ancora più interessante la consapevolezza dell’amministrazione Usa sul fatto che i prossimi mesi saranno critici, concetto ribadito in tutte le salse dai due cronisti del Wp.
Sul punto appare cruciale un passaggio dell’articolo: “Il fatto che i prossimi mesi si annunciano critici è stato comunicato a Kiev in termini schietti dagli alti funzionari di Biden, tra cui il vice consigliere per la sicurezza nazionale Jon Finer, il vice segretario di stato Wendy Sherman e il sottosegretario alla difesa Colin Kahl, che hanno tutti visitato l’Ucraina il mese scorso”. A questi si aggiunge anche il Capo della Cia William Burns, anch’egli recatosi a Kiev a inizio gennaio, anch’egli per dire che incombono nubi sul cielo di Kiev.
Pur non chiarendo bene cosa abbiano davvero comunicato tutti questi messaggeri, dall’articolo traspare che la criticità da essi riferita riguarda i rapporti tra i due Paesi, il fatto cioè che gli Usa, pur ribadendo in pubblico il sostegno a oltranza a Kiev – anche per evitare defezioni nell’alleanza -, potrebbero in futuro diminuire se non cessare il proprio supporto.
Il fatto che Biden abbia mandato così tanti messaggeri indica sia la ritrosia di Kiev ad accettare tale prospettiva, sia, allo stesso tempo, la determinazione dell’amministrazione Usa a perseguire la via del disimpegno.
Non potendo il Wp dar eccessivo credito a tale prospettiva negoziale, conclude l’articolo in maniera interlocutoria, riportando le affermazioni di Seth Jones, autorevole analista del Center for Strategic and International Studies: “Adesso c’è un supporto sufficiente e gli ucraini sono disposti a combattere, quindi c’è una forte spinta per far guadagnare all’Ucraina il più possibile. Per quanto tempo si può continuare così è una domanda aperta”.
Nonostante l’incertezza finale d’obbligo, resta appunto la partita aperta tra Kiev e Washington, che sarebbe facilmente risolvibile se l’intransigenza del governo ucraino non fosse supportata da potenti ambiti (i falchi Usa e Ue, l’apparato militar industriale americano e il Regno Unito).
Francia e Germania e il summit con Zelensky
Anche l’Europa sembra muoversi in parallelo all’amministrazione Usa. Infatti, nonostante il tour di Zelensky a Bruxelles abbia goduto dei soliti toni trionfali (roba da Cinegiornale Luce), resta il mistero sull’incontro tripartito tra questi e i leader di Francia e Germania.
Questo summit riservato ha fatto notizia solo per le lamentele della non invitata Meloni. Lamentele alle quali Macron ha risposto affermando che “Francia e Germania hanno una posizione particolare sull’Ucraina da otto anni”, chiaro riferimento agli accordi di Minsk.
Ma dei contenuti summit non si è saputo nulla (a parte alcune ricostruzioni ipotetiche del tutto aleatorie). Sul punto ci permettiamo un semplice ragionamento. Se i due leader europei fossero stati condiscendenti con Zelensky, accettando le sue richieste e rilanciando il loro supporto incondizionato, siamo abbastanza certi ciò sarebbe stato annunciato ai quattro venti in maniera trionfale, com’è sempre avvenuto finora.
Invece, il fatto che non sia trapelato nulla ci spinge a supporre che i due abbiano provato a mettere alle strette il leader ucraino, cercando di convincerlo ad aprirsi al negoziato (magari non nell’immediato). Idea che sembra confermata dalla risposta di Macron alla Meloni, dal momento che ha evocato gli accordi di Minsk, cioè l’intesa Kiev – Mosca.
Ma Macron e Sholz non avrebbero potuto fare alcun tipo di pressione senza una parallela spinta Usa, quella che l’articolo del Washington Post descrive in maniera chiara.
Il tragico gioco di prestigio di Bakhmut
Il citato articolo, peraltro, ribadisce la follia di difendere a tutti i costi Bakhmut, dove i poveri soldati ucraini sono mandati al macello in una battaglia che anche gli americani considerano inutile.
Nonostante il suggerimento d’oltreoceano, Zelenky ha chiesto una resistenza a oltranza, sebbene sappia che perderà, solo per evitare che la caduta della città abbia un contraccolpo morale sulle truppe.
Quest’ultima considerazione è espressa dal Wp, ma in realtà, non ci sarebbe tale contraccolpo nel caso di una ritirata ordinata, che i russi consentirebbero di buon grado perché gli eviterebbe ulteriori perdite per ottenere l’agognato successo. Peraltro, la macchina della propaganda occidentale, che in questi mesi ha fatto cose fantasmagoriche, potrebbe persino presentare tale ritirata con gli usuali toni trionfali.
Così l’unica spiegazione a tale folle resistenza è che Zelensky vuole dimostrare al mondo la ferrea determinazione di Kiev e, allo stesso tempo, evitare un vulnus alla sua immagine. Una questione di prestigio… per il quale val la pena, evidentemente, mandare al macello tanti uomini in una battaglia senza speranza.