Lancet e il mattatoio Gaza
L’articolo di Lancet sulle prospettive funeree per la popolazione di Gaza giunge come una mazzata per la propaganda israeliana, che sperava di aver rintuzzato l’incalzare del Tribunale penale internazionale – che ancora non si è pronunciato sulla richiesta di arresto contro il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant inviato dalla Procura – e quello della Corte di Giustizia Internazionale, che sembra sia stata messa a tacere, almeno momentaneamente.
Lancet: “i dati del ministero della Sanità di Gaza sono attendibili”
L’articolo della più autorevole rivista di medicina internazionale spiega anzitutto che i dati dei morti di Gaza dichiarati dal ministero della Sanità della Striscia sono attendibili, sebbene contestati da Israele. E ciò anche perché “supportati da analisi indipendenti, che confrontano i cambiamenti nel numero di decessi del personale dell’UN Relief and Works Agency (UNRWA) con quelli segnalati dal Ministero” e come attendibili sono considerati “dai servizi segreti israeliani, l’ONU e l’OMS”.
Anzi, in realtà le vittime riferite dal ministero in questione sono “sottostimate”, secondo Lancet, data la situazione degradata della Striscia e la serietà del monitoraggio, che dà conto solo delle morti accertate. Nulla si sa, per esempio, dei corpi che giacciono ancora sotto le macerie, che si stima nascondano le salme di 10mila persone (di cui tanti bambini).
Anche per questo, la legge varata di recente dalla Camera Usa volta a nascondere i dati sulle vittime di Gaza (The Intercept) è indicativa della nube tossica che aleggia su questo maledetto conflitto. E della corresponsabilità dell’America, non solo di Biden ma di tanta parte della sua Politica, nella macelleria in atto (d’altronde, tra le altre cose, la Camera ha votato per bloccare i finanziamenti destinati alla ricostruzione di Gaza…).
Al di là della digressione, e per tornare a Lancet, la rivista dettaglia come, oltre alle morti dirette, ogni conflitto porta con sé conseguenze tragiche per i sopravvissuti, spesso letali, cioè le cosiddette morti indirette, causate da malattie, infettive o meno, mancanza di infrastrutture essenziali e altro.
“Nei conflitti recenti – si legge su Lancet – tali morti indirette superano da 3 a 15 volte il numero delle morti dirette. Applicando una stima prudente di quattro morti indirette per ogni morte diretta ai 37.396 decessi segnalati, non è improbabile stimare che fino a 186.000, o più, decessi potrebbero essere attribuibili all’attuale conflitto a Gaza. Utilizzando la stima della popolazione della Striscia di Gaza del 2022 di 2.375.259, ciò si tradurrebbe nel 7,9% della popolazione totale della Striscia di Gaza”.
La stima è davvero molto prudente, dal momento che in nessun altro conflitto del dopoguerra si sono registrate le condizioni disumane in cui versa la popolazione di Gaza sotto le bombe, cioè la cronica mancanza di acqua e cibo, la distruzione quasi totale delle strutture sanitarie e igieniche, l’impossibilità di fuggire e tanto altro.
Si può interpretare quanto si vuole la definizione di genocidio, ma certi numeri restano e resteranno ineludibili.
L’articolo di Lancet è stato firmato da due specialisti arabi, Rasha Khatib (avvocatessa presso l’Aurora Research Institute di Milwaukee) e Salim Yusuf (che lavora presso il Population Health Research Institute, la McMaster University e la Hamilton Health Sciences, di Hamilton, in Canada), oltre a Martin McKee, del Department of Public Health and Policy, e della London School of Hygiene & Tropical Medicine, di Londra.
Se abbiamo riportato i tre profili è perché ci ha incuriosito soprattutto il curriculum di quest’ultimo, il quale, si legge sempre su Lancet, è “membro del comitato editoriale dell’Israel Journal of Health Policy Research e dell’International Advisory Committee dell’Israel National Institute for Health Policy Research. Inoltre, Martin McKee è stato anche co-presidente della 6th International Jerusalem Conference on Health Policy Institute nel 2016”.