L'aspra querelle Kiev-Tel Aviv e l'ipotesi Netanyahu in Cina
Tempo di lettura: 3 minutiL’Ucraina sembra aver ingaggiato un vero e proprio duello con il governo israeliano. A innescare la querelle le dichiarazioni di Netanyahu sulle riserve di Tel Aviv riguardo la fornitura di armi a Kiev, perché potrebbero finire nelle mani del nemico (anzi “sono già ai nostri confini”, ha chiosato il premier israeliano).
la querelle: le critiche dell’ambasciatore
Affermazioni “del tutto fittizie e speculative”, ha commentato l’ambasciatore ucraino a Tel Aviv Yevgen Korniychuk, che ha anche criticato la lentezza con la quale gli aiuti israeliani giungono a Kiev, lentezza dovuta al fatto che i donatori “non sono in guerra”.
Non solo, domenica scorsa, l’ambasciata ucraina ha ulteriormente criticato Israele per aver condotto “due cicli di negoziati politici di alto livello con il ministero degli Affari esteri russo” e l’accordo raggiunto con Mosca grazie al quale la Russia ha “accettato di aprire una filiale della propria ambasciata a Gerusalemme”.
Inoltre, “Kiev ha accusato alti funzionari israeliani che hanno partecipato al ricevimento del Russia Day a Gerusalemme all’inizio di questo mese di ‘un palese disprezzo per i valori morali’.
“Inoltre, Korniychuk si è anche lamentato del fatto che Netanyahu si è rifiutato di incontrare la First Lady ucraina Olena Zelenska in occasione della sua visita in Israele avvenuta la scorsa settimana, mandando al suo posto la moglie Sara” (cosa, in genere, prevista dai protocolli, ma nel caso specifico è evidentemente apparso un reato di lesa maestà).
Il diplomatico d’assalto
Fin qui le scaramucce, quindi la bordata alzo zero. Così sul comunicato dell’ambasciata di domenica: “Mentre il popolo ucraino, compresa la sua consistente comunità ebraica, sanguina sotto l’assalto dei missili russi e dei droni iraniani, la leadership israeliana, nascondendosi dietro la demagogia verbale riguardante la propria neutralità (sebbene non la nasconda più), stringe attivamente relazioni con la Federazione Russa”.
Israele, che in precedenza aveva risposto alle lamentele elencando i tanti passi pro-Ucraina fatti finora, ha perso la pazienza. Così Korniychuk è stato convocato per la la prossima settimana al Ministero degli Esteri israeliano per “chiarire” le dichiarazioni suddette. Allo stesso tempo, Tel Aviv ha fatto partecipe del proprio disappunto anche Kiev.
La querelle è stata riportata dal Timesofisrael, che chiude con una dichiarazione alquanto forte di Korniychuk rivolta a Netanyahu: “Il modo più veloce per raggiungere la Casa Bianca è senza dubbio passare per Kiev”.
Il premier israeliano, infatti, è ai ferri corti con Washington a motivo della sua politica a dir poco aggressiva nei confronti dei palestinesi e soprattutto della riforma giudiziaria varata dal suo governo, che sta suscitando reazioni durissime perché liberticida.
La nuova Israele e l’originaria (e unica)
Dall’inizio della guerra, l’Ucraina ha avuto un rapporto contrastato con Tel Aviv, sia con il precedente governo Bennet, che tentò una difficile mediazione tra Kiev e Mosca, sia ora con Netanyahu. Ma mai il dissidio è stato tanto acceso.
Il leader ucraino, ebreo, in passato aveva dichiarato con enfasi di volere che l’Ucraina diventi una “grande Israele“, forse non accorgendosi che la “grande Israele” appartiene al sogno delle destra religiosa ebraica che chiede l’annessione della Palestina (peraltro, le forze politiche che appoggiano Netanyahu hanno fatto propria tale aspirazione). Insomma, una suggestione geopolitica e insieme mistica.
Ma al di là del particolare, l’idea dell’Ucraina come una nuova Israele conficcata nel cuore dell’Europa è stata ripresa da tanti in Occidente. E a tale prospettiva, oltre che a un quadro di riferimento geopolitico, si richiama in qualche modo anche l’idea di offrire all’Ucraina, in un futuro post bellico (semmai ci sarà), più che l’ombrello Nato, un sistema di sicurezza sul modello israeliano.
Così la nuova e grande Israele sembra aver ingaggiato un aspro duello con l’originaria. Bizzarrie del destino e della dirigenza ucraina, che si muove nell’agone internazionale come se potesse dare ordini a tutti. Se con alcuni il gioco è facile, con Netanyahu ha trovato un osso duro. Aggrappato al suo scranno, ancora resiste a pressioni che avrebbero incenerito altri.
Netanyahu in Cina?
Imprevedibile e pragmatico, secondo fonti israeliane Netanyahu si appresterebbe a visitare la Cina, dove dovrebbe incontrare Xi Jinping. Lo rivela ancora Timesofisrael, che spiega come tale iniziativa avrebbe preso forma dalla volontà di interfacciarsi con Pechino per il ruolo che questa ha ormai assunto nel medio oriente (dove ha stretto relazioni feconde con quasi tutti gli Stati).
Instaurare un rapporto con la Cina, quindi, per Israele sarebbe più o meno necessario, ma Timesofisrael suggerisce, non a torto, che ciò irriterebbe i partner statunitensi.
Il media israeliano, però, fa anche presente che la visita giungerebbe dopo quella recente del presidente della Palestina Abu Mazen, nel corso della quale Pechino ha espresso il suo favore per la nascita di uno Stato palestinese.
La contraddizione è evidente, essendo Netanyahu a capo del governo più avverso ai palestinesi e alla nascita di un loro Stato della storia israeliana. Ma è inutile tentare di sciogliere le contraddizioni mediorientali, e quelle israeliane in particolare, ci limitiamo a registrarle.
Di certo la visita di Netanyahu in Cina, semmai avverrà, avrà appunto una coda non piacevole nei rapporti con gli Stati Uniti. Ma potrebbe essere foriera di novità non del tutto negative per il martoriato Medio oriente. Vedremo.