16 Aprile 2019

Le fiamme di Notre Dame e quelle di Gerusalemme

Le fiamme di Notre Dame e quelle di Gerusalemme
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Notre Dame brucia. E il mondo è sgomento. Sembrava dovesse venir giù tutto: non è andata così, anche se il rischio resta. Inizia così la Settimana Santa, nella quale la Chiesa fa memoria della Passione del Signore.

Va subito detto che la cosa più importante dell’edificio, ciò che lo rende altro da un monumento, la più preziosa, è in salvo: l’eucaristia, quelle piccole particole che sono corpo di Gesù e sulle quali si fonda la chiesa particolare quanto la Chiesa universale. Ne accenniamo perché è particolare obliato.

Come si è salvata la Corona di spine di nostro Signore ivi conservata, forse ambita anch’essa dalle fiamme in questo tempo di Passione.

Non c’è stato dolo, dicono. Semplice incuria, che ha consentito a un’impalcatura issata per un restauro di trasformarsi in ordigno incendiario. Ci atteniamo.

Disattenzioni

Di certo si nota carenza di prevenzione: negli ultimi anni atti di satanismo hanno tormentato le chiese francesi (più di 1.000 profanazioni e danneggiamenti all’anno, vedi Avvenire). Atti che fanno poca notizia perché a perpetrarli non sono extracomunitari islamici, ma europei bianchi. E molto religiosi, anche se di religione perversa.

Atti ai quali in questa Quaresima, a 11 giorni dalle Ceneri, inizio di tale tempo liturgico (il fatale 11), qualcuno ha dato fuoco alla storica chiesa di Saint Sulpice, destinata a divenire sede dell’Arcidiocesi di Parigi fino a quando non sarà ricostruita la cattedrale.

Avvisaglie funeste, quantomeno, che avrebbero dovuto destare una vigilanza che non c’è stata. Così ieri l’epifania: un altro 11 settembre (non doloso).

Le due Torri di New York e quelle di Notre Dame

Un 11 settembre della Chiesa, con reiterazione di quell’attesa straniante che accompagnò l’attentato caratterizzato dall’attacco alle due Torri di New York. Per inciso, anche Notre Dame ha le sue due Torri, ma queste, a differenza di quelle, non son crollate.

Allora si attese trepidanti un qualche intervento per fermare un aereo dirottato che stava puntando sulla Casa Bianca. A lungo e invano (il disastro fu evitato, ma per motivi endogeni, ufficialmente per una rivolta dei passeggeri).

E così anche stavolta: le fiamme alte, l’attesa vana di un intervento giunto con increscioso ritardo. Difficoltà logistiche. Sarà così.

Anche se, certo, la città ha un apparato di pronto intervento anti-terrorismo più che sofisticato, approntato dopo i vari attentati che l’hanno funestata. Evidentemente non contempla piani anti-incendio all’altezza.

https://www.youtube.com/watch?v=S96C_CySc9M

Fiamme d’inferno: Parigi e Gerusalemme

Così le fiamme hanno potuto divorare indisturbate la Cattedrale. Fiamme d’inferno, come da titolo della canzone che nel film Il Gobbo di Notre Dame viene cantata da Frollo, l’arcidiacono della Cattedrale nemico del protagonista e dell’umanità (com’è proprio del diavolo, definito “nemico del genere umano”).

Fiamme d’inferno che hanno attecchito anche altrove e nelle stesse ore. A Gerusalemme, dove si è consumato il santo supplizio del Signore.

Non in un edificio di culto cristiano, stavolta – particolare che certo avrebbe alimentato dubbi su una mano dolosa in entrambi i casi -, ma islamico, uno dei più santi dell’islamismo, la Moschea di al Aqsa. Un incendio suggestivo anch’esso, con immagini simili a quelle parigine. Ma questo, per fortuna, è stato domato.

Dove tutto diviene facile

Così torniamo all’incendio transalpino, al quale tanti fedeli hanno assistito pregando e cantando al Signore e alla Madonna, alla quale è dedicata l’augusta Cattedrale.

La dolce vergine Maria, alla quale Charles Péguy dedicò la sua stupenda Tapisserie de Notre Dame: “Ecco il luogo del mondo ove tutto diviene facile/ Il rimpianto, la partenza e anche l‘avvenimento”, scriveva in quella poesia dalla quale è impossibile estrapolare cose, tanto è tutta bella.

Così riportiamo solo un cenno finale, che si accorda con l’angustia che da ieri  ghermisce il cuore di tanti, cristiani e non: “Ce ne han dette tante, o regina degli apostoli/ Abbiamo perso il gusto per i discorsi/ Non abbiamo più altari se non i vostri/ Non sappiamo nient‘altro che una preghiera semplice”.