Le sanzioni anti-russe e la fame nel mondo
Tempo di lettura: 4 minutiPiù volte abbiamo rilanciato gli allarmi degli organismi internazionali sulle catastrofiche conseguenze globali della guerra ucraina. Riprendiamo dal Guardian: “In tutto il mondo, i paesi a basso e medio reddito stanno affrontando una triplice crisi: la pandemia, l’aumento del costo del loro debito e l’aumento dei prezzi di cibo e carburante causato dall’invasione russa dell’Ucraina”.
E riferisce le paure espresse a suo tempo da David Malpass, presidente della Banca Mondiale: “Sono profondamente preoccupato per i paesi in via di sviluppo. Stanno affrontando improvvisi aumenti dei prezzi dell’energia, dei fertilizzanti e del cibo, insieme a probabili incrementi dei tassi di interesse. Tutti questi fattori li stanno colpendo duramente”.
“L’ONU – continua il Guardian – ha cercato di quantificare il problema. Il suo braccio commerciale e per lo sviluppo, l’UNCTAD, ha comunicato in un recente rapporto che ci sono 107 paesi che stanno affrontando almeno uno dei tre shock: aumento dei prezzi dei generi alimentari, aumento dei prezzi dell’energia o situazioni finanziarie più critiche. Tutti e tre questi eventi scioccanti hanno colpito 69 paesi: 25 in Africa, 25 in Asia e nel Pacifico e 19 in America Latina”.
Il Guardian stranamente non lo riferisce (forse perché non può dirlo), ma a risultare devastante per il mondo non è tanto lo scontro militare, quanto le sanzioni che si sono abbattute sulla Russia, uno dei più grandi esportatori globali di energia, fertilizzanti, materie prime e grano.
La guerra in sé, in realtà, al di là delle non meno importanti sofferenze umane, ha conseguenze sul resto del mondo solo nell’ambito della circolazione del grano, essendo l’Ucraina uno dei più importanti esportatori di questo cereale vitale.
Insomma, sanzionando la Russia, si è condannato il mondo alla fame e all’insicurezza, perché le crisi alimentari portano con sé agitazioni dal basso, che possono andare fuori controllo.
È quanto sta avvenendo in Sri Lanka, dove la crisi ha provocato proteste che hanno provocato scontri causando le dimissioni del governo. Quanto avvenuto nell’isola dell’Oceano Indiano non rappresenterebbe altro che la caduta della prima tessera di un domino che rischia di replicarsi altrove.
Da questo punto di vista, il Guardian scrive che all’Fmi si teme che “lo Sri Lanka sia il canarino nella miniera di carbone”, l’uccellino che portavano con sé i minatori per segnalare le fughe di gas.
Quando l’amministrazione Usa ha definito le sanzioni contro Mosca come “infernali” forse non aveva compreso appieno la congruità del termine, dal momento che il combinato disposto della crisi causata dell’ondata pandemica con quella innescata dalle sanzioni anti-russe rischia di scatenare l’inferno in terra, con tumulti generalizzati senza precedenti.
Così che non sarà la guerra atomica a decimare la popolazione mondiale, ma le carestie e le violenze diffuse. E mentre Gli Stati Uniti si ergono a difensori della libertà contro le tirannidi, una tragica ironia vuole che le criticità di cui sopra rischiano di portare nuovi regimi tirannici nel mondo, come spesso accade nei momenti tumultuosi che spesso aprono la via all’ascesa di uomini forti.
Peraltro, le sanzioni contro la Russia, pur garantendo buoni affari alle imprese statunitensi, in particolare quella del gas di cui l’America è diventato il primo esportatore mondiale, e un proficuo guadagno geopolitico, facendo dei Paesi europei non più alleati ma servi, potrebbe non incidere granché sull’andamento del conflitto.
Infatti, non dissuaderà affatto la Russia dall’azione intrapresa, come descrive in maniera dettagliata un articolo di Foreign Policy al quale rimandiamo; né la indebolita fino al collasso, come sperava l’Occidente, potendo Mosca contare sull’appoggio economico-finanziario della Cina, che al netto delle sciocchezze che si scrivono in Occidente, non può permettersi il collasso dell’alleato perché sa bene che precederebbe il proprio, essendo anch’essa nel mirino dell’America.
Come dimostra, peraltro, proprio la crisi dello Sri Lanka, strettamente legato a Pechino e che ora brucia anche grazie a quanti in questa temperie hanno soffiato sul fuoco. Ma al di là del destino dell’isola, resta il problema del disastro che la crisi ucraina sta provocando nel mondo, con criticità crescenti.
Non c’è altra via per prevenire tale disastri se non porre fine alla guerra e attutire il regime sanzionatorio. Ma, anche qui, c’è chi soffia sul fuoco, Il discorso dimesso di Putin in occasione delle celebrazioni della vittoria sul nazismo, indica che Mosca è pronta a negoziare (come spiega al Messaggero l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci). Ma a Zelensky non è permesso (né a nessun altro ucraino, a quanto pare, ché di guerra o pace parla solo lui e due suoi fedelissimi… a proposito di uomini forti).
Sul punto riportiamo un commento di Dagospia: “Togliete a Zelensky il copione che gli scrive il suo sceneggiatore americano – mentre l’Europa spinge per un negoziato e Putin abbassa la cresta, il presidente ucraino aizzato da Washington punta il mirino verso il Cremlino: “Il vero Hitler è a Mosca” – Ufficialmente il primo obiettivo diplomatico è ottenere il cessate il fuoco, ma con inglesi e americani determinati a battere i russi sul campo, chi dovrebbe togliere per primo il dito dal grilletto?”
A proposito di Gran Bretagna, ieri Boris Johnson ha chiamato Macron, il quale, dopo aver vinto le presidenziali, ha riproposto la via del negoziato. Questo il passaggio chiave della conversazione tra i due leader politici, come riferito dal governo britannico: “Il Primo Ministro [britannico] ha parlato della sua visita a Kiev del mese scorso e ha condiviso la sua convinzione che l’Ucraina avrebbe vinto, supportata dal giusto livello di assistenza militare difensiva. Ha poi esortato a evitare qualsiasi negoziato con la Russia che potesse in qualche modo accreditare la falsa narrativa del Cremlino usata per l’invasione, ma ha sottolineato che tale decisione spetta al governo ucraino”. Il cenno finale è un tripudio di ipocrisia…