L'escalation in Ucraina, in attesa della risposta Usa a Mosca
Tempo di lettura: 4 minutiL’escalation in Ucraina, e l’isterica narrazione conseguente, tiene banco. Come per ogni film di azione, ogni giorno arriva una notizia che drammatizza la situazione, quelle più recenti vedono l’evacuazione delle famiglie dei diplomatici americani e britannici da Kiev, una decisione alla quale non si è associata la Ue, che non la ritiene necessaria, e un ulteriore invio di armi “letali” a Kiev da parte degli Usa.
Le virgolette sono nostre e riprendono una specifica della narrativa corrente (Cbs e altri); una specifica a dir poco sciocca, dal momento che, a memoria, ci è difficile rammentare di armi che non lo fossero, ma l’aggettivo è utile al dramma (ovviamente, nessuno avrebbe potuto ipotizzare che gli Usa inviassero taser, lacrimogeni e proiettili di gomma per affrontare le asserite minacce russe).
Peraltro, inviare armi a Kiev non sembra una mossa eccessivamente geniale, dal momento che sebbene serva a rimpinguare le già proficue tasche del complesso militar-industriale, non ha alcuna utilità nel caso gli ucraini ingaggiassero davvero una guerra con l’esercito russo, che è altra cosa dai combattenti del Donbass con cui si sono scontrati anni fa.
Mentre, al contrario, ingolfando di armi gli ucraini si potrebbe alimentare in essi un’eccessiva sicurezza di sé, rischiando di ripetere la triste vicenda della Georgia, che arrivò al punto di attaccare i russi… peraltro, tra paranazisti e paramilitari di altro segno, le teste calde in quel povero Paese non mancano.
Sono cose di cui il Dipartimento di Stato Usa è perfettamente cosciente, ma deve pur accontentare quanti in America spingono per un confronto alzo zero con Mosca e uno dei modi è appunto acquistare i giocattoli del loro negozio.
Non abbiamo citato a caso il Dipartimento di Stato, dal momento che il suo Capo, Anthony Blinken, ha rilasciato un’importante intervista dopo l’incontro della scorsa settimana col suo omologo russo Sergej Lavrov.
Nell’intervista, le solite accuse alla Russia, ma anche cenni che inutilmente si cercherebbero nei media occidentali, ormai consegnati alla propaganda di guerra.
Così nell’intervista, Blinken ha ripetuto più volte l’America non persegue solo la via della deterrenza, ma anche quella diplomatica. E in due passaggi spiega: “Ci sono un certo numero di campi in cui penso che sia possibile affrontare le reciproche preoccupazioni sulla sicurezza in Europa in modo tale che vada bene per tutti – europei, americani e russi”. E, interpellato su quali siano tali campo, ha dettagliato: “Ne abbiamo discusso in passato, come negli ultimi giorni e nelle ultime settimane. Controllo degli armamenti, maggiore trasparenza, riduzione del rischio, posizionamento dei sistemi missilistici, cose del genere”.
Ovviamente, resta inteso il diniego alla richiesta di Mosca di non allargare la Nato ai confini russi includendo l’Ucraina, cosa peraltro che la controparte sa bene che non può essere concessa. Sul punto, in realtà, basterebbe declinare in ucraino gli accordi di cui sopra…
Di interesse anche la risposta di Blinken alla domanda riguardante la richiesta di nuove e più massive sanzioni avanzata del premier ucraino Volodimir Zelensky. Sanzioni del genere, ha risposto il Segretario di Stato, sono minacciate come deterrente, comminarle ora priverebbe gli Usa della deterrenza.
Interessante non solo perché derubrica la richiesta di Zelensky a boutade, ma perché, implicitamente, spiega al presidente ucraino (nel tentativo di evitare che questi faccia colpi di testa) che quella sarà la reazione Usa in caso di guerra, non si precipiterà a scatenare la terza guerra mondiale.
Un modo anche per smarcarsi dalla pressione di Zelensky, che sta facendo di tutto per alimentare il conflitto Usa-Russia, godendo della sponda neocon. Strano destino per l’ex comico prestato alla politica, che all’opposto di quello italiano beneficia del supporto totale di tale ambito.
Al di là delle aspre divergenze, dunque, la terza guerra mondiale resta lontana, come peraltro spiega una fonte anonima russa riportata da Itar Tass, la quale riferisce che il recente incontro Blinken – Lavrov era solo un passaggio e che la Russia attende una risposta scritta da Washington alle sue proposte trasmesse in analoga forma.
“I veri negoziati – spiega la fonte – possono iniziare solo dopo che Mosca avrà ricevuto una risposta scritta. Le decisioni verranno prese solo quel momento”.
Gli Stati Uniti, prosegue Itar Tass, hanno promesso che la risposta scritta arriverà a breve, forse in questa settimana. E, parlando delle consultazioni che essa dovrebbe avviare, Stefan Meister, capo del programma Ordine internazionale e democrazia presso il Consiglio tedesco per le relazioni estere. ha dichiarato che “le consultazioni potrebbero avviare negoziati sulla sicurezza europea, il controllo degli armamenti e le misure di rafforzamento della fiducia”.
Se riportiamo anche tale commento è perché, come scrive Itar Tass “il lavoro di de-escalation sta procedendo lungo la strada Washington-Berlino-Kiev-Mosca, dove il dialogo russo-americano gioca un ruolo decisivo”.
Immaginare che questo psicodramma si risolverà a breve può essere legittimo, ma rischia di essere illusorio. Può essere utile, a tale proposito, riferire spiega il politologo Marat Bashirov a Ria Novosti, il quale dopo aver detto che il duro antagonismo americano è solo ad uso interno, e in prospettiva delle elezioni di mid-term (novembre), ha aggiunto: “Penso che raggiungeremo effettivamente un accordo con gli americani tra due anni. Si tratta di un processo molto lungo. A proposito, tra poco saranno i 50 anni dalla conclusione degli accordi di Helsinki stipulati nel 1975. Penso che che solo entro il 2024 si potrà raggiungere un nuovo accordo sulla sicurezza in Europa. D’altronde anche per gli accordi di Helsinki ci sono voluti più di due anni di discussioni”.