Libano: accordo segreto Usa-Israele

“Dopo la firma dell’accordo sul cessate il fuoco tra Israele e Libano di novembre, si sono succedute segnalazioni secondo le quali gli Stati Uniti avrebbero assicurato a Israele che, nonostante la firma, avrebbe potuto continuare a lanciare attacchi contro Hezbollah”. Così Jason Ditz su Antiwar.
L’accordo segreto
“Diverse fonti ora riferiscono che non solo ciò è accaduto, ma che gli USA e Israele hanno veramente firmato un accordo segreto riguardo al cessate il fuoco che gli USA avrebbero dovuto far rispettare. Per parte sua, anche il Libano è stato informato dell’accordo segreto, ma non lo ha mai firmato né approvato”.
“Questa rivelazione fornisce un contesto alle oltre 1.000 violazioni del cessate il fuoco commesse da Israele dal 27 novembre in poi, e il motivo per cui gli Stati Uniti non hanno fatto assolutamente nulla al riguardo [nonostante fosse garante della tregua ndr]. Israele ha continuato ad attaccare quasi quotidianamente il Libano meridionale e nei mesi successivi al cessate il fuoco concordato ha continuato a bruciare case nei villaggi del sud”, a spianare interi villaggi con i bulldozer e a uccidere libanesi.
Tale rivelazione, aggiunge Ditz, getta un’ombra sulle trattative attualmente in corso tra Israele e Libano, mediate sempre dagli Stati Uniti, che mirano ad appianare le controversie di confine ancora irrisolte, nonostante il fatto che la guerra precedente, quella del 2006, fosse terminata con l’accordo fissato dalla risoluzione ONU 1701, alquanto chiara in proposito.
Allora, Israele non ottemperò ai suoi obblighi, continuando a violare i cieli libanesi con i suoi jet e altro, motivando tali violazioni con il fatto che anche la controparte, Hezbollah, aveva disatteso l’intesa in quanto non aveva ritirato le proprie milizie dal Libano meridionale.
Le trattative Beirut-Tel Aviv
Ora, però, Hezbollah non è più una minaccia e la zona è presidiata dai soldati libanesi, come prescritto da quella risoluzione e ribadito nell’intesa che ha portato alla recente tregua. Ma Israele continua a presidiare cinque aree strategiche del Libano meridionale, nonostante avesse dovuto ritirarsi dal Paese confinante. E prosegue nei suoi raid mirati contro il Libano.
Tutto ciò dimostra la riprovevole ambiguità dell’amministrazione Biden nei riguardi delle conflittualità mediorientali, che ha raggiunto il parossismo nell’invasione di Gaza, con Washington che lamentava la forza sproporzionata esercitata dall’esercito di Tel Aviv senza però far nulla per fermare la macelleria a ritmo continuo che si stava perpetrando nella Striscia, anzi continuando a fornire armi.
Ora a mediare tra Libano e Israele sulle controversie di confine è una nuova amministrazione e, pur restando le criticità di cui sopra, si scorge qualche segnale che potrebbe portare a una distensione durevole, anche se le autorità libanesi hanno dichiarato di non volere la normalizzazione richiesta da Israele, cioè l’adesione agli Accordi di Abramo (che escludono dal novero delle possibilità lo Stato della Palestina). D’altronde, se Beirut cedesse alla richieste mentre Israele imperversa sui palestinesi si innescherebbe una sommossa popolare.
A rendere molto meno conflittuali i rapporti tra i due Stati il fatto che il quadro politico del Paese dei cedri è mutato sotto la pressione delle bombe israeliane e quelle diplomatiche, anch’esse violente, degli Stati Uniti. Pressioni che hanno ridotto di molto il peso politico del movimento di Hezbollah, anche se non sono riuscite a marginalizzarlo.
Detto questo le controversie restano aspre perché Tel Aviv, che comunque nel conflitto recente non ha centrato l’obiettivo di conquistare il Libano meridionale fino al fiume Litani, non è uso cedere territori conquistati.