L'incontro Russia-Usa a Riad e la querula resistenza europea
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L’incontro storico tra la delegazione russa e quella degli Stati Uniti a Riad, presenti i due ministri degli Esteri Lavrov e Rubio, chiude tre anni di follia. Non è che un primo passo: anche se il summit è durato più di quattro ore, si è solo avviato un processo i cui tempi sono incerti, ma resta qualcosa di storico.
Il querulo pigolio delle élite europee
I queruli leader europei, adunati a Parigi dal querulo Macron, invano hanno cercato di ostacolare l’incontro tra le due potenze e anche la loro volontà di proseguire il conflitto usando l’escamotage di stanziare in Ucraina una forza di interposizione europea – per garantire la pace – non ha molte prospettive.
Il Paese che ha tentato di forzare la mano più di altri in tal senso è stata la Gran Bretagna, ma dopo che la Polonia e la Germania hanno respinto la proposta, ha dovuto ridimensionare l’azzardo, con Starmer che ha dovuto ammettere che il piano non è realizzabile senza garanzie di sicurezza da parte degli Stati Uniti. Che non arriveranno.
Ma, anche se arrivassero, val la pena ricordare che già non è affatto sicuro che in passato gli Stati Uniti si sarebbero sentiti vincolati dall’articolo 5 della Nato, data la propensione di Washington a violare i trattati, si può immaginare quanto valga l’articolo 5 o una qualche altra garanzia di sicurezza per un’America guidata da un presidente che vuole ridimensionare, se non chiudere la Nato, e vuole a tutti i costi una riconciliazione con Mosca.
Incerta, se non annullata, l’opzione di un dispiegamento di truppe europee in Ucraina, resta la possibilità di sabotare la pace con qualche colpo di scena: l’intelligence ucraina, grazie al supporto britannico, ha dato prova di poter infliggere colpi a sorpresa, come l’attacco al porto di Sebastopoli o il sabotaggio del ponte di Kerch o altro e molto più oscuro. Ma è davvero arduo arginare l’ondata di piena proveniente da oltreatlantico con un fuoco pirotecnico, pur se di grande portata.
Resta la domanda del perché l’Europa sia tanto avversa alla pace ucraina, domanda che si fa ancora più urgente se si considera che all’inizio del conflitto, come ha raccontato il presidente israeliano Naftali Bennet rammentando la sua iniziativa pacificatrice di allora, sia la Francia che la Germania avevano accolto con “pragmatismo“, cioè positivamente, la sua iniziativa distensiva, collassata a causa del niet dei Paesi anglosassoni. Una propensione che i due Stati traino dell’Unione europea hanno manifestato altre volte nel prosieguo della guerra (ad esempio nel febbraio del 2023).
Il problema per Francia e Germania, almeno di questa Francia e di questa Germania (quest’ultima andrà a elezioni a breve), e che le fa convergere con gli ambiti internazionali consegnati alle guerre infinite, è la paura delle élite per il vento di cambiamento che sta soffiando sempre più forte dall’America.
La seconda rivoluzione americana
Gli Stati Uniti stanno vivendo un innegabile momento rivoluzionario, che sta travolgendo non solo le precedenti élite occidentali – con la leadership europea soggiogata all’uni-partito democratico e repubblicano (pre-Maga) americano – ma anche tutto il sistema di potere che avevano costruito.
Non è solo una questione di geopolitica, cioè della fine irreversibile dell’unipolarismo Usa nel quale la leadership europea, sebbene schiava, aveva un ruolo preminente (al modo dei funzionari di alto livello).
Ma è anche la fine di un sistema finanziario nel quale la Politica era stata asservita in via irrevocabile alla tecnofinanza. Potrà apparire stridente, se si sta alle foto dei Ceo delle Big Tech che plaudono al nuovo imperatore e il ruolo primaziale che ha assunto Elon Musk nell’Impero.
Invece, è quanto sta avvenendo: sebbene le Big tech restino asset portante del sistema di potere imperiale, ruolo che non può essere revocato, resta che la Politica ha ripreso il suo posto al centro della scena. I Ceo di Big Tech presenti all’inaugurazione di Trump (foto qui sotto) non erano protagonisti come al solito, ma baciavano la pantofola dell’Imperatore. E Musk, nello specifico, si sta muovendo anzitutto da politico, da rottamatore per usare una parola che non piace ma rende l’idea, più che interpretare un altro ruolo.
È Trump e la sua amministrazione che decide di fare la pace con la Russia; è Trump che manda Witkoff a mediare in Medio oriente; è Vance che viene in Europa a bacchettare i tremebondi manichini della Ue. E ciò contro la spinta dell’apparato militare industriale Usa, che vede il suo ruolo ridimensionarsi insieme a quello della Tecnofinanza al quale è legato da vincoli inconfessabili (peraltro, Trump vuole dimezzare i finanziamenti al Pentagono…).
La grande Finanza e Musk
La grande Finanza trema, con Musk e il suo Doge che va a guardare i conti della Federal Reserve scoprendo 4.7 trilioni di dollari non tracciati a bilancio; a scovare che la previdenza sociale Usa ha dato sussidi a 395 milioni di persone nonostante la popolazione Usa ammonti a circa 330 milioni di individui (con milioni di destinatari di età superiore ai 120 anni, tra cui uno di età compresa tra 360 e 369 anni…); non pago, Musk vuole vedere se davvero Fort Knox possiede la riserva aurea dichiarata. E siamo solo agli inizi.
Si può immaginare il panico dei grandi beneficiari del sistema finanziario globale e dei tanti lacché, politici e giornalisti, da essi stipendiati di fronte a simili iniziative, che in tempi pregressi avrebbero visto il ficcanaso di turno durare poco. Tale rivoluzione rischia di dilagare anche in Europa, basti pensare a cosa accadrebbe, ad esempio, se si scoprissero mancanze nelle riserve auree di Fort Knox (che custodisce anche oro della riserva italiana).
Certo, la turbo-tecnofinanza guidata da Musk sta spingendo per le valute digitali, questo anche l’altro fine di questa guerra, ma le monete vivono già del virtuale, cambierebbe solo la facciata e i padroni del virtuale, che non saranno più, forse, i Rothschild, i Rockefeller e i Warburg, ma altri.
Ma questa è un’altra storia ed è l’eventuale futuro. Quel che preme sottolineare in questa sede è che tale rivoluzione rischia di far precipitare il vero sistema di potere occidentale pregresso, quello che si celava dietro il teatrino del potere manifesto.
E tale cambiamento è quello che più temono i vecchi padroni, basta vedere la chiamata alle armi di Mario Draghi, che di quel sistema è ventriloquo. Tremano, tramano perché per la prima volta da decenni hanno paura di perdere quel Primato assoluto che hanno acquisito grazie all’unipolarismo e alle guerre infinite.
Ps. Quanto alla chiamata alle armi del nostro presidente della Repubblica contro la Russia, che ha riscritto la Storia in funzione della cronaca attuale, non ci dilunghiamo, limitandoci a rammentare quanto abbiamo appreso dai libri di storia, da quelli della quinta elementare in su, e a ricordare con certa perplessità le sue intemerate contro i gravi rischi della disinformazione.