L'India, Israele e le tensioni che abitano il continente asiatico
Tempo di lettura: 2 minuti«L’esito delle elezioni ha trasformato New Delhi in un partner privilegiato di Israele. Il motivo è nel legame, personale e politico, del vincitore Nerandra Modi con lo Stato ebraico». Così Maurizio Molinari sulla Stampa del 19 maggio ha commentato le recenti elezioni indiane, che hanno consegnato il Paese al leader del partito nazionalista indù Njb. Il legame tra Modi e Israele, secondo Molinari, nasce quando nel Gujrat, lo Stato di cui era governatore Modi, scoppiano violenze anti-islamiche ad opera dei nazionalisti indù che causano oltre 1200 vittime. Usa e Ue accusarono Modi di «eccessiva tolleranza» verso i nazionalisti indù, con conseguente disimpegno degli investimenti occidentali nel Gujrat. Fu in quel momento che Israele – allora primo ministro era Ariel Sharon – iniziano a investire nel Gujrat. Da allora diversi progetti israeliani «hanno contribuito in circa dieci anni a trasformare il Gujrat nel modello di sviluppo economico locale che Modi ha cavalcato nella recente campagna elettorale, indicandolo come esempio per l’intera India». Secondo Molinari, Modi ha conservato i legami con Israele, ricorda anche una sua visita nello Stato mediorientale, e in particolare con Bibi Netanyahu.
Nota a margine. Se l’analisi di Molinari è di sicuro interesse, resta che l’India è una realtà complessa e articolata e Modi, nonostante la vittoria, dovrà governare il Paese tenendo conto delle caratteristiche del gigante asiatico. In ogni caso c’è da capire cosa cambia nello scenario asiatico dopo l’ascesa al potere di un leader con forti connotazioni nazionaliste in un Paese così rappresentativo come l’India, dal momento che il continente sta vivendo tempi di tensione a causa delle contese tra la Cina e i Paesi che si affacciano sul mar cinese (di questi giorni si registrano fortissime tensioni tra Cina e Vietnam per una contesa territoriale).