Lo stop Usa degli aiuti a Kiev e la frustrazione della Ue

Trump chiude i rubinetti dell’Ucraina. Una decisione presa velocemente perché il tempo è un fattore importante della geopolitica, nel caso specifico decisivo. Non deve dare ai Paesi europei (che si muovono in combinato disposto con i circoli liberal-neocon Usa) il tempo di sabotare il processo di pace intrapreso con la Russia.
E la mannaia calata sugli aiuti è solo l’inizio di un processo che potrebbe vedere l’America compiere altri passi per piegare Zelensky a più miti consigli, molto più devastanti, come ad esempio avviare un’inchiesta approfondita sugli aiuti americani a Kiev e chiudere Starlink, che lascerebbe le sue forze, già allo sbando, ancora più in balia del nemico.
La leadership ucraina è terrorizzata: sa perfettamente che la fine della guerra può far emergere il verminaio che si è consumato in una delle nazioni più corrotte del pianeta, dinamica incrementata durante il conflitto a motivo del fiume di soldi che vi sono affluiti. E sa che se l’America apre un’inchiesta, saranno tutti trascinati nel fango.
La Rada sconfessa Zelensky
Così ieri la Rada al completo, il parlamento ucraino, ha inviato un comunicato nel quale effondeva la propria “profonda gratitudine verso il presidente Donald Trump, il Congresso degli Stati Uniti e il popolo americano per il loro fermo e costante sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”. Cenno quest’ultimo che appare un’ultima, quanto effimera, concessione al partito della guerra (l’integrità territoriale dell’Ucraina non è più a tema da tempo, se non nelle fumisterie propagandistiche).
Di grande interesse la conclusione: “Il popolo ucraino desidera la pace più di chiunque altro al mondo e crede che il ruolo personale del presidente Donald Trump e i suoi sforzi di mantenimento della pace saranno decisivi per la rapida cessazione delle ostilità e il raggiungimento della pace per l’Ucraina, l’Europa e il mondo intero”.
Una sconfessione di Zelensky in piena regola, o quantomeno un aggiustamento del tiro dopo che la missione kamikaze del presidente ucraino a Washington (immolatosi alla causa della guerra infinita e degli interessi di alcuni Paesi europei) ha innescato reazioni immediate quanto disastrose per Kiev.
La decisione di tagliare gli aiuti è stata presa subito dopo quella di bloccare gli attacchi informatici alla Russia, “come parte di una più ampia rivalutazione di tutte le operazioni contro la Russia”, scrive il New York Times. Nel riportare la notizia, Mk Badrakumar scrive su Indianpuchline che, in parallelo, “sono giunte notizie secondo le quali Putin avrebbe dato istruzioni simili alle agenzie russe”.
“Ciò che rende affascinante questa notizia è che molte delle operazioni più sofisticate degli Stati Uniti contro la Russia sono gestite dal Government Communications Headquarters britannico, la famosa agenzia di intelligence che ha decifrato il codice Enigma nella seconda guerra mondiale. In tal modo gli Stati Uniti sembrano volersi liberare dalle operazioni congiunte che da tempo conducono con la Gran Bretagna contro la Russia”.
Il distacco non sarà passato inosservato nel Regno Unito e sarà risuonato come un campanello d’allarme rispetto ai sogni di gloria britannici, che vedono Londra trascinare gli Usa a continuare la guerra ucraina rinnovando i fasti dell’invasione irachena, quando un altro governo laburista contribuì non poco a convincere il debole George W. Bush alla disastrosa avventura.
I muscoli dell’Europa
Certo, l’Unione europea non demorde, come rivela l’annuncio della famigerata Ursula von der Leyen sull’incremento astronomico della spesa militare del Continente, ma il tempo non è dalla loro parte. Per fare un esercito in grado di confrontarsi con la Russia, l’Ue abbisogna di tempo, e tanto. E tempo non c’è.
E sembra davvero difficile che riesca a influenzare Trump perché accolga con favore le loro iniziative pro-ucraina, non solo perché questi sa perfettamente che non mirano alla pace, ma all’opposto, ma anche perché la difesa della Ue di Zelensky dopo lo scontro alla Casa Bianca è risuonata in America per quel che era: una vera e propria sfida.
Una sfida che vede l’Europa a trazione britannica far sfoggio di muscoli che non ha. Non ha le risorse per sfidare America e Russia, né sembra di facile attuazione l’improvvida idea ribadita ieri dall’ex ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, a nome e per conto del partito della guerra, di utilizzare i fondi russi congelati per armare Kiev.
Idea bocciata dalla Francia per bocca del ministro dell’Economia Eric Lombard, il quale ha ricordato agli smemorati che così si minano le regole della finanza internazionale: un precedente che potrebbe spingere diversi Paesi a evitare di depositare i propri beni nelle banche europee, arrivando forse a ritrarli.
Il conflitto ucraino è solo il focus simbolico dello scontro che si sta consumando tra Ue e Stati Uniti. Scontro che, come abbiamo accennato in altra nota, ha assunto un carattere esistenziale per la leadership del Vecchio Continente.
Sul punto, si segnala la mossa del cavallo di Russia e Stati Uniti: i due Paesi stanno trattando per riavviare il Nord Stream 2 attraverso una partnership tra Gazprom e investitori americani. Ciò potrebbe sfilare Germania dalla crociata anti-russa, dal momento che potrebbe frenarne la discesa nell’abisso della de-industrializzazione avviata con il conflitto ucraino. Se la Germania cambia verso, la Ue seguirà.
Trump e la democrazia
Due annotazioni finali. La prima riguarda la missione kamikaze affidata a Zelensky. I leader europei puntavano a mostrare al mondo la frattura tra le mattane pro-Putin di Trump e la resistenza dell’eroico leader ucraino, che gli avrebbe permesso di intromettersi nella partita in qualità di mediatori.
Tali leader hanno vagato nell’iperuranio durante tutto il conflitto ucraino, propalando narrazioni sulla sconfitta strategica della Russia nonostante le sonore ed evidenti smentite della realtà. Tale mancanza di realismo ha caratterizzato anche la missione kamikaze di Zelensky, che ha sortito l’effetto opposto. Per nulla imbarazzato dalla levata di scudi moralistica, quanto falsa, dei leader d’Occidente, Trump ha accelerato, lasciandoli, almeno per ora, in braghe di tela.
La seconda conclusione riguarda il senso per la democrazia tanto sbandierato dai leader Ue, declinato in vari modi per elogiare il leader ucraino e la sua lotta contro l’orso russo, che lo rende un baluardo per la democrazia che abita il Vecchio Continente minacciata dal regime dittatoriale e aggressivo di Putin; un dittatore col quale flirta Trump, che evidentemente, stando alla narrazione, tiene in spregio la democrazia.
Bene: Trump ha vinto le elezioni affermando in tutti i modi e in tutte le sedi che voleva chiudere in fretta la guerra ucraina. Gli americani lo hanno votato anche per questo. I leader della Ue e quanti sostengono le ragioni della democrazia (e della guerra ucraina) vogliono impedire che il presidente americano faccia quello per cui il processo democratico lo ha premiato.